La realtà virtuale nei videogiochi porta con sé l’obbligo dell’acquisto di visori, periferiche esterne solitamente piuttosto costose che non tutti possono permettersi. L’introduzione di hardware di questo tipo, talvolta, costringe gli sviluppatori a doversi adeguare per soddisfare il bacino d’utenza più ampio possibile, visore o non visore a disposizione. E’ la politica adottata anche dal team di sviluppo Firesprite Ltd, autore di The Persistence, titolo che andremo a recensire in questo articolo.
Forse qualcuno si ricorderà di questo nome, perché The Persistence era già stato pubblicato su PlayStation 4 nel 2018 e supportava esclusivamente il visore di realtà aumentata proprietario di Sony. La casa produttrice ha voluto espandere ulteriormente i confini del proprio titolo, portandolo da qualche giorno anche su Xbox One, PC e Nintendo Switch in formato “standard”, senza dunque la necessità di giocarlo tramite un visore: una scelta che, da parte nostra, condividiamo.
Versione provata: Xbox One
Un concept di base essenziale, ma interessante
Al primo impatto con The Persistence abbiamo avuto la netta impressione di trovarci dinanzi all’ennesimo clone dei titoli horror più claustrofobici, quale ad esempio SOMA, da cui secondo noi prende parecchi spunti, ma anche BioShock. Se avete già giocato a questi titoli, vi sentirete senz’altro a casa: l’avventura infatti comincia all’interno di una cella e ben presto si viene a conoscenza dell’ambientazione di gioco, ossia una nave spaziale suddivisa in quattro sezioni, cui corrispondono un obiettivo preciso ognuna (più un quinto aggiuntivo).
Dopo aver mosso i primi passi nella nave spaziale, si viene ben presto a conoscenza della vera natura del gioco, che non si rivelerà essere quella di un canonico survival horror, bensì di un roguelike con elementi dello scenario in continuo cambiamento dopo ogni morte. Sì, perché The Persistence non è un titolo lineare: non c’è una questline da seguire tutta d’un fiato, bensì un meccanismo “a livelli” rappresentato dalle quattro zone prima citate, che vanno man mano completate. Dopo ogni morte, si ritorna al punto di partenza e la disposizione delle quattro zone della nave cambierà, così come il loot e la sistemazione dei nemici.
Com’è lecito aspettarsi, c’è tutta la componente horror a far da cornice all’avventura, rendendola di sicuro più succosa ma senza mai eccellere nel pathos trasmesso. I nemici infatti non sono troppo variegati, c’è qualche sporadico jump scare (talvolta non ben riuscito) e alcune classiche fasi di buio totale dove ci si deve affidare alla propria torcia. Nel complesso si ha l’impressione di un’avventura “a singhiozzo”, un po’ piatta e non troppo incentivante, anche se c’è da tener conto che l’esperienza senza VR non può che essere meno immersiva per forza di cose.
Porting forzato?
Di per sé la sfida sembra molto semplice all’inizio, ma con il progredire del titolo si scoprirà il reale tasso di difficoltà che è in grado di proporre: non basta procedere a casaccio, bisogna andarci con molta cautela, calibrando i propri passi e le proprie spese per i potenziamenti. E’ buona la varietà di modi in cui si può affrontare ogni livello: a disposizione del personaggio vi sono armi e potenziamenti reperibili in giro oppure craftabili presso i banchi appositi, spendendo crediti. Il personaggio oltretutto potrà usare determinati poteri, come il rallentamento del tempo oppure uno scudo di energia ottimo per deviare i colpi dei nemici. Non manca la possibilità di agire in furtività per avvicinarsi alle spalle del nemico e finirlo in un sol colpo.
I problemi a nostro modo di vedere risiedono nella natura stessa del gioco senza VR, perché stiamo parlando di un adattamento delle meccaniche che precedentemente erano state dedicate solo ai possessori del visore di realtà aumentata. Ne risulta un gameplay piuttosto lento, tanto nei movimenti del personaggio quanto nell’utilizzo dei gadget e armi stesse, e che diventa perfino limitante quando si pensa a determinate situazioni possibili solo con il VR: se il visore permetteva ad esempio di inclinarsi e sbirciare da una parete, con il joypad non è possibile e a causa di questo le fasi stealth diventano spesso insostenibili. Lo stesso meccanismo di raccolta degli oggetti è bizzarro, perché consiste nello spostare il puntatore sopra all’oggetto e aspettare un breve caricamento: altra “eredità” del gameplay su visore, grossolanamente spostata nella versione standard.
Il comparto tecnico
Anche sotto il profilo tecnico The Persistence va decisamente a singhiozzo, e in questo caso il riscontro non può che essere per lo più negativo. Nonostante il titolo proponga una veste grafica tutto sommato piacevole, sono evidenti i limiti tecnici legati alla natura di gioco per visori: texture slavate per nulla all’altezza della generazione attuale, design di alcuni nemici poco ispirato, animazioni e movimenti scabrosi accompagnano un comparto sonoro senza infamia e senza lode, delineato tra l’altro da un doppiaggio inglese non perfetto. Di sicuro non c’era da aspettarsi un titolo tripla A dalla grafica spaccamascella, ma in ogni caso l’opera sembra incompiuta e senza alcun ritocco.
PUNTI DI FORZA
- Un concept di gioco interessante, che delinea un’avventura breve, ma potenzialmente valida
- Buona varietà di modi in cui si può combattere e affrontare i nemici in generale
- Tasso di sfida alto
PUNTI DEBOLI
- Fin troppo evidente la natura di adattamento “standard” senza visore
- Pathos e immersività a singhiozzo
- Gameplay lento, ostico, non ritoccato a dovere
- Comparto tecnico non aggiornato per l’occasione
Se si cerca un’avventura leggera, con un buon tasso di sfida e che non porti via troppo tempo, The Persistence in questa versione standard senza visore potrebbe fare al caso vostro. Dovrebbe essere chiara dalla recensione quale sia la sua natura: un titolo che di certo non punta in alto, ma che vuole offrire l’occasione di trascorrere qualche ora in compagnia di un roguelike non lineare, con sprazzi di survival horror qua e là. In caso contrario, se state cercando un’avventura profonda e immersiva, non farà di certo al caso vostro: meglio guardare altrove. Resta consigliato l’acquisto se siete in possesso di un visore di realtà aumentata, perché l’esperienza di sicuro sarà molto più immersiva e divertente.
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