Home Cinema La Mummia compie 25 anni ed è ancora la ricetta del blockbuster perfetto

La Mummia compie 25 anni ed è ancora la ricetta del blockbuster perfetto

Sembrava ieri, ma sono passati interi decenni. Il 7 maggio 1999 usciva nei cinema americani La Mummia, film targato Universal che rivisitava il classico horror in una chiave tutta nuova, ponendo insieme ad altri film come gli 007 di Pierce Brosnan le basi per quelle che poi sarebbero state le regole di ogni singolo blockbuster moderno: azione, commedia, suspance, effetti speciali, intrattenimento puro. Tutto era perfetto in questa ormai storica pellicola, che lanciò la carriera di Brendan Fraser e stupì il mondo.

La Mummia condivideva con il suo predecessore solo il titolo e l’ambientazione, spostandosi però verso qualcosa di completamente nuovo, dall’horror all’action, dando libero sfogo alla crescente industria degli effetti speciali. Lo sappiamo, era il 1999. Era il momento di esplosione della computer graphica utilizzata nel cinema, iniziando a mostrare potenzialità mostruose che sbalordirono George Lucas a tal punto da mettere in cantiere i tre prequel di Star Wars.

Ma a differenza di altri produttori che desideravano solo sperimentare con la CGI, la Universal tenta il colpo grosso. I mostri mancavano al cinema da troppo tempo, e averne i diritti senza mai utilizzarli non è una buona cosa. Così, la major si mette alla ricerca di un team che potesse riscrivere una delle più famose storie del cinema, quella di una mummia maledetta dell’antico Egitto risvegliata e pronta a portare morte e distruzione nel mondo. Sebbene alcuni elementi horror fossero rimasti, come le sequenze legate alle sorti dei possessori dei vasi canopi o la visita al tempio maledetto di Imhotep, il regista Stephen Sommers, che scrisse anche la sceneggiatura, si concentra maggiormente sull’intrattenere lo spettatore grazie a spettacolari sequenze e personaggi ancora oggi iconici, conditi da una perfetta chimica.

Come dimenticare il già citato Brendan Fraser, all’epoca giovane leva di Hollywood, capace di superare la concorrenza di Brad Pitt e Ben Affleck per il ruolo. Mai scelta fu migliore: Rick O’Connell, l’avventuriero impersonato da Fraser e principale protagonista della pellicola, è un ruolo che sembra cucito addosso a Fraser, che si diverte dall’inizio alla fine a dileggiare i suoi rivali e cerca di prendere il più alla leggera possibile una situazione completamente folle.

Insieme a lui, ecco una co-protagonista forte e sagace, la bellissima ma soprattutto intelligente bibliotecaria Evelyn Carnahan interpretata da Rachel Weisz. Intenzionata a trovare Hamunaptra, la mitica città dei morti nel deserto dell’Egitto, la donna incrocia il suo cammino con O’Connell, con il film che da subito plasma una chimica incredibile tra i due personaggi che ci ha sempre ricordato moltissimo quella tra Harrison Ford e Kate Capshaw in Indiana Jones e il tempio maledetto, per certi versi. La coppia funziona, così come tutti i comprimari che prenderanno parte all’avventura. John Hannah è il simpaticissimo Jonathan Carnahan, fratello di Evelyn, la vera spalla comica del film insieme al meravigliosamente fastidioso Benit Gabor di Kevin J. O’Connor, mentre Oded Fehr irrompe sulla scena nei panni del prose Ardeth Bay facendo scoprire allo spettatore che la minaccia è tale che per millenni la creatura mummificata è stata sorvegliata per impedirne il risveglio.

E a tal proposito, l’Imhotep di Arnold Vosloo è un villain ancora oggi tremendamente iconico. Il malvagio sacerdote egizio, condannato alla dannazione eterna dopo aver ucciso il faraone insieme alla sua amante Anck Su Namun, è l’incarnazione del male, completamente distante dalla mummia dell’originale classico horror ma invece più improntato sulla teatralità, sul prendersi gioco delle vittime prima di dilaniarle, come il gatto (animale citato non a caso) con il topo. Ed è proprio su Imhotep, ovviamente, che si concentra la maggior parte dello sforzo della CGI.

