Da poche ore si sono conclusi i The Game Awards e, come vi abbiamo raccontato, sono stati occasione di premiazioni e rivelazioni per quanto concerne l’intero settore dei videogiochi. Mai come in questa occasione tuttavia, si sono palesate diverse nuvole nere di dubbio ed interrogativi in merito al tangibile snaturamento della manifestazione.
Per oltre le tre ore di evento infatti, le varie software house sono state elogiate insieme ai propri videogiochi, che ne hanno poi visti di nuovi affacciarsi sul mercato grazie alle rivelazioni presentate da Geoff Keighley e compagni. Ciononostante, come si diceva poco sopra, molti spettatori hanno un ricordo amaro dell’appuntamento, per svariati motivi.
Dare (poco) tempo al tempo
Il primo di questi è sicuramente riconducibile al fatto che il cuore della manifestazione losangelina dovevano essere i premi, ma questi hanno rivestito una parte minoritaria della serata, così come lo spazio dato a coloro che quelle statuette hanno meritato. Chi ha seguito l’evento non può non aver notato che i commenti dei vari esponenti che si sono accaparrati un oscar si sono limitati a pochi secondi. È stato infatti reso noto che, dopo 30 secondi di discorso, l’organizzazione dei TGA accendeva un grazioso pannello con su scritto: “Si prega di concludere” con annessa musica di sottofondo atta a mettere ulteriore pressione allo sventurato protagonista. Ciò non ha fatto altro che accelerare spaventosamente un momento cardine dell’evento, un lasso temporale che riassume gli anni di lavorazione di centinaia di persone ulteriormente castrato da una decisione più che discutibile, portando i successi e le fatiche di un team in secondo piano.
In contrapposizione a questo però, è stato scelto di dare un margine più che abbondante ad altri interventi sicuramente importanti, ma che non rispecchiano molto il motivo di esistere della kermesse (di nuovo, i premi ed i premiati degli ultimi 12 mesi). Un esempio lapalissiano sono gli oltre 10 minuti concessi ad Hideo Kojima ed al suo OD, che naturalmente non è neanche lontanamente vicino all’uscita (e di cui non è stato mostrato assolutamente nulla). Siamo tutti concordi che il creativo giapponese riveste un ruolo centrale nell’universo videoludico, ma da lui ci si aspettava ben altro (qualcuno ha detto DS2?) o comunque un intervento più breve, visti i contenuti abbastanza sterili espressi. Da menzionare anche il balletto di Alan Wake 2 che, per quanto ben realizzato in termini di coreografia e musica, ha sicuramente rubato inutilmente del tempo che poteva essere impiegato in modo molto più fruttuoso.
Che cosa è davvero mancato ai The Game Awards
La vera lacuna che si è fin da subito manifestata una volta terminato l’evento non riguarda un titolo, bensì la mancata attenzione nei confronti di chi i videogiochi li crea: gli sviluppatori, e le persone che vi sono dietro.
Durante tutta la serata non un solo accenno è stato fatto nei numerosi licenziamenti che negli ultimi mesi hanno flagellato i vari studi, non un solo pensiero è stato destinato a coloro che nel 2023 hanno perso il lavoro, e che mal digeriscono la frase più volte detta: “Il 2023 è stato il miglior anno di sempre per i videogiochi”.
Oltre a questo, non si è reputato idoneo elogiare i professionisti che attualmente sono impegnati nei vari progetti, o che hanno dovuto affrontare periodi complicatissimi durante lo sviluppo di un determinato prodotto, anzi, è stato concesso del discutibile sarcasmo per sottolineare quanto la campagna di Modern Warfare 3 sia breve. Intendiamoci, Chris Judge ha detto una cosa vera (come peraltro già avevamo analizzato noi), ma il contesto ed il modo sono assolutamente da condannare. Tale azione non fa altro che buttare sul ridere i fenomeni di crunch che gli sviluppatori di Sledghammer Games hanno dovuto subire dal proprio publisher per cercare di tirare fuori un gioco completo da un progetto che inizialmente era concepito come un DLC. Fate le vostre valutazioni.
Esiste la via comoda e la via giusta
Geoff Keighley e compagnia cantante avevano la possibilità di gettare luce su un sistema produttivo che sta letteralmente collassando su se stesso, a causa di pessime decisioni che vogliono rispondere ad un mercato sempre più caotico e disorganizzato. Purtroppo questo non è avvenuto, molto probabilmente per evitare di inimicarsi quelle aziende che hanno applicato quelle drastiche operazioni. Un vero peccato, visto e considerato che in passato il giornalista aveva giustamente discusso delle gravi accuse di molestie sessuali accadute all’interno di Activision Blizzard. Qualcosa è cambiato?
A voler ipotizzare il motivo, l’unico mutamento in questi ultimi anni riguarda il fatto che l’organizzazione capitanata da Keighley si è sempre più intrecciata con gli studi, gli editori e gli sponsor e ciò riveste una gabbia dentro la quale non può essere esposto nulla di particolarmente controverso. Quello che ne deriva però, è che la responsabilità di un evento di tale portata è venuta meno. I The Game Awards invece di difendere coloro che cercano di rappresentare, hanno optato per una più comoda codardia, mettendo sotto il tappeto tutte le gravi vicende accadute durante questo anno che si appresta a concludersi.
A quanto pare i TGA sono diventati ciò che erano chiamati a sovvertire: delle operazioni di marketing che mettono in primo piano le aziende, non le persone.
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