A coronamento di un importante anno per Xbox, è finalmente tempo per uno dei più grandi avventurieri della storia addentrarsi nei meandri dell’ecosistema verdecrociato. Sono passati ormai diversi anni da quando il conglomerato di Redmond è entrato in possesso di ZeniMax, e con essa, ovviamente, anche MachineGames. Eppure, solo oggi gli autori del fortunatissimo rilancio di Wolfenstein tornano finalmente in azione.
Dopo molti anni di lavoro e di attesa dal fatidico annuncio arrivato nel gennaio 2021, quasi quattro anni fa quindi, è infatti finalmente giunto il momento per il team di cimentarsi con la loro nuova impresa, e segnare il ritorno di Indiana Jones nel mondo dei videogiochi. L’iconico archeologo del cinema, reso celebre dall’interpretazione di Harrison Ford, è lontano dai nostri schermi da molto tempo. No, chiaramente non parliamo del grande schermo: il fallimentare quinto e ultimo film Indiana Jones e il Quadrante del Destino, che ha provocato un cratere finanziario nei conti di Lucasfilm e Disney, è uscito l’anno scorso, chiudendo per sempre (?) la storia di Indy al cinema. Stavolta no, si parla di videogiochi.
Come abbiamo avuto modo di raccontarvi nelle nostre lunghe retrospettive dedicate (Parte 1 e Parte 2), nonostante Indiana Jones incarni lo spirito dell’avventura, questo non si imbarca in una nuova impresa in formato videoludico da tantissimi anni, da quel lontano LEGO Indiana Jones 2 del 2009. E quando Bethesda e Disney annunciarono la partnership a sorpresa, il treno dell’hype si è così messo in moto, spinto dall’irrefrenabile desiderio di vedere finalmente il dr. Jones in tutto il suo splendore, e nelle mani di una software house che negli anni ha saputo regalare grandissime esperienze. Le ambizioni, tuttavia, ora sono diverse, così come la struttura di gioco che poco ha a che vedere con Wolfenstein, pur lasciando intravedere l’influenza di questa importante serie. Ma bando alle ciance, ci sarà modo di approfondire questo aspetto. Ora è tempo di discutere. Ora è tempo di raccontarvi Indiana Jones e l’Antico Cerchio in tutto e per tutto, dopo averlo giocato, ultimato e analizzato. Ecco quindi la nostra recensione dell’attesissimo nuovo titolo degli Xbox Game Studios.
Versione provata: Xbox Series S
Dovrebbe stare in un museo
Come in tutte le grandi storie di Indy, l’archeologia e le grandi leggende, miste al tocco di religione e spiritualità che da sempre contraddistingue i film e le opere dell’avventuriero americano, si intersecano anche stavolta per una caccia al tesoro. O meglio, c’è una catena di eventi apparentemente sconnessi tra loro che si rivelano essere in qualche modo collegati.
Dopo un prologo che fa da tutorial e offre un bellissimo richiamo al passato (in tutti i sensi, chi giocherà capirà), l’azione si sposta al presente – il presente del gioco, chiaramente, che si rivela essere il 1937. Henry Walton Jones Jr, anche conosciuto come Indiana Jones, lavora al Marshall College insieme al suo fidato amico e collega Marcus Brody, il quale sospetta che Indy non sia al meglio delle sue energie – per dare un po’ di contesto: l’archeologo, che solo un anno prima aveva trovato l’Arca dell’Alleanza, si è lasciato con l’amata Marion Ravenwood, e ora vuole colmare il suo vuoto sentimentale ed esistenziale con il lavoro. Detto, fatto: in una buia e tempestosa notte, qualcuno penetra all’interno del college, dirigendosi dritto verso la sezione dell’Antico Egitto. E non un qualcuno qualsiasi, bensì un colossale essere umano, un gigante come viene definito, che tramortisce Indy e fugge insieme a un’apparentemente insignificante statua di un gatto.
