Final Fantasy 7 Rebirth è un gioco che richiede tempo, calma ed immersione.
Per questo ci siamo concessi il lusso di smembrarlo pezzo per pezzo, dedicandogli la dovuta mole di ore prima di emettere il nostro verdetto. Non c’è altro modo per approcciarsi a questo gioco, che offre tantissimo e al contempo richiede al giocatore una certa dose di dedizione per essere vissuto a pieno.
Final Fantasy 7 Rebirth giunge tra le mani di appassionati e neofiti del franchise dopo il tanto discusso Final Fantasy XVI (qui la nostra recensione), un gioco con un grandissimo cuore, che si è discostato dalla tradizione per dar vita a qualcosa di coraggioso e nuovo, seppur fallace sotto alcuni aspetti. La settima fantasia finale, riprodotta in questo secondo capitolo del rifacimento, propone invece un’avventura diversa, nello spirito e nelle meccaniche. Un ritorno alle origini per molti versi, ma in una veste fresca e moderna.
Scopriamo nei dettagli come è andata la nostra partita in questa recensione di Final Fantasy 7 Rebirth priva di spoiler!
Versione provata: PS5.
Ringraziamo Plaion per il codice review.
Final Fantasy 7 Rebirth, a ognuno il suo momento di gloria
Si tratta di passioni, di arte, di nostalgia, ma si tratta anche di prodotti commerciali che devono vendere. Questa è la realtà delle cose, anche per un titolo atteso, che racchiude così tanti ricordi e aspettative come Final Fantasy 7 Rebirth: al netto di questo ragionamento, ci sembra che le aggiunte e le varianti di trama inserite in questo secondo capitolo siano più che altro “specchietti per le allodole”, un espediente per mantenere alta l’attenzione e la curiosità dei giocatori. In breve: tutto va come deve andare, un po’ come succedeva in Final Fantasy 7 Remake, fatta eccezione per un finale che tuttavia non ci ha particolarmente scombussolati. Non vi parleremo oltre di figure importanti come Zack Fair, Aerith Gainsborough e il mellifluo Sephiroth, godetevi l’avventura.
C’è un aspetto davvero encomiabile nella narrazione di Final Fantasy 7 Rebirth e riguarda la gestione dei personaggi e la loro caratterizzazione. Square Enix è riuscita a prendersi i suoi tempi per dare ampio spazio a tutto il cast, infondendogli vita, spessore, dignità e credibilità. Impossibile non farsi più di una risata per le canzoncine e le reazioni esagerate di Yuffie. Che dire di Barret? Abbiamo davanti un uomo dal passato complesso, sanguinoso, che non si limita ad essere la burbera macchietta comica ma anzi, diventa profondamente umano in tutte le sue azioni. E poi c’è Tifa, un’eroina dall’animo buono, affezionata, coraggiosa. Aerith nasconde tra i suoi sorrisi tanta malinconia, Cait Sith, creatura dalle mille soprese, riesce a suscitare sia risate che commozione. Tutto il cast è così ben raccontato da oscurare il silenzioso protagonista, Cloud Strife, che resta il perno di ogni cosa senza sovrastare nessuno. La storia di Final Fantasy 7 Rebirth, spalmata su decine di ore di main quest e attività secondarie, non tralascia niente, in un continuo saliscendi di lacrime e risate. In perfetto stile Final Fantasy.
Tra le novità di questo Rebirth non si può non menzionare il sistema di legami di amicizia tra Cloud e gli altri membri del party, incrementabili attraverso il completamento di quest dedicate, alcuni dialoghi a risposta multipla e le abilità sinergiche da sbloccare e utilizzare in combattimento. Tutte queste azioni porteranno alla crescita della percentuale di “amicizia” tra Cloud e i suoi, visibile premendo L1 e rappresentata da delle emoji colorate sulla testa di ciascun personaggio giocabile. Tutto ciò si concretizza solo in determinate scene a fine avventura. Un po’ poco in effetti, ma si tratta comunque di una variante a cui è divertente prestare attenzione mentre si gioca. Insomma, se volete godervi del tempo di qualità con Tifa o Aerith dovrete guadagnarvelo.
