Da piccola adoravo fare un gioco: prendevo un foglio bianco enorme, il più grande che avessi, e disegnavo una mappa con diverse strade percorribili. Sulla via mettevo fate, draghi, personaggi buoni e personaggi cattivi. Alcuni facevano indovinelli, altri potevano essere sconfitti solo dopo aver ottenuto gli strumenti necessari chissà dove.
Nel mio piccolo, stavo già giocando a Elden Ring.
Con questo semplicissimo aneddoto personale, chi scrive vuole dare il via a una recensione che deve necessariamente avere un tono diverso dal solito, in quanto tratta di un titolo unico nel suo genere, un’opera videoludica divisiva, complessa, difficile da valutare a causa dei diversi fattori che andremo ad analizzare nelle righe che seguono. Qui più che altrove, si deve tenere in conto l’esperienza personale del singolo giocatore, che potrebbe amare il gioco così come potrebbe ritenerlo un totale spreco di tempo: è tutta una questione di approccio e di aspettative.
Dopo queste premesse, possiamo quindi anticiparvi che Elden Ring non è un titolo per tutti (e ci rivolgiamo soprattutto a voi, cari neofiti del genere “Souls-like”), come non lo erano altri esperimenti videoludici che sono riusciti tuttavia a guadagnarsi un posto d’onore tra i grandi del medium.
Se volete scoprire se Elden Ring fa per voi o meno, non esitate a procedere nella lettura di questa recensione, che è del tutto priva di spoiler.
Versione provata: PlayStation 4
Di magia, di castelli e di struggenti avventure: la lore di Elden Ring
La storia di Elden Ring affonda le sue radici nel terreno dissestato dell’Interregno, un mondo vasto, suddiviso in diverse regioni e tristemente decadente. La guerra e la sua conseguente devastazione, sopraggiunte dopo la rottura dell’Anello Ancestrale, hanno segnato profondamente tutto ciò che esiste in queste terre. Sopra ogni cosa si erge l’Albero Madre con le sue fronde dorate. Tutto è collegato a lui e anche noi, alla fine, vi torneremo.
Il nostro protagonista è un Senzaluce, un combattente alla ricerca dei frammenti dell’ormai distrutto Anello. Si caratterizza per una capacità particolare, che gli consente di intravedere la luce guida della Grazia, che lo indirizza in quei luoghi e verso quelle sfide necessarie a recuperare i vari frammenti perduti.
In questa struttura narrativa si inseriscono le varie sottotrame che animano il mondo di Elden Ring, creato dall’estro di Hidetaka Miyazaki e fortemente influenzato dal contributo dello scrittore fantasy G. R. R. Martin (Game of Thrones).
Così come avveniva in Dark Souls e negli altri giochi FromSoftware, non dovete aspettarvi una trama ben definita e lineare: fatta eccezione per alcuni NPC particolarmente preparati e loquaci, come sempre dovrete carpire i segreti dell’Interregno osservando, combattendo, leggendo. L’esplorazione è libera, così come l’approccio che sceglierete. Potete puntare tutto sul gameplay, ignorare o uccidere gli NPC, lasciar perdere le loro quest, nulla ve lo vieta. Se decidete invece di calarvi nel vostro personaggio e nelle storie di chi incontrerà, potreste sentire di paure e di orrende metamorfosi, di casate e di matrimoni, di studiosi e di guerrieri, di dèi e di magia.
L’interpretazione finale del grande quadro di Elden Ring sarà solo vostra.
Carpire le silenziose parole dell’Interregno: un gameplay tutto da plasmare
Sia per chi si avvicina per la prima volta a un gioco FromSoftware, sia per chi viene dai sentieri più lineari di Bloodborne e Sekiro, l’inizio di Elden Ring può risultare piuttosto soverchiante. La libertà, quando non si sa come gestirla, può rivelarsi uno svantaggio più che un vantaggio. Nel caso di Elden Ring però, la struttura open world è sicuramente da considerare un punto a favore dell’opera per diversi motivi: prima di tutto, rende la sfida decisamente più abbordabile, in quanto rimanere bloccati è praticamente impossibile a differenza di come avveniva in giochi precedenti. Trovarsi davanti a un nemico troppo potente è all’ordine del giorno, ma si può sempre evitarlo e passare oltre oppure, se si tratta di un boss chiave, nessuno vieta al giocatore di cambiare strada, affrontare un altro castello, un altro dungeon, un’altra regione per poi tornare decisamente più preparati, meglio equipaggiati e più forti.
