Call of Duty cambia qui. Cambiano tante cose. Sembra tutto uguale a prima, e invece non lo è. Cambia perché ora Microsoft, dopo aver sborsato quasi 70 miliardi di dollaroni per acquisire Activision Blizzard King, ha ora il controllo totale di questo franchise, che comunque resta multipiattaforma. Cambia perché fa parte di una nuova strategia, quella di improntare maggiormente il gioco sui servizi come Game Pass. Cambia perché Treyarch, per la prima volta nella storia del brand, ha avuto a disposizione ben 4 anni per lavorare al titolo. E i risultati, per fortuna, si vedono tutti.
Black Ops 6 era un titolo davvero molto atteso dalla community di Call of Duty, non solo perché i creatori della saga tornano al timone dopo tanti anni (l’ultima volta era stato con Black Ops Cold War, in piena pandemia), ma anche perché il trio Vanguard-MW2-MW3 ha lasciato molti con l’amaro in bocca. Il titolo di Sledgehammer Games ha peccato notevolmente sotto tanti punti di vista, MW2 ha esagerato certi aspetti, MW3 ha peccato sotto tanti altri, risultando perfetto per una fetta di utenti e odioso per un’altra.
Stavolta gli intenti sono diversi, sono quelli di un team che vuole ritrovare la sua identità e la sua creatività dopo essere stato oberato di lavoro nel triennio 2018-2020 senza lasciare un attimo di respiro – e vedendo partire vari nomi storici del team come Jason Blundell, uno dei grandi autori della modalità Zombies e dell’esplosione del brand di Black Ops. Vediamo insieme se Treyarch è riuscita nell’impresa, con una ricca recensione dedicata al gioco da poco pubblicato.
Versione provata: PS5.
Un thriller in pieno stile Black Ops
La recensione della campagna è di Lorenzo Bologna
La campagna di Black Ops 6 riprende quasi direttamente dopo gli eventi di Cold War e Black Ops II. Dunque, per darvi un’idea più chiara, la timeline del franchise è Black Ops, Cold War, Black Ops 2, Black Ops 6, Black Ops 4 e Black Ops 3. Gli eventi di Cold War come noto sono ambientati nel 1981, mentre Black Ops 2, perlomeno per quanto riguarda i flashback, è ambientato nel 1989. Si riparte insomma da questo arco temporale, in quanto gli eventi sono concentrati nel 1991.
Frank Woods, ferito e messo in disparte dalla CIA per una falsa accusa di tradimento, dirige un piccolo nucleo di outsiders composto inizialmente da Troy Marshall e dal silente (ed inedito) protagonista William “Case” Calderon. Insieme a vecchi e nuovi volti, la squadra è chiamata ad investigare su un emergente gruppo militare, desideroso di gettare nel caos gli Stati Uniti per mezzo di una misteriosa e pericolosa arma. Già da questo incipit, è possibile notare come gli ingredienti chiamati spionaggio, coinvolgimento e scrittura si amalgamano perfettamente ancora una volta, in modo da formare un piatto appetitoso ed assolutamente non banale.
Dopo l’estrema delusione di MW3 del 2023, che proponeva una campagna single player indecorosa per questa serie e per il nome che il gioco portava, Treyarch torna su binari decisamente più consoni, focalizzandosi su uno dei due aspetti fondamentali utili per catturare l’interesse del pubblico: il ritmo. Le undici spedizioni che compongono il single player di Black Ops 6, godono di una scrittura degna di una spy story hollywoodiana, in quanto capaci di gestire magistralmente i momenti di narrazione con quelli meramente adibiti all’azione. Tale palcoscenico è fortunatamente sorretto dall’altra qualità necessaria per calamitare l’attenzione degli utenti: la varietà.