Giocare a Final Fantasy 7 Rebirth: i minigiochi, l’esplorazione, il combattimento… la ripetitività
Come vi accennavamo a inizio recensione, Final Fantasy 7 Rebirth è un titolo corposo (si può tranquillamente giocare un centinaio di ore prima di raggiungere i titoli di coda), che fa delle attività extra una parte integrante dell’esperienza. Inutile e praticamente impossibile seguire solo le missioni principali. Per i giocatori che cercano un’esperienza dritta al punto, non dispersiva, sempre dinamica e veloce, questo titolo non è certo l’ideale.
Il mondo di gioco, suddiviso in macro-regioni, offre scenari visivamente da capogiro. Oltre alle bellezze grafiche, le mappe sono dense di attività. Fare due passi a piedi o in sella a un chocobo senza imbattersi in qualcosa è abbastanza difficile, soprattutto appena approdati in una nuova regione. Dalla verdeggiante Prateria (Grasslands) ai picchi spioventi di Cosmo, dalla fitta giungla di Gongaga all’azzurra Nibel, il viaggio di Cloud e compagni è scandito dall’ottenimento di diversi mezzi di trasporto (non esistono solo i chocobo), dagli incarichi secondari (contrassegnati da marker di colore verde) e dai dossier di Chadley. Il nostro ubiquo amico infatti ci segnala sulle varie mappe mostri da abbattere, torri da sbloccare, tesori da dissotterrare, fonti da esaminare e altari riconducibili agli Esper della regione. Esiste poi la ricerca delle vestigi, che si svolge in diverse tappe in ogni regione e rappresenta una lunga quest secondaria a sé stante, caratterizzata da scontri, minigiochi e sottotrame differenti in ogni macro-area di gioco.
La ripetitività si fa sentire soprattutto nelle ultime due regioni: ormai sappiamo perfettamente cosa comporta ogni richiesta di Chadley e avremo ripetuto le stesse azioni davvero molte volte. Potremmo avere la tentazione di tirare dritto verso la conclusione della trama, il che non è un bene. Per fortuna è possibile recuperare le attività lasciate indietro in qualsiasi momento, gli sviluppatori hanno pensato anche a questo.
Tutto è infarcito di minigiochi: dal memorizzare e premere tasti con tempismo presso gli altari degli Esper al recupero dei vestigi, dalle sfide di volo con i chocobo alle numerose partite a Regina Rossa, il fenomenale gioco di carte introdotto da Final Fantasy 7 Rebirth. Il Gold Saucer, luminosissimo regno di svago e perdizione (sì, ci rivolgiamo a voi, impavidi completisti) non è assolutamente l’unico luogo dedicato ai minigiochi. Ma a questo punto ci chiediamo, ne vale davvero la pena?
Se per alcuni questa mole di attività extra potrebbe sembrare esasperante, c’è da dire che il gioco non obbliga nessuno a dedicarsi anima e corpo alle sfide secondarie. L’importante è provare, ma a meno che non si voglia completare Final Fantasy 7 Rebirth al 100% (qui la nostra guida completa ai trofei) si può tranquillamente affrontare questi minigiochi una volta sola, e tanti saluti, ignorando punteggi migliori e livelli di difficoltà successivi. Alcuni minigiochi e meccaniche uniche legate al gameplay con personaggi specifici ci hanno fatto storcere il naso a causa di comandi legnosi e una lentezza insita in queste sezioni. Non tutto funziona sempre alla perfezione.
