L’episodio che si concentra (quasi) esclusivamente sul completamento della crescita personale di Sam Wilson (Anthony Mackie), aka Falcon, vive di alti e bassi. Anzi, di un notevole alto, che riguarda la prima parte dell’episodio e le sue immediate conseguenze, e di una lunga sfilza di minuti poveri nel ritmo e nei contenuti.
The Falcon and the Winter Soldier non è certo una serie TV che intende paragonarsi a WandaVision, nella quale il senso di stupore dello spettatore veniva messo in risalto a ogni appuntamento tramite colpi di scena e false piste ben piazzate. La serie di Kari Skogland è più un prodotto politico action, già più volte paragonato anche da noi ai vari film della serie di Captain America diretti dai fratelli Russo. È chiaro che lo spirito e le intenzioni del prodotto siano differenti, e questo era chiaro già dagli appuntamenti precedenti.
Ciò però che fa l’episodio “Verità”, il penultimo della prima (?) stagione di questa serie, è rovinarsi con le sue stesse mani. Nei primi minuti, John Walker (Wyatt Russel) deve fare i conti con le conseguenze del suo micidiale gesto al termine dell’episodio precedente, che avrà anche pesanti ripercussioni non solo su di lui ma anche su chi lo circonda – a tal proposito, ricco di spunti l’esordio di un ben noto personaggio dei fumetti Marvel, che certamente avrà maggior spazio in futuro. Sam e Bucky (Sebastian Stan), sempre strettamente legati alle vicende del nuovo Captain America, non stanno certo a guardare, e anzi la puntata parte con una botta di adrenalina che ci ha fatto tornare ai tempi di Civil War.
Poi, tutto si spegne, si affievolisce. L’episodio crolla su se stesso, concedendo una quantità mostruosa di tempi alla famiglia di Sam – giustamente, sia chiaro, per approfondire il personaggio, ma sbagliatissimo nelle tempistiche – e per raccontare a che punto saranno le pedine in gioco in quello che, ci auguriamo, sarà un gran finale in programma per la prossima settimana.
Se l’episodio 1×05 fosse stato suddiviso equamente in due parti, staremmo gridando alla quasi perfezione per la prima metà, con la speranza che questo possa far dimenticare del tutto una seconda parte monotona e ridondante, che non aggiunge davvero nulla, o quasi, al calderone pronto a esplodere. È come se, visti gli eventi particolarmente turbolenti dei precedenti due episodi, Malcolm Spellman, sceneggiatore della serie, si sia ricordato di dover dedicare una buona dose di minuti ai personaggi di contorno, lasciati in disparte per troppo tempo. La sensazione, una volta giunti al termine dell’episodio, è agrodolce. Un prodotto di notevole fattura, che negli istanti finali butta sul tavolo quanto basta per attendersi uno spettacolare finale di stagione, ma che per troppo tempo ha celebrato se stesso e i suoi personaggi – ormai ben noti.
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