Mi manca la PSP

Credo che il titolo sia laconico abbastanza. Quanto mi manca la PSP, diavolo. Quanto mi manca avere tra le mani una console dalle imprevedibili possibilità, una piattaforma capace di mettermi a disposizione una pletora infinita di brand noti e meno noti con avventure tutte nuove, grandi giochi da scoprire, sorprese inimmaginabili. Diavolo, quanto manca PSP ancora oggi, 20 anni dopo la sua uscita.

L’11 dicembre del 2004 in Giappone arrivava la prima console portatile nella storia di Sony, la PlayStation Portable. La prima e sola PSP – il tentativo successivo, noto come PS Vita, è stato uno splendido fallimento per l’azienda nipponica, che l’abbandonò dopo appena pochi mesi di vita, e scusate il gioco di parole. La prima e sola PSP, dicevamo, una piattaforma che doveva battersi con le unghie e con i denti per contrastare quel fenomeno che era Nintendo, fino a quel momento padrona incontrastata del mercato handheld. Ci riuscì? Oh, se ci riuscì.

PSP ebbe quel tocco in più che, parlo personalmente, riusciva a distaccarsi da Game Boy e dal successivo Nintendo DS. Per quanto visionari e capaci di regalare esperienze fuori dal normale, basti pensare a come il touchscreen di DS riuscì a essere implementato in modo anche imprevedibile in alcuni videogiochi lasciando quasi a bocca aperta, PSP prometteva qualcosa che nessuno, davvero nessuno, era stato in grado di proporre fino a quel momento: portare l’esperienza casalinga in formato portatile. Ma tutta l’esperienza, sia chiaro. Non solo i grandi giochi 2D del passato, non le conversioni come quelle di Harry Potter che venivano realizzate per adattare i giochi alla piattaforma e in alcuni casi cambiavano del tutto il concept. PSP voleva porsi come la regina del gaming handheld, con la promessa di mettere nelle mani dei giocatori un hardware fantastico.

L’impresa, sebbene non semplice, riuscì. PSP non è mai davvero riuscita a contrastare il dominio quasi assoluto di Nintendo nelle console portatili, ma ci è andata vicino. Molto vicino. Al di là dei freddi numeri, che comunque riportano 82,5 milioni di unità vendute (sì, impallidiscono di fronte ai 154,02 di DS…), PSP era una console magica, un prodigio della tecnologia, un sogno a occhi aperti per molti. Perché è vero che l’innovazione in senso stretto portata dai giochi PSP non fu clamorosa quanto quella dei software DS, per ovvi motivi di specifiche e possibilità, ma la console seppe regalare momenti indimenticabili.

Non scorderò mai la bellezza di Monster Hunter Freedom 3rd pur non essendo un fan sfegatato della serie, o il fatto di avere sempre con me uno dei miei passatempi preferiti, I Simpson: Il videogioco. O ancora, ringraziai Dio (o qualsiasi divinità si trovi là sopra, se c’è) per essere nato nel momento storico in cui Ready at Dawn e un altro manipolo di studi ebbero l’intuizione di prendere alcune delle più grandi proprietà intellettuali della storia PlayStation e portarle proprio su PSP. È grazie a loro se abbiamo potuto giocare quei capolavori di God of War: Ghost of Sparta e Chains of Olympus, o Ape Escape P, o Ratchet & Clank: L’altezza non conta, o ancora l’altrettanto simpaticissimo Dexter. Alcuni erano più riusciti, altri un po’ meno. Ma si aveva proprio la sensazione di avere tra le mani qualcosa di impensabile.

Non vi nascondo ad esempio che Grand Theft Auto: Liberty City Stories fu per me una rivelazione totale, un’illuminazione paragonabile a quella di Jack Blues ne I Blues Brothers: era un vero GTA, non una robaccia alla GTA Advance, ma un titolo in piena regola, un capitolo grande e ricco, che riproponeva l’esperienza che fino a quel momento avevo vissuto su PS2… ma ora potevo farlo ovunque. Nel letto, sull’autobus per andare a scuola, su una panchina del parco. Il futuro. Ancora oggi, pur non essendo un videogioco straordinario, rimane uno dei momenti più impressionanti in ambito videoludico, poiché davvero difficile da credere – e non è un caso che sia il gioco più venduto di sempre su PSP.

Il suo sequel, anche se era ambientato prima, fu Vice City Stories, altro immenso gioco. Fuori scala. Magnifico. Straordinario. Ma mai quanto lo furono Crisis Core: Final Fantasy VII, che riprendeva il capolavoro del 1997 espandendone l’immaginario, ma anche Kingdom Hearts: Birth by Sleep, e non lo dico solo da fan sfegatato del brand Disney e Square Enix, e soprattutto Metal Gear Solid: Peace Walker, gioco che nella mente di Kojima doveva essere il quinto capitolo principale. No gente, se non avete mai giocato Peace Walker non potete capire. Un titolo mastodontico, immenso. Ancora oggi mi chiedo come il leggendario designer sia riuscito a far entrare tutto Peace Walker in uno dei fastidiosissimi UMD di PSP, che a dire il vero furono una delle idee più sciagurate della console. Insieme all’assenza del secondo stick analogico, anche questa incomprensibile.

Ma PSP era e resta ancora oggi un sogno divenuto realtà, una potenza di console con un parco titoli, esclusivi e non, che, e lo dico tranquillamente, fa impallidire le piattaforme di attuale generazione – salvo Switch, che comunque non è più di questa generazione ormai. E una console così manca, manca terribilmente. PlayStation Portal sembra aver risvegliato l’interesse di Sony in questo settore, e il recente update che promuove il cloud gaming è la prova che anche gli utenti stanno dimostrando coinvolgimento.

Le ultime notizie affermano che l’azienda stia pensando ora a una nuova console portatile, stavolta capace di far girare nativamente i titoli. Ma serve quel guizzo che aveva PSP. Servono produzioni dedicate, titoli pensati appositamente per questa console, magari qualche spin-off che, come una volta, ampliava le IP per portarle a un pubblico più ampio. Un lavoro che forse, nel mondo di oggi, è impensabile. I ritmi di sviluppo sono folli. Basti pensare ai due GTA citati poco fa, pubblicati a distanza di un anno l’uno dall’altro. Oggi, purtroppo, tutto questo risulta assolutamente impossibile. E allora forse, e sempre purtroppo, è giusto lasciare PSP nel nostro cassetto dei ricordi.

Scritto da
Andrea "Geo" Peroni

Entra a contatto con uno strano oggetto chiamato "videogioco" alla tenera età di 5 anni, e da lì in poi la sua mente sarà focalizzata per sempre sul mondo videoludico. Fan sfegatato della serie Kingdom Hearts e della Marvel Comics, che mi divertono fin da bambino. Cacciatore di Trofei DOP.

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