Con ben 15 degli 80 milioni di dollari di budget destinati solamente agli effetti speciali, la Mummia di Vosloo rinasce dai propri brandelli attraverso sequenze indimenticabili, riassorbe l’energia vitale e con essa la capacità di minacciare l’intero mondo con il suo potere infernale, capace di scatenare incredibili tempeste di sabbia il proprio volto sopra. Sì, questo stupì più di una persona all’epoca, tanto che chi scrive ha ancora il ricordo vivido dei telegiornali dell’epoca che parlavano dei prodigi tecnici della pellicola, lasciando effettivamente a bocca aperta. A occuparsi della pellicola ci fu la ILM (Industrial Light and Magic), la stessa che da molti anni collabora ad esempio con i Marvel Studios, che all’epoca stava dimostrando la potenza e le possibilità dell’effettistica.

Non è difficile capire per quale motivo oggi La Mummia sia considerato un cult, specie da chi a quel tempo aveva tra i 10 e i 20 anni. Il film sapeva coniugare alla perfezione ogni suo elemento, i personaggi e l’azione si contendevano la scena in modo magistrale, e anche visivamente la pellicola dimostrava tutta la sua potenza, peccando forse solo in una colonna sonora a dire il vero poco incisiva – per il sequel venne contattato Alan Silvestri, che confezionò invece temi ancora oggi ricordati.

Ci sono così tante cose rimaste impresse di questo film che forse è impossibile elencarle tutte: l’attacco al battello sul Nilo, la goffaggine di Evelyn nella biblioteca al Cairo, la scoperta del sarcofago, il risveglio di Imhotep, il crudele ma giusto destino toccato a Benit, l’adrenalinica sequenza del combattimento aereo contro la tempesta-Imhotep. Il film era praticamente perfetto, e non è un caso se ancora oggi, dopo tanti anni, ritroviamo così spesso nei blockbuster odierni situazioni e interazioni simili, che fanno capire quanto il lavoro di Sommers sia riuscito nel suo intento.

Con oltre 416 milioni di dollari raccolti in tutto il mondo, La Mummia fu un grande successo per Universal, che ovviamente colse la palla al balzo per dare il via immediato a un sequel, La Mummia: Il ritorno. Film che, sebbene esplorasse ancora più a fondo le novità della CGI – nel bene e nel male: l’inseguimento a Londra del bus a due piani con le guardie mummificate di Imhotep era fantastico, mentre il Re Scorpione di Dwayne Johnson popola ancora oggi i nostri incubi -, si dimostrò tuttavia incapace di rinnovarsi, riproponendo una storia un po’ troppo simile a quella del primo capitolo. Ma insomma, comprendiamo anche le difficoltà di Universal: La Mummia era stato probabilmente un successo inaspettato, e settare un sequel completamente innovativo, ora che il pubblico aveva amato tutto questo, era molto difficile.

Ci proverà molto più tardi, con La Mummia: La tomba dell’Imperatore dragone nel 2008, ma l’effetto bomba del franchise era purtroppo sparito, proprio come Rachel Weisz che preferì declinare l’offerta per il trequel senza però venire dimenticata dai fan. E infatti ancora oggi, a 25 anni di distanza, gli appassionati sognano un ritorno di Fraser e Weisz nel mitologico La Mummia 4, film che avrebbe spostato la storia in Perù dopo gli eventi del terzo capitolo. Film che, probabilmente, non vedremo mai, e forse è anche meglio così. Meglio lasciare riposare la Mummia nel suo sarcofago, prima di ripetere errori come il reboot con Tom Cruise del 2017…

Scritto da
Andrea "Geo" Peroni

Entra a contatto con uno strano oggetto chiamato "videogioco" alla tenera età di 5 anni, e da lì in poi la sua mente sarà focalizzata per sempre sul mondo videoludico. Fan sfegatato della serie Kingdom Hearts e della Marvel Comics, che mi divertono fin da bambino. Cacciatore di Trofei DOP.

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