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Riflessioni a freddo – The Witcher 3: Wild Hunt

Il 20 dicembre 2019 è la data in cui Netflix ha ufficialmente rilasciato sulla sua piattaforma streaming la prima stagione della serie dedicata a The Witcher, ispirata agli omonimi libri scritti ed ideati da Andrzej Sapkowski. Fortunatamente, questa prima stagione si è rivelata un successo, grazie ad una particolare sceneggiatura che racconta le avventure dei protagonisti utilizzando timeline diverse. Inutile dire che la trasposizione cinematografica di The Witcher ha portato molti giocatori a riprendere in mano il videogioco creato da CD Project RED. Ci stiamo riferendo, ovviamente, a The Witcher 3: Wild Hunt, terzo ed ultimo capitolo della serie videoludica dedicata a Geralt di Rivia. Io stesso ho deciso di iniziare una nuova avventura insieme allo strigo, nonostante avessi già giocato e terminato il gioco qualche tempo fa. Quale miglior occasione quindi se non questa per scrivere un nuovo articolo dedicato alla rubrica “Riflessioni a freddo“? Mettetevi comodi quindi e preparatevi a leggere un nuovo approfondimento di “Riflessioni a freddo” dedicato, questa volta a The Witcher 3: Wild Hunt.

Giocare per la seconda volta a The Witcher 3, soprattutto dopo aver recuperato i primi due capitoli della serie videoludica ed aver approfondito il background narrativo, mi ha permesso di immergermi maggiormente nel mondo di Geralt e compagni. Nella mia prima run, infatti, nonostante la presenza di scelte preliminari basate sugli avvenimenti dei precedenti titoli, non sono riuscito a godermi a pieno alcune chicche della trama. Ciò non significa, tuttavia, che The Witcher 3 non possa essere giocato senza aver terminato i capitoli precedenti (pur rimanendone strettamente collegato). La trama comincia dopo i fatti di The Witcher 2: Assassins of Kings. Dopo aver recuperato la memoria, Geralt di Rivia si mette alla ricerca di Ciri, sua figlia adottiva. La ragazza è infatti figlia biologica di Van Emreis, imperatore di Nilfgaard. Sostanzialmente, l’intera vicenda di Wild Hunt si basa sulla ricerca di Cirilla, braccata dalla Caccia Selvaggia, gruppo di Elfi caduto in rovina, intenzionata ad impossessarsi dei poteri della ragazza. In realtà, tutti i fatti di trama sono collegabili ad un’antica profezia che, se realizzata, porterebbe all’estinzione dell’umanità intera. Anche in questo caso Ciri rappresenta l’unica salvezza ed ecco spiegato il motivo per cui la ragazza è contesa da tutti. Nel complesso, la trama risulta intrigante e piacevole da seguire grazie ad una struttura ramificata. La storia si apre infatti con Geralt che deve trovare Ciri. Tuttavia, per raggiungere il suo fine e per ricevere preziose informazioni, lo strigo dovrà compiere missioni e favori, aprendo ogni volta storie parallele sempre più ampie e profonde. Le stesse missioni secondarie non sono fine a sé stesse ma contribuiscono ad immergere ancora di più il giocatore all’interno del mondo di gioco. Missioni che aiutano anche a contestualizzare la stessa professione di Geralt. Il compito dei Witcher, in generale, è quello di uccidere mostri dietro compenso ed è proprio questo ciò che viene richiesto allo strigo. Tra l’altro il nostro operato avrà ripercussioni su tali vicende, grazie al libero arbitrio che il gioco ci concede. Si tratta di una meccanica che ben si addice al carattere dei Witcher, come descritto da Sapkowski nei suoi libri (e che poco avevo notato alla mia prima run). La mutazione in Witcher, infatti, priva Geralt di emozioni, rendendo difficile la distinzione tra bene e male. Ed è proprio su questo aspetto che il gioco punta molto a livello narrativo (come la stessa serie Tv). Comportandosi come un Witcher, potremo pensare solo al proprio tornaconto, senza immischiarci in faccende che non ci riguardano e senza dover fare forzatamente del bene.

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Come avrete capito, questa riflessione a freddo mi ha permesso di apprezzare ancora di più il modo in cui la trama di The Witcher viene raccontata. Per quanto riguarda il gameplay, invece, rimane lo stesso amaro in bocca che avevo provato durante la prima run. Wild Hunt è, a tutti gli effetti, un classico GDR ambientato in una mappa open-world in cui muoversi liberamente con l’ausilio di Rutilia, fedele destriero di Geralt. La mappa è interamente coperta di punti d’interesse, siano essi missioni principali, secondarie o attività di contorno, come il Gwent o le corse tra cavalli. L’estrema quantità di contenuti rende il mondo di gioco vivo e ricco di NPG come un open-world dovrebbe essere. Purtroppo, tutto ciò viene in parte rovinato dal sistema di combattimento, decisamente legnoso e con poche novità. Il mix di fendenti con le spade (una per gli umani e una per im mostri) è semplice e ripetitivo, così come i Segni (le magie dei Witcher) legnosi durante la loro esecuzione e le stesse armi secondarie, di scarsa utilità. Nonostante ciò, i combattimenti rimangono divertenti grazie a scontri multipli, aumentando notevolmente l’adrenalina di gioco. Purtroppo rimane la ripetitività delle battaglie, a causa del sistema di combattimento sopra citato e dell’intelligenza artificiale dei mostri che, una volta intuita, non vi metterà mai in seria difficoltà. Dobbiamo ammettere che, tuttavia, l’inserimento di debolezze ad elementi da parte dei mostri, rende molto interessante la preparazione allo scontro. Ovviamente, trattandosi di un GDR, The Witcher 3 prevede una progressione del personaggio e l’utilizzo di determinati punti abilità per sbloccare nuove skills dello strigo. Anche in questo caso, giocare per la seconda volta permette di avere una maggior consapevolezza sulla potenza delle singole abilità. Altra domanda che mi sono posto a cinque anni dall’uscita è se a livello tecnico e grafico il gioco sia invecchiato bene. Il comparto grafico di The Witcher 3 si basa sull’allora inedito RED Engine 3. Considerando la vastità della mappa e la quantità di contenuti da gestire, Wild Hunt risulta ancora oggi un piacere per gli occhi. A dispetto di ciò, tuttavia, troviamo bug e cali di frame-rate piuttosto evidenti, anche se decisamenti minori rispetto al passato grazie alle tante patch rilasciate da CD Project.

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Dopo aver analizzato The Witcher 3: Wild Hunt a cinque anni dall’uscita, quale è la conclusione di questa Riflessione a freddo? La verità è che in questa seconda run ho apprezzato ancora di più la trama e il lavoro svolto da CD Project, soprattutto dopo aver approfondito la storia dei libri ed aver visto la serie Netflix. Purtroppo, non posso dire lo stesso del gameplay che rimane, in buona parte, lo stesso che avevo lasciato cinque anni fa. In fin dei conti, si è trattata di un’esperienza decisamente positiva, utile a scoprire nuove sfumature della trama che non avevo compreso durante la mia prima prova.

Scritto da
Marco "Bounty" Di Prospero

Durante il giorno dipendente presso una società finanziaria. La sera nerd e videogiocatore. Per me l'intrattenimento videoludico è una forma d'arte grazie alla quale poter fantasticare e staccare la spina dallo stress giornaliero. Cresciuto a suon di Mortal Kombat, Metal Gear Solid e Resident Evil.

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