L’esperienza in solo presenta difatti missioni più longeve e dagli obiettivi sempre differenti, alla pari del contesto in cui sono inserite. Il team americano ha saputo collocare sapientemente fasi di infiltrazione a momenti di battaglia diretta con le orde nemiche, per poi arrivare addirittura ad un contesto semi open world con svariati compiti da completare in un’area aperta, che poco (per fortuna) hanno a che fare con MW3.
La trama di Black Ops 6 vede le proprie vicende svolgersi non solo attraverso le varie spedizioni, ma anche all’interno dell’hub. Una villa in Bulgaria rappresenta infatti il punto di partenza per ogni attività, dando modo anche di interagire con i vari compagni. Grazie a diverse opzioni di dialogo, utili per approfondire ulteriormente il background dei personaggi coinvolti, la scelta di Treyarch si rivela oculata, in quanto consente di legare maggiormente con gli NPC.
Allo stesso tempo nella magione, in pieno stile Black Ops 2, viene concessa la possibilità di acquistare dei potenziamenti permanenti per il protagonista, così da incrementare l’efficacia dell’equipaggiamento e quindi le chances di sopravvivenza. Il denaro, recuperabile durante l’esplorazione dei vari scenari oppure dall’eliminazione dei nemici più coriacei, permette di conseguenza una gestione diretta e personalizzata della dinamica di gioco, che si adatta coscienziosamente allo stile dell’utente.
Call of Duty: Black Ops 6 è riuscito insomma a riportare in auge una modalità a giocatore singolo spesso sottotono e superficiale. Gli anni di sviluppo concessi a Treyarch hanno dato i propri frutti, consegnando agli appassionati una storia avvincente, convincente ed appassionante. Se a questo aggiungiamo una durata oltre la media per il genere (7-8 ore circa), non si può fare altro che rimanere ancora più soddisfatti del piccolo miracolo compiuto dalla software house di Santa Monica, che potrebbe ora aver fissato un nuovo metro di paragone per le prossime campagne della serie FPS.
L’Omnimovement esalta, le mappe PvP spaccano (non diciamo cosa)
La grande novità di Black Ops 6 è senza dubbio l’Omnimovement, sistema di spostamento che porta all’estremo ogni situazione e acrobazia. Ciò segna un solco tra il passato di COD (che già ai tempi della deriva futuristica aveva saputo differenziarsi notevolmente) e quello che sarà il futuro, con l’Omnimovement che quasi certamente caratterizzerà anche i prossimi giochi della serie. Andiamo però con ordine, perché queste novità portano dei pro e dei contro – e non solo quelle.
La formula generale è invariata. I veterani della serie non si trovano di fronte a stravolgimenti nel concept di Call of Duty (avrebbe senso farlo, considerando le oltre 30 milioni di copie che ogni anno la serie macina?), ma ciò che soddisfa maggiormente stavolta, oltre al fatto che finalmente torna il sistema tradizionale dei Prestigi che tanto ci hanno fatto sudare, è il gunplay. Treyarch ha sempre fatto scuola sotto questo punto di vista, pensiamo banalmente alle splendide armi di Black Ops 3 che, pur cambiando il suo sistema di movimento, risultava un’evoluzione naturalissima.
Le armi sembrano molto più versatili e leggere di quelle viste in MW3, facendo un confronto con il passato più recente, e l’impatto è notevole. Vibrazioni immersive ed effetti sonori fanno il resto, rendendo la gioia dell’headshot con qualsiasi arma una vera gioia. A perdere forse in questo caso, rispetto al titolo di Sledgehammer Games, è stata la varietà effettiva delle armi. Scegliendo uno qualsiasi dei fucili d’assalto, non si percepisce un reale distacco dalla precedente bocca da fuoco utilizzata.
