Home Videogiochi Rubriche Alla scoperta di Capcom, Vol. 1 | Le Radici dell’industria videoludica

Alla scoperta di Capcom, Vol. 1 | Le Radici dell’industria videoludica

L’editore e sviluppatore giapponese di videogiochi Capcom ha festeggiato lo scorso 11 giugno ben 40 anni di presenza, rappresentando di diritto una delle organizzazioni più prospere del settore videoludico. Sin dalla sua fondazione nel, l’azienda giapponese con sede ad Osaka ha creato alcuni dei più grandi franchise di sempre, tra cui le serie multimilionarie Devil May Cry, Monster Hunter e Mega Man.

Tuttavia, la società è riconosciuta principalmente per aver creato Street Fighter e Resident Evil, due dei più grandi marchi della cultura popolare. Entrambe le serie hanno infatti prodotto numerosi giochi, adattamenti cinematografici, fumetti, graphic novel e altri prodotti con licenza.

Quella che una volta era una piccola azienda nipponica è ora cresciuta fino a diventare un conglomerato globale con filiali in Asia, Europa e Nord America.

C’era una volta…

capcom

In un primo momento, la società è stata fondata da Kenzo Tsujimoto il 30 maggio 1979 come IRM Corporation. Il dirigente era anche presidente di Irem Corporation, un altro sviluppatore ed editore di videogiochi giapponese.

Nel 1981, l’azienda cambiò nome in Sanbi Co. e divenne un produttore e distributore di dispositivi di gioco elettronici. Come detto sopra invece, l’11 giugno del 1983, venne infine rinominata come Capcom Co. Ltd, in seguito ad alcune fusioni interne e diversi cambi di nome. L’identità attualmente nota dell’azienda, sta per Capsule Computers (precedentemente nota anche come Japan Capsule Computers).

Dal punto di vista delle produzioni software, il primo videogioco arcade lanciato da Capcom nel 1984 è stato Vulgus, uno sparatutto verticale progettato per il mercato giapponese. L’azienda, che cercava mercati più internazionali, ottenne il suo primo vero successo con 1942, un altro sparatutto verticale. Commando e Ghosts’n Goblins, tuttavia, furono le uscite del 1985 che realmente portarono Capcom al successo mainstream.

Capcom iniziò nello stesso anno a concentrarsi sull’industria delle console casalinghe portando il proprio titolo 1942 anche su Nintendo Entertainment System, che in seguito sarebbe diventato il loro mercato principale. Ciononostante, per l’azienda giapponese il 1987 segnerà una svolta radicale nella sua storia.

Una lotta che dura da decadi

Takashi Nishiyama, designer, regista e produttore giapponese, ha iniziato a sviluppare l’idea di un gioco di combattimento nel lontano 1984, realizzando Kung-Fu Master. Il gioco fu ispirato da un oscuro film di arti marziali del medesimo anno intitolato “Il Mistero del Conte Lobos”, in cui un giovane Jackie Chan interpreta i panni dell’esperto di kung-fu Thomas.

Il grande successo che il titolo ebbe sia in Giappone che in Nord America, spinse Capcom nel 1987 a lanciare il suo primo gioco di combattimento competitivo, un certo Street Fighter. Il titolo, che includeva numerosi personaggi giocabili in combattimenti uno contro uno, presentò diversi elementi che sarebbero diventati gli standard del settore per i picchiaduro, inclusi i controlli a sei pulsanti e l’uso di tecniche speciali basate su determinate sequenze di comandi. In seguito al successo economico e di critica di Street Fighter (nonostante i grandi problemi di interazione) venne creato un primo seguito, ossia Street Fighter II, pubblicato nel 1991.

Nel giro di pochi anni dalla sua uscita, Street Fighter divenne uno dei franchise di videogiochi più acclamati, nonché la proprietà multimediale di maggior successo basata su un videogioco di combattimento. Oltre a vari sequel e spin-off, la serie ha ispirato numerosi spettacoli, film animati, film live-action, manga, fumetti e giocattoli.

Street Fighter è stato così influente che è ampiamente considerato come il gioco che ha dato vita alla Fighting Game Community o, come è meglio conosciuta, FGC.

