Colin Firth torna a essere protagonista in un film che racconta le vicissitudini di una “guerra invisibile”: L’arma dell’inganno. Questa volta, a differenza di The King’s Man, la pellicola è ambientata durante la Seconda guerra mondiale. Ewen Montagu è a capo dell’operazione Mincemeat, nel tentativo di disorientare l’esercito tedesco e mantenere nascosta l’invasione alleata in Sicilia. Il film uscirà domani, 12 maggio, in tutte le sale italiane. Diamo un’occhiata ai punti più convincenti, e quelli meno, di Operation Mincemeat.
I dettagli: quadro e cornice dell’opera
Quando si lavora per ingannare Hitler e l’intero esercito nazista, nulla può essere lasciato al caso. L’operazione Mincemeat, realmente accaduta, prende ispirazione dal racconto di Ian Fleming, collega di Montagu nel servizio segreto navale britannico. Il film fa del dettaglio la sua componente più intensa e presente. Durante la narrazione degli eventi, i quali si svolgono in diversi mesi del 1943, i dettagli non vanno a creare semplicemente la cornice dell’opera. Per buona parte del film, saranno le particolarità e le diverse sfumature del racconto a rappresentare ciò che è veramente il fulcro della pellicola. In questo modo, la cornice entra a far parte del quadro e il puro racconto descrittivo diventa parte integrante di ciò che vuole trasmettere il film.
La storia di William Martin, personaggio fittizio creato dai servizi segreti britannici, si mescola con la realtà e riflette la relazione tra Ewen e Jean Leslie, un’impiegata del Security Service che prende parte all’operazione. Il falso ufficiale Martin assume le sembianze di un giovane ragazzo, Glyndwr Michael, morto suicida per avvelenamento. Il piano inglese e statunitense consiste nel far giungere sulla costa Spagnola, a Huelva, alcuni documenti riservati che riportavano l’intenzione degli Alleati di sbarcare in Sardegna e in Grecia. Questi falsi documenti arrivano in Spagna tramite una valigetta portata dal corpo esanime di Glyndwr Michael, che vede sul suo tesserino il nome di “William Martin”. La falsa storia ideata da Ewen Montagu e il collega Charles Cholmondeley giunge quindi ai piani alti dell’esercito tedesco. Quando tutto pare andare nel verso giusto, una presunta spia tedesca sembra aver riconosciuto l’inganno.
Verità e menzogna
È innegabile che il lavoro di fedele riproduzione dell’intera storia creata intorno al nome di William Martin sia di gran valore: la presunta fidanzata Pam, le lettere di sollecito della Lloyds Bank, la morte per annegamento, i numerosi effetti personali. Tant’è che l’intera pellicola sembra gravitare quasi esclusivamente intorno alla storia del falso generale. La relazione tra Ewen e Jean risulta forse un po’ troppo forzata e poco scorrevole, nonostante la storia in parallelo a quella di Martin aggiunga un senso di intimo romanticismo, forse un po’ fiabesco, ma pur sempre d’effetto. La ricostruzione storica dei costumi e dell’ambiente è pregevole e riesce a trasmettere concretamente l’atmosfera, con annesso senso di pericolo, che circondava l’intera operazione.
L’arma dell’inganno – Operation Mincemeat è un film della durata di 128 minuti che scorre piacevolmente, e riesce a riprodurre fedelmente ciò che è avvenuto in occasione della messa in scena dell’operazione durante la Seconda guerra mondiale. La storia dell’ufficiale Martin in parallelo a quella di Ewen e Jean aggiunge un elemento di intimità e dedizione che rende più fruibile la pellicola. Ricordiamo che il film sarà disponibile a partire da domani, 12 maggio, in tutte le sale italiane.
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