Ci sono momenti nella carriera di un videogiocatore capaci di rimanere impressi per sempre nella mente. Che si tratti di un titolo in grado di fare breccia sulle emozioni dell’utente oppure il ritorno di un’amata saga dopo anni ed anni di attesa, le sensazioni che il medium è in grado di generare sugli appassionati è qualcosa di difficilmente descrivibile. Per molti queste positive vibes si sono immediatamente accese dopo l’annuncio, da parte di Square Enix, della Dragon Quest 2D HD Erdrick Trilogy, ossia una raccolta rinnovata appositamente studiata per proporre in chiave moderna i primi tre capitoli del famosissimo franchise GDR.
L’aprifila destinato di questo goloso pacchetto è Dragon Quest 3 che, nonostante il numero, è cronologicamente il primo episodio del trittico. Le altre due esperienze saranno infatti rese disponibili in un ancora non precisato periodo del 2025. Riportati alla luce in salsa bidimensionale da ARTDINK & SQEX Team Asano (responsabili anche degli apprezzati Octopath Traveler e di Bravely Default), le produzioni giapponesi mirano ad abbracciare un pubblico più ampio possibile, composto sia dagli amanti dell’IP e sia da potenziali neofiti, che possono trovare in queste riproposizioni lo stimolo giusto per avvicinarsi alla serie.
Sarà quindi riuscita la missione del Drago? Scopriamolo insieme nella nostra recensione dedicata!
Versione provata: PlayStation 5 Pro
L’avventura dell’eroe silenzioso
Dal punto di vista della trama, Dragon Quest 3 inizia raccontando che, diversi anni prima, il grande Ortega lasciò la sua famiglia per intraprendere una grande missione, ovvero sconfiggere il pericolosissimo Padramos. Purtroppo, l’eroe fallì nella sua impresa e l’Ultrademone iniziò a minacciare pesantemente il mondo intero, attraverso una vera e propria invasione di mostri.
Il protagonista, ossia il figlio di Ortega, appena compiuti sedici anni viene quindi convocato dal Re di Aliahan per vedersi affidata una richiesta di grandissima importanza: seguire le orme del padre in modo da sconfiggere Padramos e salvare tutto il creato dalla terribile piaga creata dal nemico.
Il canovaccio narrativo della produzione Square Enix mette in scena una situazione abbastanza basilare, che come in molti casi funge unicamente come espediente per giustificare l’avventura. Da buon GDR, il titolo aggiunge naturalmente frammenti di storia progredendo, ma purtroppo lo fa con eccessiva parsimonia, diluendo eccessivamente le vicende e finendo per farle perdere di mordente. Da questo lato, l’eccessiva fedeltà all’opera originale si scontra quindi con un metodo di racconto non più al passo con i tempi e che potrebbe non coinvolgere in maniera significativa il pubblico più giovane.
Gruppo Di Ruolo
A differenza di quanto ci si potrebbe aspettare, fatta eccezione per il protagonista, il party (composto da altri tre elementi) viene completamente scelto dal giocatore. Se da un lato questa feature dona una totale libertà di scelta all’utente, dall’altra non fa altro che rendere ancora più anonimi i personaggi, rendendoli di fatto delle mere pedine, utili solo a ricevere ordini durante le battaglie.
Tuttavia, ciò che caratterizza maggiormente la gestione del gruppo sono le Vocazioni, ossia un sistema di classi in grado di far specializzare un determinato membro (eroe a parte) in una delle otto categorie specifiche, le quali consentono di apprendere peculiari abilità e mosse (alcune sono segrete e quindi da scoprire prima di poterle impiegare). La vera svolta si concretizza però una volta raggiunto una particolare location: all’interno dell’Abbazia Mutationis, è infatti possibile cambiare a piacimento la vocazione di un alleato, in modo da svilupparne ulteriormente i poteri. Per quanto tale operazione riporti al grado 1 il combattente, questo mantiene una parte delle statistiche raggiunte e tutte le abilità imparate fino a quel momento.
Durante le esplorazioni dei vari sotterranei e del mondo aperto (anche qui votato al passato come design, con i personaggi che camminano letteralmente sulla mappa di gioco), a fare la parte del leone sono naturalmente gli scontri con i nemici, i quali mantengono l’altrettanto classica formula degli incontri casuali. Le numerose battaglie a turni che Dragon Quest 3 HD-2D Remake mette in campo sono proposte con una visuale in prima persona sugli avversari, in cui si possono vedere solo ed esclusivamente gli effetti delle mosse impiegate, senza alcun altro tipo di animazione da parte degli eroi.