Va detto che Sledgehammer Games in particolare ha avuto molto più tempo per lavorare a questo aspetto, non dovendosi curare delle mappe – ricordiamo che MW3, al lancio, proponeva le esatte riproposizioni delle mappe di Modern Warfare 2 del 2009. Detto questo, anche il time-to-kill sembra aver raggiunto il compromesso migliore. I nemici muoiono abbastanza velocemente da far continuare l’azione, ma resta una finestra di tempo utile per reagire e cambiare le cose se si viene colpiti per primi. È stato leggermente accelerato rispetto all’anno scorso, e questo richiede un piccolo periodo di adattamento dopo migliaia di partite di MW3, tuttavia, il TTK più veloce funziona magnificamente con il movimento più veloce in Black Ops 6.
Ma veniamo ora al vero nocciolo della questione, quello che porta il maggior senso di novità: l’Omnimovement. Che funziona, bene e tanto. Non sbilancia, non rende ingiocabile l’esperienza per i neofiti o per i veterani, ma è invece una dinamica che fluidifica ancora di più l’esperienza e implementa possibilità inedite per i giocatori, senza stravolgere il gameplay. Ora, non sappiamo ancora il reale impatto di questo nuovo sistema di movimento, e in particolare se la sua costruzione ed evoluzione cambierà gli equilibri. Per il momento, però, risulta essere solo una delle tante possibilità, e non l’unica e imprescindibile meccanica da apprendere e padroneggiare come invece capitava con i jetpack nell’era futuristica del franchise. I riflessi rapidi e la precisione sono ancora fondamentali, ma si può tranquillamente puntare a vincere senza per forza apprendere ogni singolo segreto di questo omnimovement. A meno che non si parli di determinate mappe, ecco. E qui le cose cambiano.
È strano fare questo discorso, se pensiamo che Treyarch ha creato alcune delle mappe più iconiche della storia di Call of Duty. Raid, Hijacked, Firing Range, Slums, Summit, Nuketown – tornerà tra pochi giorni, tranquilli. Eppure, le mappe di Black Ops 6 sono a oggi il vero punto negativo dell’esperienza multiplayer: un design elementarissimo, dimensioni spesso eccessivamente ridotte, e tantissimi punti di spawn da rivedere completamente.
Sebbene siano tutte contraddistinte da uno stile unico, che le differenzia le une dalle altre, le mappe mancano di tanta fluidità, oppure ne presentano anche troppa. Sono anche molto più piccole di quelle che abbiamo visto negli ultimi anni, quando Infinity Ward soprattutto ha cercato di evolvere il design – in funzione di Warzone, ricordiamo. Il senso di claustrofobia è ricorrente, e in alcune location anche una pausa di qualche secondo può portare alla morte. Persino la scelta dell’arma a inizio partita. Sapete quante volte sono morto per una semtex lanciata istantaneamente da una parte all’altra della mappa, che in alcuni casi sono qualcosa come 10 metri?
In tal senso, anche i punti di spawn e respawn sono quelli sui quali Treyarch dovrà intervenire al più presto, poiché alcune modalità, in varie mappe, risultano totalmente sbilanciate sotto questo profilo. Mappe come Babylon risultano ad esempio totalmente ingiocabili se affrontate senza un team in grado di gestire modalità come Dominio, poiché il senso di claustrofobia e inefficacia risalta dopo pochi secondi dall’inizio di una partita capace di andare storta dal primo all’ultimo minuto senza che possiate fare assolutamente nulla.
Non tutte le mappe sono così estreme, per fortuna. Forse quella più riuscita, o comunque quella capace di divertire maggiormente, è Lowtown, ambientata in quella che potrebbe essere Venezia. Detto questo, probabilmente nessuna di queste nuove mappe passerà alla storia: i problemi ci sono, e sembra che Treyarch si sia più concentrata nel creare un sacco di nuove Shipment piuttosto che esprimere una reale idea di design più complessa.