Se si vuole andare dritti per dritti, Elden Ring potrebbe non essere il gioco adatto, per lo meno nelle prime run. La maggior parte dei luoghi, dei nemici e delle avventure che si vivono nell’Interregno sono infatti opzionali. Siamo davanti alla giocosità più assoluta e più totale, dove tutto il divertimento sta nello scegliere il proprio stile di gioco (nulla vieta di cambiarlo in corsa e c’è ampio modo di farlo) e nel vagare liberamente, supportati da una mappa davvero stellare.
La mappa di Elden Ring infatti sarà il vostro alleato più prezioso: dettagliatissima, vi consentirà di segnarvi i luoghi in cui tornare in seguito, gli NPC, i nemici da sconfiggere, i tesori lasciati indietro. Sbloccarne le varie parti non è nemmeno troppo difficile, dato che basta raggiungere degli obelischi già segnalati per svelare tutti i dettagli della zona in questione. Dalla mappa si intuisce l’ubicazione di edifici, conformazioni rocciose, vie maestre, boschi, dungeon, Luoghi di Grazia (falò) e specchi d’acqua. La mappa è vasta e densa di contenuti: impossibile annoiarsi. Allora abbandonare la via indicata dalla Grazia e lasciarsi trasportare dall’esplorzione, creando la propria personale avventura, diventa un’esperienza che non ha prezzo. L’interfaccia è pulita ed essenziale, tanto da scomparire quasi del tutto fuori dai combattimenti: l’immersività è garantita.
Il team di Hidetaka Miyazaki ha arricchito il suo mondo aperto con l’aggiunta del salto e di un fedele destriero, Torrent, che permette di falciare le mappe in lungo e in largo in davvero una manciata di minuti. Il giocatore infatti può tranquillamente evitare la maggior parte dei nemici nell’open world saltando in groppa al cavallo spettrale e zigzagando per la mappa: un cambiamento di rotta non da poco, che però rischia di togliere un po’ quella voglia di esplorare minuziosamente.
I nemici sono tanti, creature grottesche, animalesche e inquietanti al limite dell’horror. Purtroppo non è raro trovarsi a combattere lo stesso “mini boss” più volte, ma la mole di scontri unici e di sfide più o meno impegnative resta lodevole.
Il Pvp e la modalità cooperativa arricchiscono un viaggio che, tuttavia, rimane ricco ed emozionante anche vissuto totalmente in solitaria, esplorando e combattendo unicamente con le proprie forze.
Difficoltà, aspetto tecnico e artistico: Elden Ring è un gioco divisivo che lascia il segno
Si è discusso molto, prima e dopo la release del gioco, sull’effettiva difficoltà di Elden Ring: per questo è necessario tornare all’introduzione della recensione, nella quale abbiamo sottolineato quanto il viaggio nell’Interregno possa differire da giocatore a giocatore. Non si tratta infatti di un titolo da prendere alla leggera, ma come spiegato anche da Hidetaka Miyazaki, bisogna abbracciare le sfide che il gioco offre in quanto parti integranti delle produzioni FromSoftware. Il bello sta proprio nell’imparare dalle sconfitte per crescere e migliorarsi. La meccanica trial-and-error rimane preponderante anche in Elden Ring, morire dà infatti la possibilità di comprendere la strategia migliore per non farsi più sopraffare da un boss o da una zona particolarmente ostica.
Il titolo è studiato per non risultare troppo frustrante: i Luoghi di Grazia sono numerosissimi, esistono inoltre le Statue di Marika, piazzate strategicamente davanti alle sfide più ardue, in modo da non costringere il giocatore a dover percorrere troppa strada prima di ritentare. Abbiamo dalla nostra Torrent, la possibilità di evocare potenti spiriti alleati che ci affiancano in combattimento, equipaggiamenti, incantesimi dei più disparati, il crafting di oggetti, gli spostamenti rapidi ai Luoghi di Grazia… insomma, è vero che il mondo di Elden Ring è un inferno in cui praticamente qualsiasi cosa vuole ucciderti, ma è anche vero che FromSoftware ha riempito il nostro arsenale di tutto il necessario per avere la meglio. Senza contare che farmare in determinati punti particolarmente comodi è semplicissimo fin dalle prime ore di gioco.