Indiana fa quindi la cosa che tutti ci aspettiamo, ossia prepara i bagagli, mette cappello e frusta in valigia, e si prepara a visitare il luogo più logico da raggiungere se a sparire è un manufatto egizio: il Vaticano. Sì, sembra avere molto poco senso questa destinazione, ma Locus, il gigante che Indy ha affrontato poche ore prima, possiede alcune imprevedibili connessioni con lo stato pontificio, in questo momento storico sotto l’influenza di Mussolini ma anche sede di segreti ancestrali e oscuri ancora celati agli occhi degli uomini. E se si pensa quanto Indy abbia avuto da ridire con i nazisti, sempre alla ricerca di antichi manufatti, è ora chiaro che il coinvolgimento delle Camicie Nere abbia un ruolo particolare in tutto questo. Del resto, che siano fascisti, nazisti o comunisti, a Indiana poco importa: se le antichità dai grandi poteri sono in pericolo, occorre fermare chi vuole approfittarne.
Quello che fa poi da sfondo all’intera vicenda è una teoria ancora oggi oggetto di dibattito, l’Antico Cerchio, una serie cioè di siti archeologici sparsi in tutto il mondo ma che, in qualche modo, appaiono stranamente allineati intorno al globo come a formare, appunto, un grande cerchio. Leggenda o realtà? Le storie di Indy si sono sempre dedicate alla fusione di questi due aspetti, e la produzione di MachineGames non fa differenza. Lo spirito avventuroso e il mistero perdurano in tutto l’arco della trama, che si dipana attraverso ambientazioni distanti ma connesse tra loro dal sottile filo dell’Antico Cerchio e della squadra di Emmerich Voss, spietato archeologo nazista intenzionato a carpirne i segreti. Si sprecano così le analogie con i film, in particolare I predatori dell’Arca perduta, col quale L’Antico Cerchio condivide molti aspetti e risvolti. Uno di questi tocca anche Gina Lombardi, reporter investigativa interpretata dall’italiana Alessandra Mastronardi (ma non da lei doppiata nella nostra lingua, il che è comunque un mistero), che intreccia il suo cammino sulle tracce della sorella scomparsa con quelle di Indy e Voss.
Ne esce così fuori quello che ha tutta l’aria di essere un grande e appassionante film, non compresso in rigidi tempi come quelli hollywoodiani ma capace invece di adattarsi alle dinamiche videoludiche proponendo un’esperienza senza soluzioni di continuità e intrattenente dall’inizio fino alla fine. Lo spirito avventuroso di Indiana Jones seppe conquistare grazie ai suoi misteri, e a come questi sapevano interagire con la storia attuale e quella del passato, intrecciandosi con le leggende, i miti e perché no anche la magia, il tutto sostenuto da un grande cast. E L’Antico Cerchio funziona. Diamine se funziona. La voglia di scoprire cosa possa unire tutti i pezzi del mosaico che Indy trova sul suo cammino perdura per tutto l’arco della narrazione, in un lungo e appassionato racconto di circa 15 ore che segue anche i classici ma perfetti cliché dell’archeologia jonesiana: enigmi, amori, manufatti antichissimi, scazzottate.
Una ricetta a dir poco perfetta per come è stata poi amalgamata con le sequenze di gioco, complice anche una grande recitazione e una sceneggiatura importante – ottimo anche il doppiaggio italiano, intenso e immersivo, con Alessandro d’Errico che raccogliere l’eredità del grandissimo Michele Gammino oggi poco adatto alla voce del giovane Indiana. Uno spettacolo fatto di colpi di scena, puzzle da risolvere e difficili al punto giusto, scene adrenaliniche di inseguimenti e anche combattimenti, ricordando sempre e comunque che la vera natura di Indy è quella dello scaltro e irriverente archeologo capace di nascondersi anche in pieno giorno. Ne emerge così un racconto affascinante, adattato idealmente alla sua struttura ludica che fa sfoggio dell’identità avventurosa del tutto. La quale, tuttavia, presenta alcune crepe più o meno importanti che si riflettono sull’immersività del gioco. Se quindi la storia è promossa a pieni voti, comprendendo anche varie chicche che riguardano l’interazione con gli NPC e i documenti più o meno nascosti che perfezionano e arricchiscono il racconto, sulla componente tecnica in particolare c’è qualcosa di cui discutere.