Ma forse, e qui urge una riflessione, è proprio Call of Duty a essere cambiato. Confrontandoci con i nostri spettatori e lettori, ad esempio, abbiamo notato che le impressioni legate alle mappe PvP di Black Ops 6 sono diametralmente opposte tra la vecchia guardia e i giocatori più giovani: i primi sono più affini a mappe più elaborate (non troppo, anche perché in BO6 non ce ne sono), i secondi amano alla follia ambienti più piccoli come la discussa Babylon. Il che è folle se si pensa al successo di Warzone, che presenta mappe gigantesche. Forse la serie è cambiata talmente velocemente che neppure noi, grandi fan storici del brand (chi scrive ha giocato qualsiasi cosa a tema Call of Duty, persino roba come Black Ops Declassified), siamo riusciti a stare dietro a questa evoluzione. Intendiamoci: le mappe restano comunque un problema, e con tanti difetti (anche grafici, ma questo è un problema legato a un motore ormai anzianotto). Ma dire quale è migliore e quale è peggiore diventa quasi un’impresa, pensando ai gusti di tutti.
Completano il pacchetto alcune nuove modalità come Esecuzione, che richiede ai giocatori di eliminare un determinato bersaglio nemico per ottenere più punti, e Faccia a Faccia, una variante 6v6 su mappe Strike con serie di punti disattivate. Torna anche Scontro 2v2, per la felicità di molti. In futuro arriveranno poi altre novità – che in effetti sono già iniziate, perché la storica mappa Nuketown e la modalità Infetto sono state lanciate questa settimana.
Sul fronte del bilanciamento, si segnala però un problema esageratamente importante in questo momento, e sul quale Treyarch dovrà lavorare al più presto. Selezionando i perk delle classi, c’è la possibilità di sbloccare una quarta abilità extra (chiamata Categoria) tra Esecutore, Stratega e Ricognitore. Proprio quest’ultima risulta essere troppo potente, sbilanciata e senza una possibilità di contrattaccare in modo efficace. Per chi non lo sapesse, Ricognitore consente, dopo un rientro, di vedere i nemici attraverso le pareti per un breve tempo, oltre ad altre funzioni. Capirete insomma che c’è un motivo se in molti si ritrovano a lamentare l’estrema potenza di questo perk aggiuntivo, che rompe eccessivamente il gioco e per il quale non esiste un contrattacco.
Resta inoltre l’immancabile SBMM, o Skill Based Matchmaking, l’algoritmo cioè di ricerca dei giocatori nelle lobby multiplayer che cerca di trovare il miglior abbinamento possibile per la partita. La verità è che non si capisce ancora fino a quando e per quanto questo sistema funzioni davvero. Spesso si passa con troppa frequenza da partite che appaiono eccessivamente facili ad altre impossibili da completare con un rateo positivo, ma del resto perché discuterne? Activision ha già detto che non intende assolutamente abbandonare questo sistema, che piaccia o no. E a noi, a dire il vero, non piace particolarmente.
Zombies in gran spolvero (ma…)
Dunque, occorre fare un ricco approfondimento quando si parla della modalità Zombies di Black Ops 6, anche perché Treyarch, sin dai tempi di World at War, ha fatto di questa esperienza un momento fondamentale nella storia dei suoi videogiochi. Dopo l’abominevole modalità vista in Vanguard e la sperimentale Modern Warfare Zombies, Treyarch torna su binari molto classici ma allo stesso tempo ricordandosi che con Cold War era iniziata un’evoluzione repentina e forse inevitabile per le meccaniche di gioco: mappe round based, classi da selezionare prima di una partita, equipaggiamenti da costruire, nessun limite di perk, e così via.
Le basi di Cold War sono rimaste sostanzialmente invariate, se non fosse ad esempio per alcuni lievi cambiamenti nella gestione dell’armatura, qui molto più pulita e pratica, e dell’inventario. Tornano inoltre le Gobblegum, a grande richiesta dopo quasi 10 anni dalla loro apparizione in Call of Duty: Black Ops 3, che conferiscono alcune abilità extra temporanee o permanenti a seconda della rarità della caramella. Possiamo così ottenere un 2x punti, un bonus morte istantanea, o la sicurezza di avere una wonder weapon dalla cassa misteriosa al prossimo utilizzo, che sia una classica Ray Gun oppure una delle nuove armi strabilianti – una di queste è la Jet Gun già vista su TranZit di Black Ops 2, nel più classico dei ricicli di asset.
