Si è parlato moltissimo, sia prima del 22 giugno 2023 che nei giorni successivi, di cosa sia o non sia un Final Fantasy. Il motivo è che si cerca sempre di tornare dove si è stati bene, è una naturale tendenza umana. Quando questo non avviene, arriviamo a percepire ciò che ci succede come ingiusto, aberrante, destabilizzante. La verità è che niente avviene mai nello stesso modo: il tempo passa, le cose cambiano, e per quanto ci sforziamo e cerchiamo ovunque, forse ciò che è stato non tornerà. O forse, alla fine, tornerà da noi ma in forme diverse, dandoci nuove sensazioni, aprendo nuovi orizzonti.
È con questo spirito che va affrontato Final Fantasy XVI, un titolo nato dall’estro e dall’esperienza della Creative Business Unit III, il cuore pulsante di una Square Enix che ha deciso di prendere il toro per le corna questa volta e di puntare il tutto per tutto.
Si tratta di un gioco difficile da valutare, soprattutto per chi ci è cresciuto con questo franchise e, per l’appunto, da anni cerca di tornare a casa, tra le braccia di una grande storia fantasy da portarsi dietro per tutta la vita.
Ci sono vari punti da affrontare, zone di ombra e zone di grandissima luce da evidenziare per trarre le fila di quello che, in ogni caso, è un grande videogioco. Allora facciamolo insieme, in questa recensione di Final Fantasy XVI che non conterrà spoiler.
Si ringrazia Plaion Italia per il codice review.
Final Fantasy XVI: un viaggio galvanizzante
Dopo un quindicesimo capitolo che non è riuscito a centrare il punto e un Final Fantasy XIV che invece, negli anni, ha stupito tutti scalando le classifiche di apprezzamento dei fan, sulle spalle di Final Fantasy XVI gravava un peso titanico.
Fin da subito il producer Naoki Yoshida e il suo team avevano espresso la volontà di dar vita a qualcosa di nuovo, al passo con i tempi, che potesse accogliere le nuove esigenze dei videogiocatori pur rispettando lo spirito originario del franchise: insomma, serviva qualcosa di moderno che però fosse all’altezza del nome che portava.
Aprendo questa riflessione, ci sentiamo di dire che nel complesso la sedicesima Fantasia Finale è un videogioco che si erge a testa alta sul mercato attuale, pur essendo ben lontano dall’essere un progetto riuscito al 100%. Final Fantasy XVI è un continuo puntare al cielo, con picchi di qualità che raramente si erano raggiunti nel genere, e crolli altrettanto evidenti a causa di idee poco a fuoco. Questo continuo oscillare disorienta, di conseguenza è importante mettere in ordine gli elementi per poi pesare il tutto sulla propria personale bilancia.
Il viaggio di Clive Rosfield e compagni nel mondo di Valisthea è un cammino permeato interamente dall’amore in tutte le sue differenti forme. Impossibile non lasciarsi catturare da un intreccio che prende a piene mani da Game of Thrones, Attack on Titan, il Signore degli Anelli e altro. Le influenze sono tantissime, nello stile e nella narrazione, ma in tutto questo c’è anche Final Fantasy: la forma è diversa, l’intento c’è e si sente.
Il quadro complessivo, per quanto riguarda la narrativa, è a dir poco grandioso e sarebbe un mentire spudoratamente se non lo si affermasse fin da subito. I personaggi di Final Fantasy XVI riescono a far breccia grazie a una scrittura profonda, matura e poco didascalica, che costruisce i rapporti tra i protagonisti con grande cura. Purtroppo alcuni di essi si perdono per strada, arrivando a fine storia con del potenziale inespresso, ma al contempo il classico “party” è vivo e vegeto attorno a Clive, circondato da personaggi ai quali è davvero difficile non affezionarsi almeno un po’. Il villain dell’intreccio non è tra i migliori del franchise per la sua caratterizzazione, ma incute non poco timore grazie al suo design e al modo in cui è presentato in scena.
Questa magia è dovuta non solo all’ottima scrittura, ma anche a una regia davvero di prim’ordine che porta sullo schermo continui climax narrativi, in un crescendo inaspettato. L’espressività dei volti dei nostri protagonisti (i loro occhi parlano) e le epiche musiche del compositore Masayoshi Soken, un tripudio di cori e rimandi a melodie iconiche del franchise, chiudono questo bel quadro. Sono tutti elementi che hanno un gran peso sulla nostra personale bilancia, e sicuramente vanno messi tra i pregi di Final Fantasy XVI. Come dicevamo però, ci sono anche degli evidenti difetti da mettere sul piatto.
Un mondo coinvolgente costellato da alcune sbavature
La storia della sedicesima Fantasia Finale è una tragica opera teatrale che si dipana attraverso diversi snodi principali correlati a dungeon e bossfight, in un crescendo di volume e di pathos che ci ha spesso dato l’illusione di essere davanti alle ultime fasi di gioco.