Lui ha scelto… molto male
Alcuni mesi fa, in modo chiaramente provocatorio, abbiamo definito Indiana Jones e l’Antico Cerchio come l’Uncharted di Microsoft. Dando una lettura alle prime righe del nostro speciale, che potete recuperare qui, era chiaro dove volessimo andare a parare: quello di MachineGames sarebbe stato un titolo fortemente improntato sull’avventura, qualcosa che nella line up di Xbox manca da moltissimo tempo. Il tutto con le dovute precauzioni: l’idea stessa di realizzare questo titolo in prima persona indicava non solo una potenziale influenza da Wolfenstein, ma anche un’identità e intenti differenti rispetto alla saga di Naughty Dog ispirata, a sua volta, a Indy. L’Antico Cerchio, effettivamente, si pone obiettivi molto differenti, con un concept che avvicina maggiormente esperienze à la Dishonored, per quanto riguarda l’interazione con gli ambienti e i nemici.
Indiana Jones e l’Antico Cerchio può essere definito nel seguente modo: un immersive sim di stampo avventuroso con enigmi da risolvere, fasi stealth da superare e alcune missioni secondarie che espandono l’esperienza e aggiungono qualche gustosa ora extra al titolo. Non è poco, ecco, e consente a Indy di scrollarsi di dosso il classico appellativo di avventura lineare come ci si poteva aspettare. Lo è, per inciso, ma allo stesso tempo non lo è. Pur seguendo un canovaccio narrativo dal quale è impossibile allontanarsi, a differenza ad esempio di altri giochi con Indy come protagonista come le storiche avventura punta-e-clicca di LucasArts, c’è comunque spazio per alcune digressioni. Alcuni dei capitoli che compongono la storia presentano infatti una vasta mappa da esplorare, come ad esempio il Vaticano e l’Egitto, richiedendo in varie occasioni di tornare sui propri passi o dedicarsi a incarichi secondari per, ad esempio, aprire accessi prima bloccati o acquistare utili equipaggiamenti.
Sin dalle prime sequenze dopo il prologo, infatti, emerge l’identità chiara che MachineGames ha voluto dare al suo Indiana Jones, a differenza degli impacciati tentativi sul finire degli anni ‘90 quando il personaggio cercò di scimmiottare Lara Croft. L’Antico Cerchio non è un Tomb Raider, non è neppure un Uncharted nella sua forma ludica. Indiana Jones è più una sorta di investigatore dell’antico, un esploratore dell’ignoto che ama sporcarsi le mani (talvolta anche di sangue, se proprio serve) e nascondersi tra la folla per proseguire nelle sue indagini passando inosservato.
In ogni open map, se così vogliamo chiamarle, MachineGames si è impegnata per dare identità e varietà, contestualizzando anche in modo molto intelligente le varie scelte. In Vaticano, ad esempio, Indiana non si può avvicinare ad alcune zone sotto il controllo delle Camicie Nere, ma allo stesso tempo è libero di passare attraverso i tetti degli edifici dello stato pontificio per osservare da lontano cosa sta accadendo, o esplorare catacombe che nessuno pensava potessero esistere ai piedi della residenza papale. Indy può così esplorare sezioni più vaste e non lineari, percorrere le strade cittadine e girovagare per la Santa Sede, senza mai dimenticare la sua copertura – in questo caso, un travestimento da giovane prete americano in visita in Italia per conto di un amico e collega.
In altre parti del mondo, invece, le cose cambiano radicalmente. Esplorare gli scavi in Egitto porta a interazioni differenti, e successivamente le cose cambiano ulteriormente, alternando in alcuni casi sezioni più lineari e altre invece dove l’esplorazione è predominante, anche per proseguire. In una delle ultime ambientazioni, ad esempio, è possibile scegliere di penetrare in un avamposto nazifascista per rubare oro, danneggiando i nemici (non avrà un reale impatto, a dire il vero) e consentendo di acquistare bonus e potenziamenti presso i rivenditori che Indy trova in ogni luogo che visita. Ogni regione ha così i suoi mercati e la sua valuta, e questo significa che per assaporare fino in fondo L’Antico Cerchio viene anche richiesto di dedicarsi a queste digressioni.