Ma veniamo al combat system: inizialmente, se doveste perdervi tra esplorazione e match a Regina Rossa, potreste pensare che si combatte davvero poco in questo Rebirth. Vi assicuriamo che non è così e per fortuna, dato che il sistema di combattimento risulta essere ancor più profondo, divertente e sfaccettato di quanto ci veniva offerto in Final Fantasy 7 Remake. Passare rapidamente e a piacimento da un personaggio all’altro, padroneggiandone ogni caratteristica, è fondamentale per approcciare con successo i nemici che ci sbarrano la strada. I nuovi personaggi giocabili e il sistema delle azioni e abilità sinergiche rendono il tutto ancor più dinamico e soddisfacente. Stremare il nemico e colpire efficacemente i suoi punti deboli è un processo divertente, ma che non va improvvisato. La trama principale stessa ci “obbliga” a utilizzare ogni singolo personaggio, scoprendone le caratteristiche per poi non abbandonarlo più anche durante la libera esplorazione. Forse l’unica pecca di questo sistema sono le evocazioni, gli Esper, che potrebbero risultare un di più non particolarmente eccitante, ma in generale si tratta di un combat system solidissimo, che non stanca nemmeno dopo centinaia di ore (a qualsiasi livello di difficoltà).
Dopo i titoli di coda, Final Fantasy 7 Rebirth offre ancora tanta sfida, come la possibilità di rigiocare ogni singolo capitolo in modalità difficile. Anche per quanto riguarda la longevità nulla da dire.
Esplorare il Pianeta, tra emozione e qualche sbavatura
Parliamo ora degli aspetti più artistici di Final Fantasy 7 Rebirth: le cutscenes offrono momenti di puro godimento, cambi d’abito, sequenze interagibili tramite minigiochi di tempismo. I colori sono vividi, accesi, gli orizzonti sconfinati. Impossibile non rimanere a bocca spalancata davanti a certi passaggi, sia per i neofiti che per chi conosce bene l’originale.
Nonostante qualche sbavatura tecnica (illuminazione, gestione della telecamera e alcuni cali di frame nei combattimenti più concitati), Final Fantasy 7 Rebirth offre un’esperienza non inficiata da bug e malfunzionamenti di sorta. Le musiche sono una vera delizia, il doppiaggio inglese invece ci è sembrato reinterpretare decisamente troppo il significato della scrittura originale. Per fortuna i sottotitoli italiani ricalcano il giapponese, seguendoli si ha una trasposizione più veritiera dei dialoghi pensati per ciascun personaggio.
Il Pianeta, il Lifestream, la guerra, il potere, l’affetto, il ricordo, il sacrificio, il naturale scorrere del tempo, la caducità di ogni cosa: tutte le tematiche cardine dell’universo di Final Fantasy 7 tornano in Rebirth e riescono a emozionare, nonostante minigiochi e alcune sezioni di gameplay non proprio riusciti. Sarebbe davvero un peccato non vivere a piene mani questa esperienza.
Alcuni hanno definito Rebirth “il miglior Final Fantasy di sempre”. Di certo si tratta di un JRPG coi fiocchi, sotto tutti i punti di vista.
Riassunto
Final Fantasy 7 Rebirth è un titolo longevo, ricco in ogni suo aspetto, che tuttavia può risultare fin troppo prolisso e a tratti ripetitivo per i giocatori che non hanno modo di dedicargli il giusto tempo e cercano un’esperienza più rapida, dinamica, da attraversare a perdifiato e terminare senza ripensamenti. Per chi invece sceglie di immergersi nell’avventura di Cloud e compagni, il titolo targato Square Enix può essere tranquillamente definito “il JRPG per eccellenza”: un misto di giocosità, paesaggi mozzafiato, personaggi iconici, risate, emozioni e libertà davvero encomiabile. Tra i minigiochi spicca Regina Rossa, il gioco di carte, mentre il combat system migliora e approfondisce le già ottime meccaniche di FF7 Remake. Gli incarichi secondari sono vari e ben narrati, mentre la trama principale riesce a dare a tutti i membri del party il giusto spazio, rendendoli più umani e meno macchiette. Nonostante qualche sbavatura tecnica e qualche breve sezione di gioco non riuscitissima, la nostra valutazione non poteva che essere pienamente positiva.
Pro
Artisticamente da brividi Tutti i personaggi sono ben narrati e approfonditi Combat system dinamico e stratificato Un mondo vivo, ricco di attività extraContro
Alla lunga l'esplorazione può risultare ripetitiva Alcuni minigiochi e sezioni di trama un po' legnosetti- Concept e Trama9
- Gameplay8.5
- Comparto artistico9.5
- Comparto tecnico9
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