Un primo problema è costituito dal ritmo altalenante e spezzato dell’intera esperienza, che passa repentinamente da questi picchi narrativi a fasi invece ben più blande, dei “riempitivi” non sempre ben riusciti. Le missioni secondarie, è evidente, hanno un ruolo fondamentale per far riprendere fiato al giocatore, tra un orgasmo videoludico e l’altro. Peccato però che si tratti di quest per lo più trascurabili, non c’è davvero motivo di dedicarcisi a meno che non si abbia tempo da perdere. Il nostro Clive, tra una epica avventura e l’altra, si dedica con tutta calma alla raccolta di materiali, diventa un fattorino, un cameriere e chi più ne ha più ne metta. Le quest secondarie interessanti, che forniscono nuovi spunti sul mondo e sui personaggi, sono rare, vicine all’endgame e si perdono in un ripetitivo andirivieni tra vari punti di viaggio rapido.
Oltre alle quest secondarie, è necessario parlare del mondo di Valisthea: se le vicende geopolitiche che lo animano sono coinvolgenti (esistono addirittura degli NPC dedicati alla “lore” e degli strumenti che consentono di esaminare come si muovono i personaggi e le varie potenze in gioco anno dopo anno), non possiamo dire lo stesso delle macro-aree e dei dungeon. Visivamente si tratta di quadri in movimento e scenari evocativi, peccato per la povertà di contenuti. Non ci sono segreti o variazioni sul tema, si tratta di scatole molto belle da vedere disseminate di nemici qua e là. In parte, si percepisce una certa vuotezza (un difetto che avevamo evidenziato anche in Forspoken, ad esempio).
Allo stesso modo, la componente più GDR del titolo e tutte le meccaniche legate alla parametria e all’equipaggiamento mostrano il fianco già dopo poche ore di gioco. È possibile finire l’avventura in Modalità Azione senza curarsi troppo dell’arma che brandiamo (sblocchiamo equipaggiamenti più forti in automatico con l’avanzare della storia), non è possibile dar vita a build particolari o influenzare davvero lo sviluppo del personaggio, al contempo è inutile potenziare l’equipaggiamento o dedicarsi alla raccolta di materiali. Per fortuna però, in Final Fantasy XVI la storia si fonde e diventa tutt’uno con un combat system assuefacente.
Fuoco, sangue e azione
L’intero sistema di combattimento del titolo si fonda sulle abilità degli Eikon, che vengono acquisite da Clive missione dopo missione. Caricare gli attacchi speciali e concatenarli in un susseguirsi dinamico di mosse è un processo che si impara con semplicità (basta provare un nuovo Eikon per un paio di battaglie per capire di cosa si stratta) e che rende questo combat system profondamente divertente, sotto tutti i punti di vista. Portare il nemico a “vacillare” per poi scaricargli addosso tutti i nostri attacchi più potenti è un processo soddisfacente che non annoia, anzi. Nella sua semplicità tutto funziona molto bene, soprattutto quando si sbloccano le abilità più potenti di ciascun Eikon e le si potenzia al massimo, potendo così scatenare degli attacchi finali d’inarrestabile potenza.
Le bossfight sono tante ed entusiasmanti, a parte qualche rara ripetizione. Le cutscenes che suddividono le varie fasi del combattimento sono in parte interattive grazie alle “azioni cinematiche”, dei quick-time events che aiutano il giocatore a riprendere brevemente fiato prima di passare alla parte successiva dello scontro. Le epiche battaglie tra Eikon non sono molte, ed è un peccato perché pur essendo molto semplici risultano fondamentali sia nell’economia del racconto, sia per garantire varietà al gameplay. In ogni caso, giunti all’endgame la voglia di continuare a sperimentare e combattere (magari dedicandosi alle Cacce, allo sbloccare e potenziare tutte le abilità e al NG+) non manca.
Punti di forza:
- Una grande storia, dei grandi personaggi
- Il combat system è divertente e ben riuscito
- Coinvolgente dall’inzio alla fine…
Punti deboli:
- … se si segue la storia principale. Troppe (ma non tutte) side quest sono trascurabili
- Le macro-aree sono belle da vedere, ma povere di contenuti
- Tutto ciò che è legato ai parametri e all’equipaggiamento ha ben poco da offrire
Conclusioni: Final Fantasy XVI è davvero quello che ci avevano promesso?
L’ultima gargantuesca fatica di Square Enix è indubbiamente un titolo divertente, approcciabile da giocatori più o meno esperti del genere action. Il doppiaggio inglese è stellare, quello italiano è buono e sicuramente farà piacere a tanti non amanti dell’anglofona lingua.
Chi riuscirà a farsi trascinare dalle vicende di questi personaggi e delle piagate terre di Valisthea, abbracciando senza pregiudizi quest’avventura, si ritroverà con le lacrime agli occhi e con la pelle d’oca per più di una volta (sentire il battito del cuore dei personaggi grazie al DualSense è qualcosa di unico). Balzare sulla sedia col desiderio di combattere insieme a Clive e compagni non sarà affatto una rarità nelle circa trenta ore che servono per completare la storia principale.
Al contempo, tante altre sbavature porteranno inevitabilmente a storcere il naso, tra side quest trascurabili e componente GDR ridotta all’osso.
La nostra bilancia è ora piena di tutti gli elementi che servono per formulare un giudizio finale: Final Fantasy XVI è un grandissimo videogioco, che consigliamo a tutti gli amanti del genere fantasy più in generale, denso di contaminazioni ma in grado di portare il peso del franchise che rappresenta.
La Fantasia Finale come la conoscevamo forse è morta, forse è ascesa trasformandosi in qualcosa di nuovo che ha, nonostante i difetti, un cuore profondamente umano. Imperfetto, come tutti noi.
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