Ecco, a tal proposito: il riciclo di asset, inevitabilmente, c’è. Ma è anche giusto, da un certo punto di vista, che ci sia. La presenza ad esempio dei Laceranti e degli Abomini, così come quella dei Parasite di Black Ops 3, segna un punto di continuità con Cold War e la piega intrapresa dalla modalità, esattamente come per quanto riguarda alcune meccaniche come la già citata corazza per la protezione o il potenziamento di bibite ed equipaggiamenti speciali. Dal menù principale occorre infatti selezionare un particolare ambito della ricerca e potenziare progressivamente questi bonus. In realtà, l’unica cosa da fare è giocare, giocare e ancora giocare, esattamente come accadeva in Cold War ma senza il bisogno di trovare i famosi cristalli di Etherium legati in precedenza a specifici round raggiunti.
Fin qui, sembra che la situazione sia invariata rispetto a Cold War, ma non è così. Sebbene le atmosfere e l’impatto artistico siano totalmente distanti da quelli di un Black Ops 3 o un BO4, come già Cold War del resto, Treyarch ha però deciso di cercare di accontentare un pubblico molto vasto, riuscendoci.
La modalità si presenta con due mappe in questo day one, vale a dire Terminus e Liberty Falls. Due ambientazioni diametralmente opposte: la prima è un’isola-prigione con laboratori segreti, un vasto arcipelago da visitare, una boss fight epica e tantissime chicche e segreti da scoprire (e protagonisti con personalità, finalmente); la seconda è invece di dimensioni molto più contenute, ambientata in una cittadina della Virginia Occidentale dove il misterioso Progetto Janus di Edward Richtofen ha preso una piega decisamente inaspettata. E mentre Terminus è decisamente hardcore come esperienza, Liberty Falls è la mappa più casual, adatta a tutti, semplice nel concept e nella realizzazione ma comunque capace di divertire, cosa che si rispecchia anche nei due main easter egg di cui trovate le guide sul nostro sito e il nostro canale YouTube.
L’impatto con Black Ops 6 Zombies è insomma decisamente positivo, e la tendenza di costruire due ambientazioni così differenti negli intenti e nella sostanza ha funzionato. Addirittura, Treyarch stessa ha rilevato che Liberty Falls è la mappa più seguita dai fan tra Twitch e altre piattaforme social, segno che la modalità si è spostata finalmente anche verso il pubblico più casual. Ottima, però, anche l’idea di ascoltare finalmente la storica community, che con Terminus ha di fronte a sé una mappa molto più complessa, dark e difficile, cosa che in Cold War era stata abbandonata in favore, appunto, di un approccio molto più adatto al grande pubblico. Bene, benissimo: che il supporto post-lancio di BO6 continui in questa direzione, anche se non neghiamo che la magia e la direzione artistica dei precedenti capitoli Zombies di Black Ops erano decisamente a un altro livello.
Review Overview
Riassunto
Call of Duty: Black Ops segna un grande ritorno per il franchise di Treyarch, oltre che un importantissimo segnale di ripartenza dopo un MW3 fatto di e con pigrizia. La campagna single player è appassionante, il multiplayer diverte in tutte le sue forme, e la modalità Zombies si adatta a tutti i palati, dai fan storici a quelli nuovi. Un grande COD.
Pro
Gameplay rinnovato e divertente La campagna esalta il thriller di Black Ops Zombies si è perfezionatoContro
Il motore grafico è vecchio Mappe PvP davvero sotto gli standard Lo SBMM è sempre qui e non ci piace- Concept & Trama8.5
- Gameplay9
- Comparto Artistico7.5
- Comparto Tecnico8
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