“Deadlock is a multiplayer game in early development.”
Questo è tutto ciò Valve ha bisogno di dire per lanciare ufficialmente su Steam il suo gioco segreto-non-più-segreto, come se un nuovo titolo del colosso di Bellevue fosse roba da niente. Come dargli torto però, di fronte a un picco di 100.000 giocatori contemporaneamente (al momento della stesura di questo articolo e in costante crescita) per un gioco senza descrizione al quale è possibile accedere solo tramite invito?
Chiaramente Valve è consapevole dell’enorme hype che ruota intorno ai suoi titoli, e l’uscita di un nuovo gioco multiplayer, dopo il rilancio di Counter-Strike arrivato col suo secondo capitolo e il ritorno della saga di Half-Life con l’acclamatissimo Alyx, non poteva che generare una quantità smodata di aspettative e interesse da parte della community, che ora più che ha mai può vedere concretizzato il ritorno in pianta stabile di Valve nel panorama videoludico e, chissà, magari anche l’uscita di qualche vociferato terzo capitolo…
“Deadlock è un…”
Spendiamo quindi un paio di parole su Deadlock, il nuovo Massive Online Battle Arena del momento.
Inizialmente rumoreggiato in modo erroneo come Hero-shooter sulla falsariga di Overwatch, ci troviamo di fronte a un MOBA con elementi da third-person shooter, che malgrado l’inquadratura ha più elementi da condivedere con DOTA 2 che con lo sparatutto di Blizzard.
Troviamo infatti tutti gli elementi distintivi del genere: due squadre composte da 6 giocatori ognuna, una mappa con due basi agli estremi e un’area di schermaglia centrale, ove orde di minion e Guardiani per ogni fazione dovranno essere farmati e sconfitti per potenziare il proprio personaggio con oggetti e abilità prima di poter procedere con l’assalto finale alla base avversaria.
Si potrebbe dire che questo è quanto! Valve non sembra voler reinventare la ruota, e Deadlock non si discosta più di tanto dai campioni del genere giocati costantemente da milioni di persone.
Il punto è che Valve non sembra nemmeno conoscere la parola “mediocrità” e, come per ogni altro suo gioco, Deadlock sembra già godere di quella qualità eccelsa e difficile da descrivere che contraddistingue i suoi titoli.
Si capisce fin da subito di avere tra le mani un prodotto curato, ragionato nel dettaglio, che restituisce un ritmo fantastico nella durata dei suoi match, anche a chi non è avvezzo al genere.
“Quando fai le cose per bene, nessuno sospetterà che tu abbia fatto realmente qualcosa”; questa frase sembra inglobare perfettamente il concetto dell’operato di Valve, perché è difficile spiegare cosa spinga a fare ancora un altro match, provare ancora un altro eroe, provare a puntare ancora su un’altra abilità in Deadlock.
La giornata tipo
Quindi via con 21 eroi disponibili (con altri già in arrivo), divisi in ruoli da Tank, DPS e Healer, ognuno con abilità uniche (tra cui la “4” o Ultimate tipica del genere) e una sola (per ora), grande mappa percorribile attraverso quattro teleferiche in grado di trasportarvi direttamente nella giungla per tuffarvi nelle schermaglie.
Una tipica partita prevede un inizio dove si farmano i minion avversari, con una meccanica di “kill steal” che permette di rubare parte dei punti esperienza delle uccisioni compiute dai nemici sparando alle “anime” che volano verso il cielo quando si elimina qualcuno.
Raccolta abbastanza esperienza ci si avvia in uno dei negozi sparsi per la mappa, dove è possibile acquistare una varietà enorme di oggetti e migliorie per le proprie abilità. Arriva quindi il momento di far fuori i Guardiani avversari, dei mid-boss di sorta che stanno a difesa del percorso verso la base nemica.
Una volta tolti di mezzo (sempre con la possibilità di scontrarsi con giocatori della squadra opposta), arriva la parte finale del gioco, dove si parte all’attacco dell’artefatto custodito nella base. Tutto questo ovviamente considerando anche il rovescio della medaglia, ovvero la difesa del proprio territorio, in partite della durata media di 40 minuti.
Sembrano intangibili e sicuramente leggerli in un articolo non rende l’idea, ma ci sono già tutti gli elementi che spingevano a fare centinaia di ore su giochi come Left 4 Dead 2, malgrado una decina di mappe conosciute a memoria, o a esplorare tutti i tecnicismi e le sinergie di un Team Fortress 2. La ricetta Valve ha la peculiarità di sembrare invariata eppure risultare nuova a ogni assaggio.
Il concetto di hype in casa Valve
In costante aggiornamento, pur essendo già un prodotto altamente rifinito, Deadlock non sarebbe nemmeno da considerarsi uscito ufficialmente, eppure non si può fare a meno che volare alti con l’aspettativa. Il terzo gioco Valve in pochi anni, che anche a questo giro ha restituito una marea di datamining su un nuovo capitolo di Half-Life e su Left 4 Dead 3, ci porta con la fantasia verso sogni di una Orange Box 2.
E ci mancherebbe non fosse così, perché malgrado i tentativi di Valve di giocare al ribasso con le sue uscite, la storia insegna che un nuovo gioco dal team di Gabe Newell rischia sempre di essere epocale.
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