Ci sono in sostanza quattro tipologie di missioni, che Indy può monitorare attraverso il suo fidato diario. Quella principale è ovviamente Avventura, che mette in risalto la quest principale da portare a compimento in una data regione prima di passare al capitolo successivo della storia – è comunque possibile tornare sui propri passi e visitare nuovamente una location già vista, per andare a caccia di altri segreti; Attività sul Campo riguarda le missioni apparentemente secondarie ma in realtà correlate proprio all’avventura, unite tra loro da un sottile filo narrativo che poi unisce tutto; abbiamo poi Scoperte, relativo a collezionabili e luoghi interessanti per attività opzionali, e Misteri. Come suggerisce il nome, si tratta di enigmi, puzzle o richieste particolari da completare. Il diario, in tal senso, diventa molto presto uno dei migliori amici di Indy, il perfetto compagni di viaggio. Con il diario, il protagonista può non solo monitorare la mappa della zona ma anche rivedere gli indizi raccolti e ricavarne altri, arrivare a conclusioni prima inaspettate e decidere di tornare in un dato luogo, o irrompere in una base sorvegliata dai soldati nemici.
Irrompere, però, non è la parola adatta. Nella sua fase più diretta, quella di maggiore interazione coi nemici, Indiana Jones e l’Antico Cerchio fa infatti emergere tutta la necessità di imparare a essere silenziosi e sfruttare l’ambiente circostante. In poche parole, lo stealth è fondamentale. Indy può esibirsi in alcune scazzottate contro i soldati, ma non è un supereroe. Jones non è un essere umano capace di sbaragliare da solo un plotone, e su questo il gioco risulta essere intelligentemente chiarissimo da subito: meglio dedicarsi a un approccio molto più silenzioso. Può così capitare che si debbano sfruttare le occasioni, come visualizzare il percorso delle guardie e lanciare una bottiglia di vetro lontana per farle insospettire, oppure utilizzare l’immancabile frusta per raggiungere alcune piattaforme distanti a mo’ di liana o addirittura tramortire qualche ignaro fante. Non aspettatevi una complessità nel level design pari a Dishonored, tanto per citare una fonte d’ispirazione già nominata in precedenza, ma sicuramente MachineGames ha dato prova di sapersi adattare anche a contesti lontani dal solito action.
Si può sempre ricorrere alla forza bruta, questo sì. Ma non è certo la via ideale. Le meccaniche di gioco legate alle fasi action sono infatti molto poco approfondite, sebbene siano presenti alcune abilità dedicate – Indiana può apprendere abilità recuperando determinati libri e opuscoli nelle varie location, un metodo interessante per promuovere il senso di progressione senza snaturare il realismo che contraddistingue l’opera. Usare una pistola o un fucile significa lanciarsi in un combattimento che sembra quasi snaturare l’essenza del gioco, anche perché Indiana, a conti fatti, non è certo un pistolero provetto. Anche gli scontri corpo a corpo, sebbene possano essere utili in dati frangenti, si riducono semplicemente a parare un colpo al momento giusto e rispondere con tre ganci ben assestati, per poi ripetere il tutto fino a quando il nemico non crolla a terra.
Non è tutto una festa
L’impianto strutturale insomma convince, e forse questo è davvero il modo migliore per dare forma a un convincente gioco con protagonista Indiana Jones. Non è però tutto oro quel che luccica, e Indy lo sa bene. Al netto di qualche piccolo ma trascurabile difetto, come possono essere le animazioni facciali non sempre convincenti (il comparto grafico, in ogni caso, è sbalorditivo, e la direzione artistica risalta perfettamente grazie al lavoro di MachineGames), ce n’è uno che si rivela essere la principale preoccupazione, e che diventa più chiaro mano a mano che passa il tempo: l’intelligenza artificiale.
Le prime avvisaglie del fatto che qualcosa non andasse per il verso giusto arrivano direttamente dalla prima ambientazione, il Vaticano, quando Indy deve come detto circolare in abito talare: circolando ad esempio nella piazza centrale del luogo, può capitare che i fascisti inizino a insospettirsi e a indagare su Indy senza una reale motivazione, neppure legata alla storia appena vissuta.