Questo, lo ribadiamo, non significa che Elden Ring sia un gioco adatto a tutti, si tratta comunque di un’avventura criptica, silenziosa, impegnativa, tutta da scoprire e da studiare, ma che riesce a farsi apprezzare per la sua varietà e i diversi approcci che offre. Nulla vieta di accovacciarsi e passare zitti zitti alle spalle di un drago per rubargli il prezioso bottino, ad esempio.
Questa libertà di movimento, la varietà di cose da fare e di possibili build stimola i giocatori a parlarsi tra loro, a confrontarsi tra amici, a sentirsi ancor più parte di una community viva e pulsante, che scopre, combatte, trionfa. (A proposito, non esitate a dare un’occhiata alla nostra sezione dedicata alle Guide se avete bisogno di qualche dritta).
Elden Ring non è esente da difetti tecnici abbastanza fastidiosi: oltre agli asset ripetuti e a qualche situazione un po’ troppo già vista, come sempre il titolo di casa From non brilla in quanto a ottimizzazione e gestione del framerate. La telecamera continua a esserci nemica in moltissime situazioni, soprattutto ora che tutto è più grande e più complicato. L’utilizzo di Torrent potrebbe inoltre spingere il giocatore a voler continuamente rushare, per poi arrivare impreparato davanti a dei muri di difficoltà soverchianti. Nonostante le descrizioni più ampie e meno criptiche, ci troviamo comunque davanti a un mondo che non conduce per mano e che, anche dopo aver visto i titoli di coda (ci vorranno una settantina di ore in una run non raffazzonata), potrebbe lasciare interdetti con fin troppe domande ancora irrisolte.
Dal punto di vista estetico Elden Ring non è certo un gioco next-gen, ma nonostante questo l’impatto visivo (in certe aree in particolare) e la cura generale nei dettagli è encomiabile. Il quadro finale sa emozionare. Alcune boss fight particolarmente coreografiche così come alcune situazioni specifiche non lasciano indifferenti.
Vedere da lontano i bastioni di un castello, cercare la strada per avvicinarsi, per poi finalmente arrivare e venire bersagliati da lontano da enormi frecce scagliate da chissà chi. Scendere in un piccolo pozzo per ritrovarsi in un’enorme area dal cielo stellato, venire teletrasportati con l’inganno dall’altra parte della mappa o avanzare lungo una radura trovandosi davanti dei colossali quadrupedi di pietra. Fa tutto parte di un viaggio ipnotico difficile da dimenticare.
PUNTI DI FORZA
- Una mappa vastissima e ricca di nemici, luoghi d’interesse e segreti
- Tanti approcci diversi, che rendono una run diversissima dall’altra
- È una continua scoperta
PUNTI DI DEBOLEZZA
- L’aspetto tecnico, non siamo davanti a un titolo next-gen
- Alcuni nemici ripetuti e luoghi un po’ già visti
- Può risultare spiazzante per chi non ha mai giocato a un titolo FromSoftware
Viaggiare sul filo sottile che separa divertimento e frustrazione è un’impresa non da poco, ma Elden Ring non ci cammina su quel filo. Ci danza. Il nuovo titolo di casa FromSoftware sa di Skyrim e di Zelda Breath of the Wild, sa di Shadow of the Colossus ma anche di Dark Souls, Bloodborne, Sekiro e Demon’s Souls. La struttura open world e le sfide proposte sanno essere soverchianti, soprattutto per i neofiti del genere, ma offrono un viaggio ricco ed emozionante sotto tutti i punti di vista. Elden Ring dà libero sfogo alla fantasia del giocatore, che può esplorare l’enorme mappa in libertà e scegliere lo stile offensivo che più gli si addice. Non mancano i difetti, soprattutto legati agli aspetti tecnici e a una storia ancora molto criptica e frastagliata, ma l’estro di Hidetaka Miyazaki e di G. R. R. Martin si sono uniti per dare vita a quello che è un titolo completo e ispirato, un’avventura fantasy che offre ai giocatori centinaia di ore di intrattenimento e di continue scoperte. Anche questa volta morire, rinascere e infine vincere offre una soddisfazione senza pari. Per noi è gia un cult.
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