Per quello che concerne i dungeon, questi hanno oiù o meno un comun denominatore. Ogni ambiente è rappresentato come una sorta di dedalo a più piani, all’interno del quale sono contenuti svariati forzieri ed un’unica strada da percorrere. Lo sviluppo del level design è di conseguenza quasi totalmente verticale, e ciò lo si può comprendere meglio dalle abbastanza discutibili scelte fatte dagli sviluppatori di consentire le cadute. Nel caso in cui si superasse infatti il bordo di un palazzo o di un piano, il gruppo cadrà rovinosamente, costringendo a ripercorrere nuovamente la strada fatta in precedenza.
Ad ulteriore condensazione di quanto appena esposto, le attività da svolgere si possono riassumere fondamentalmente in: esplorazione, recupero di un determinato oggetto ed eliminazione del boss di turno.
Mostruose novità
I ragazzi di Artdink hanno aggiunto, stavolta in maniera inedita rispetto all’opera originale, delle impostazioni utili a velocizzare il tempo del duello, così come delle tattiche preimpostate (molto simili ai Gambit) utili per far agire in autonomia i combattenti, alleggerendo di molto l’impegno dell’utente nei casi ritenuti meno rilevanti. Da elogiare anche la possibilità di modificare in qualsiasi momento la difficoltà, caratteristica capace di rendere la produzione accessibile anche a coloro che non masticano troppo il genere di appartenenza o la gestione del party.
Allo stesso tempo, la nuova veste dell’interazione porta con sé altre novità, come ad esempio la nuova Vocazione del Domamostri, l’Arena dei Mostri (in cui si potranno far scendere in campo le creature amichevoli disseminate per il mondo) e qualche episodio narrativo utile per approfondire il rapporto tra l’eroe ed il padre scomparso.
Classe aggiuntiva a parte, va detto che i contenuti introdotti in questo remake non sconvolgono eccessivamente l’esperienza, limitandosi ad essere degli extra graditi ma non così indispensabili, vista la loro limitata presenza ed incisività nel complesso. Per quanto infatti la lotta tra mostri sia un’idea azzeccata, la realizzazione pratica la derubrica ad un minigioco che lascia il tempo che trova, probabilmente addirittura mancabile per i giocatori meno attenti.
Un salto di oltre trent’anni?
Come già precisato sopra, il lavoro compiuto dal team giapponese non è affatto insufficiente, ma percorre forse eccessivamente la via della fedeltà, soprattutto nelle meccaniche. Se dal punto di vista estetico gli sprite dei personaggi e delle creature godono di un’animazione rivista e più che godibile, dall’altro lato si palesano strutture di gameplay che ormai soccombono sotto il peso degli anni e che potrebbero non abbracciare tutto il pubblico a cui l’opera ambisce.
Buono, come spesso accade per un titolo di Dragon Quest, il comparto sonoro, anche se le musiche non sono poi così variegate come in altri capitoli. Ad esempio, manca una traccia dedicata alle bossfight, per le quali viene quasi sempre impiegata quella relativa alle battaglie normali. Ciononostante, il tema classico delle composizioni accompagna in maniera soddisfacente durante tutte le trenta ore necessarie per raggiungere i titoli di coda.
Ultimo aspetto da riportare è la presenza delle ormai canoniche opzioni grafiche che prediligono la qualità grafica rispetto al framerate o viceversa. Sinceramente un po’ stupisce questa possibilità, visto che si parla comunque di un titolo in simil pixelart, che quindi non beneficia troppo di una delle due scelte.
Ringraziamo Square Enix per il codice review fornitoci.
Review Overview
Riassunto
Dragon Quest 3 HD-2D Remake è un prodotto che riesce in parte nel suo intento. Per quanto infatti la realizzazione tecnica ed artistica colga appieno il bersaglio, i ragazzi di Artdink si sono limitati a smussare solo alcuni angoli della produzione originale, lasciando tuttavia alcune meccaniche di interazione ormai arcaiche. Gli appassionati dei GDR vecchia scuola saranno quindi più che soddisfatti del lavoro fatto, al contrario probabilmente dei neofiti.
Pro
Artisticamente pregevole Le Vocazioni sono qualcosa di funzionale ed azzeccato Accessibile a tutti È Dragon Quest...Contro
La storia non è di certo tra le più memorabili ...del passato- Concept & Trama7
- Gameplay7.5
- Comparto Artistico8.5
- Comparto Tecnico8
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