Arrivano i non morti

Correva l’anno 1989 quando il produttore e regista di Capcom, Tokuro Fujiwara, chiese ad un allievo di nome Shinji Mikami di sviluppare un remake del suo gioco horror, Sweet Home. Il prodotto, rilasciato su Nintendo Entertainment System, era basato sull’omonimo film scritto e diretto da Kiyoshi Kurosawa e vedeva cinque personaggi impegnati ad addentrarsi nella villa abbandonata di un famoso pittore, morto trent’anni prima, per documentare la ricerca dei suoi capolavori perduti. Dopo pochi minuti tuttavia, il gruppo prende coscienza che la villa è infestata da mostri, fantasmi, zombie ed altre simili aberrazioni.

La posizione della casa, gli enigmi, la gestione dell’inventario e l’enfasi sulla sopravvivenza sono stati tutti aspetti del gameplay assimilati da Mikami durante il lavoro commissionatogli da Fujiwara, al punto che il gioco, al termine dello sviluppo, prese il nome di Resident Evil.

Resident Evil è stato lanciato da Capcom nel 1996 dopo tre anni di sviluppo e numerose riprogettazioni. Con un gameplay innovativo, una grafica ben realizzata e un’atmosfera avvincente, la fatica di Mikami ha aperto la strada a un genere di videogiochi completamente nuovo, ricevendo consensi sia dalla critica che dal pubblico. Come è ormai ben noto, la produzione ha generato un vero e proprio impero multimediale, che include numerosi sequel, film, fumetti, romanzi e una varietà di altri prodotti, rendendolo uno dei brand più influenti di tutti i tempi. Con oltre 110 milioni di copie vendute in tutto il mondo nel 2021, la serie rappresenta il franchise più venduto di Capcom.

Mega Com

Resident Evil e Street Fighter non sono ovviamente gli unici successi di Capcom. Mega Man, ad esempio, noto anche come Rockman in Giappone, rilasciato nel 1987 per Nintendo Entertainment System, presentava per la prima volta personaggi che avrebbero contraddistinto una serie comprensiva di oltre 50 titoli su varie piattaforme, totalizzando oltre 36 milioni di vendite in tutto il mondo.

Ciononostante, Capcom, nei suoi primi anni, ha visto Tokuro FujiwaraTakashi Nishiyama e Yoshiki Okamoto responsabili di tre “Planning Rooms” presso la divisione giapponese dell’azienda. Successivamente lo sviluppo interno dei titoli è stato gestito da una diverse squadre di produzione, ciascuna focalizzata in un determinato gioco.

A partire dal 2002, sono state apportate modifiche al processo di sviluppo per migliorare la condivisione di tecnologie e conoscenze, e gli studi più piccoli sono stati progressivamente espansi in gruppi più grandi con diverse responsabilità. Attualmente Capcom dispone di tre dipartimenti interni di sviluppo. Resident Evil, Mega Man, Devil May Cry, Dead Rising e altri titoli famosi sono ad esempio prodotti da Division 1, guidata da Jun Takeuchi.

La Divisione 2 è responsabile invece delle proprietà mirate all’Asia come Monster Hunter, Ace Attorney, Onimusha e Sengoku Basara ed è guidata da Ryozo Tsujimoto, che è anche coordinatore della divisione di sviluppo online mobile. Infine, Division 3 gestisce le IP incentrate sull’online, tra cui Street Fighter, Marvel vs. Capcom, Lost Planet, Dragon’s Dogma e altri.

Questa è, in sintesi, la storia che ha portato la casa di Osaka ad essere una delle aziende più rappresentative ed amate dell’industria (nonostante i diversi scivoloni produttivi che ben conosciamo). In un prossimo volume della rubrica, approfondiremo meglio le altre saghe menzionate che hanno contribuito a cristallizzare ulteriormente la posizione dominante dell’editore giapponese, che peraltro nel 2023 ha visto le proprie azioni volare in borsa grazie al remake di Resident Evil 4.

Scritto da
Lorenzo Bologna

Appassionato di tutto ciò che concerne il mondo videoludico, sono un inguaribile amante dei titoli horror e un accumulatore compulsivo di trofei (meglio se di platino). Avvicinato al medium grazie a mamma Nintendo e papà Crash Bandicoot.

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