Il gioco avvisa ad esempio che alcune azioni di Indiana, come rubare soldi, verranno visti con grande sospetto dai soldati di Mussolini, ma il problema è quando a essere sospetta diventa la sola azione di consultare un’innocua cartina per poter capire dove andare o dove ci troviamo. Questo può forse essere un motivo di sospetto? Potrebbe darsi. Del resto, si può pensare che un prete conosca a menadito il Vaticano, anche se in visita dall’America. Il problema è che tali incongruenze tra ciò che possiamo e non possiamo fare risultano ancora più confuse quando anche solo camminare per strada in luoghi non riservati diventa motivo di assalti da parte delle Camicie Nere. Al contrario, un prete che girovaga sui tetti del Vaticano è accettabile. E questo rompe molto del realismo che Indy va cercando.
I problemi legati alla molto traballante intelligenza artificiale nemica si riscontrano anche nella gestione dei combattimenti. Assistere ad esempio a nemici che non si pongono domande quando Indy utilizza una torcia o illumina qualcosa è ricorrente, così come anche quando esegue una sferzata con la frusta producendo palesemente troppo rumore per non essere notato. Se su questi ultimi aspetti possiamo soprassedere, pensando appunto al microcosmo sensoriale nel quale ogni nemico si trova in relazione a una funzionale esperienza di gioco, l’IA viene ulteriormente malmenata da un altro elemento, quello del cappello.
Avanzando nel gioco, Indy può apprendere una particolare abilità che gli consente di avere una seconda chance una volta andato a terra, solo recuperando il suo cappello. Ecco, è capitato in alcune occasioni (la più evidente è accaduta intorno alla decima ora di gioco, nei pressi di un grande avamposto nemico) che questa meccanica venisse utilizzata per rompere totalmente lo schema dell’IA, scegliendo di far abbattere volutamente Indiana a pochi passi dal bersaglio o dall’oggetto da recuperare, e rialzarsi col cappello anche nel bel mezzo delle guardie nemiche che però, ormai girate di spalle, non si accorgono di nulla.
Risulta quindi un grande peccato che MachineGames abbia dedicato così poco tempo a perfezionare l’intelligenza artificiale nemica quando tutto il resto del titolo risulta così ben confezionato. Graficamente, L’Antico Cerchio è maestoso, gli ambienti da visitare sono non solo affascinanti ma anche ricchissimi di dettagli, giocando anche in modo sublime con l’illuminazione specie negli spazi chiusi – e ce ne saranno parecchi, preparatevi. L’id Tech era già da tempo una certezza, e si riconferma anche stavolta come un motore versatile e adatto a tanti tipi di esperienze, mostrando senza inciampi un’esperienza di gioco fluida e con un frame rate granitico anche su Series S – meno convincente invece la tenuta delle cutscene, durante le quali si assiste a qualche rallentamento.
Promosso invece a pieni voti il comparto sonoro, coinvolgente e appagante. I suoni ambientali producono un’immersione totale all’interno del mondo di gioco, siano essi i passi dei nemici o il frinire delle cicale o altri animali nelle giungle. L’avventura di Indy è poi accompagnata costantemente dalle splendide musiche di Gordy Haab, una vecchia conoscenza del franchise avendo lavorato a Indiana Jones e il Bastone dei Re molti anni fa. Il suo tocco si sente, ma lo spirito di John Williams resta intatto di fronte a omaggi importanti, siano essi nel tema principale o nei suoni di circospezione durante le fasi stealth. Un grande, grande lavoro.
Ringraziamo Bethesda per il codice review del gioco
Review Overview
Riassunto
Indiana Jones e l'Antico Cerchio è uno splendido videogioco avventuroso, nel quale lo spirito dell'iconico archeologo interpretato da Harrison Ford emerge in tutto il suo splendore. Un'avventura lunga ma mai estenuante, neppure durante alcuni enigmi un po' più difficili, fatta degli stessi perfetti ingredienti che hanno reso grande il personaggio al cinema. Peccato solo per un'intelligenza artificiale che rovina buona parte dell'immersività durante le fasi di esplorazione, influendo negativamente sul realismo. Al netto di questo, tuttavia, ci troviamo di fronte al miglior gioco di Indiana Jones dai tempi dell'ancora inarrivabile Fate of Atlantis.
Pro
Una storia ben scritta e coinvolgente Doppiaggio italiano ottimo Concept perfetto per Indy Grafica e sonoro al topContro
L'IA funziona davvero male in vari frangenti- Concept & Trama9
- Gameplay9
- Comparto Artistico9
- Comparto Tecnico8
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