In DCEU Rewind, ripercorriamo la storia del primo universo cinematografico tratto dai fumetti DC, iniziato con Man of Steel e concluso da Aquaman e il Regno Perduto. Ecco i precedenti appuntamenti:
Dunque, così come per sostanzialmente tutti i film del DCEU fino a questo punto, anche Wonder Woman ha avuto una gestazione lunghissima. Pensate che il primo a interessarsene fu addirittura il leggendario Ivan Reitman, regista di commedie cult come Ghostbusters e I Gemelli, che nel 1996 espresso il suo interesse nello sviluppare un adattamento dei fumetti di Wonder Woman come regista e produttore. Quasi dieci anni dopo, più precisamente nel 2005, Joss Whedon viene ingaggiato dalla Warner per occuparsi del film, ma due anni dopo, senza aver ancora scritto una sceneggiatura, viene cacciato. Si accaserà poco dopo alla Marvel, dove si occuperà sia della serie Agents of SHIELD che di un paio di film da 3 miliardi di dollari di incasso, più o meno. Forse ne avete sentito parlare: Avengers e Avengers: Age of Ultron.
Comunque, quando la macchina produttiva del DCEU prende davvero forma dopo Man of Steel, ecco che il progetto fa finalmente il passo decisido: Gal Gadot viene confermata come Diana Prince, mentre il film, scritto da Allan Heinberg con la collaborazione di Zack Snyder e Jason Fuchs, viene diretto da Patty Jenkins. Studiato come prequel dei film usciti fino a quel momento, Wonder Woman avrebbe raccontato la prima incursione di Diana nel mondo degli umani, prima ancora dell’avvento di Batman e Superman, scendendo in campo durante i tragici eventi della seconda guerra mondiale che, in qualche modo, toccava anche la sua terra natia.
Siamo al quarto film del DCEU. Un DCEU che a questo punto aveva già annunciato film su Flash, Aquaman e Cyborg, oltre al The Batman di Ben Affleck e, ovviamente, al mega-crossover Justice League in due parti. Un DCEU che già aveva ricevuto vagonate di critiche per come i precedenti progetti erano stati gestiti ed elaborati, lasciando trasparire una notevole influenza da parte di Warner nel voler rincorrere la concorrenza ma anche errori grossolani dall’egocentrismo snyderiano. Si temeva quindi il peggio anche per Wonder Woman, che, invece, sorprendentemente, funziona in tutto e per tutto.
Chiaro, non siamo di fronte a Quarto Potere o Il Padrino, ma Wonder Woman di Patty Jenkins riusciva a dosare con grande intelligenza gli elementi giusti per un film di origini su un personaggio: una storia leggera ma comunque appassionante, un villain che non ruba la scena, una serie di comprimari perfetti per lo scopo. Praticamente, tutto quello che era mancato ai precedenti film del DCEU, oltre a rappresentare un passo molto avanti per il cinema: si trattava del primo grande cinecomic diretto e con protagonista una donna – o comunque del primo con grande ambizioni, sicuramente più dell’aberrante Elektra con Jennifer Garner.
Wonder Woman è semplice, e già questo bastava a superare ogni altro film del DCEU partito con pompose dichiarazioni e naufragato, chi più chi meno, in realizzazioni poco convincenti. La protagonista, Diana Prince, si affaccia per la prima volta alla razza umana, decidendo di abbandonare la sua mistica isola Themyscira proprio quando il mondo sta affrontando la prima guerra mondiale. Un’Europa devastata dalla Grande Guerra diventa così il teatro per uno scontro che è anche esteticamente perfetto: il grigio e i colori freddi delle trincee e della distruzione vengono contrapposti alle tonalità vivaci e solari di Wonder Woman, che poi guiderà la vittoria finale contro un Ares sorprendente e colpo di scena del film.
La pellicola diretta da Patty Jenkins non è però solo estetica – ottimi anche i costumi, e anzi probabilmente Wonder Woman rappresenta il miglior film solista del DCEU in tal senso. Wonder Woman aveva qualcosa che nessun film dell’universo cinematografico snyderiano aveva avuto: personaggi appassionati e trama ben scritta. Utopia, fino a quel momento, per il DCEU. Un universo che aveva vissuto la scena di Kevin Costner che viene portato via da un tornado. Un universo nel quale viene mandata una ragazza con una mazza da baseball per fermare una divinità ancestrale apocalittica. Tutto, o quasi, poteva andare meglio di questo.
Gal Gadot si trova a suo agio nei panni di Diana, e gli spettatori ne sono affascinati. Non solo per la bellezza della modella e attrice, ma anche perché sembra davvero il primo personaggio portante del DCEU davvero in palla. Merito forse anche della chimica con il suo co-protagonista, Chris Pine, nei panni del Capitano Steve Trevor, capace di catturare sia momenti di umorismo che momenti di dolore. Per non parlare poi del nome a sorpresa, quello di David Thewlis, abile nel dare forma a un villain credibile anche se parliamo del dio della guerra greco Ares.
La pellicola è così: lineare, semplice, senza troppi fronzoli o castelli campati per aria, mai piegata ad assurde logiche produttive o alla necessità di introdurre sequel su sequel, spin-off su spin-off. Le origini di Diana Prince con il suo primo incontro con l’umanità. Fine, stop. Questo era Wonder Woman, film molto classico nelle intenzioni e nella realizzazione, e bello così com’è. Da un DCEU che aveva esagerato già troppe volte in nome di una presunta autorialità, questo era finalmente il passo giusto da fare. Era un film che sapeva prendersi i suoi tempi per raccontare la sua storia. Quello che serviva in vista del futuro.
E dire che eravamo, a questo punto, felici. I fan erano rincuorati. Finalmente il DCEU stava facendo vedere qualcosa di molto valido, per tutto il pubblico. Nessuno avrebbe mai immaginato che il disastro era dietro l’angolo. Appuntamento alla prossima parte con Justice League…
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