Lanciato con aspettative altissime, Dragon Age: The Veilguard si è rivelato un flop commerciale. Le vendite sono state quasi la metà di quelle previste da Electronic Arts, e il fallimento ha avuto conseguenze pesanti: licenziamenti all’interno del team di sviluppo e un drastico ridimensionamento di BioWare.
A peggiorare la situazione, nel giro di pochi mesi il gioco è già disponibile a prezzi stracciati, un segnale inequivocabile di un’accoglienza ben lontana da quella sperata.
Ma qual è la causa di questo insuccesso? Secondo EA, il problema non risiede in una direzione artistica confusa, in una scrittura traballante ai limiti della parodia o nel fatto che il titolo si discosti dalle fondamenta del genere RPG. Il vero errore, a detta del publisher, sarebbe stato non adottare un modello live service.
Durante l’ultima financial call, il CEO di EA, Andrew Wilson, ha spiegato che The Veilguard non è riuscito a intercettare le esigenze del mercato moderno. Come riportato da PC Gamer, Wilson ha dichiarato:
Per poter andare oltre il pubblico principale, i giochi hanno bisogno di connettersi in modo diretto alla domanda in evoluzione dei giocatori, che cercano sempre di più feature con mondi condivisi e un coinvolgimento più profondo, insieme a narrazioni di alta qualità in questa categoria così amata.
Dragon Age The Veilguard ha avuto un lancio di qualità e ha ricevuto buone recensioni dalla stampa e da chi l’ha giocato; tuttavia, non ha risuonato con un pubblico abbastanza vasto in questo mercato altamente competitivo.
Nelle sue dichiarazioni, pur non menzionando esplicitamente i giochi live service, Wilson ha fatto riferimento ad alcune caratteristiche distintive di questo tipo di produzioni. Questo ha portato a speculazioni sul fatto che, se l’ultimo capitolo di Dragon Age fosse stato sviluppato seguendo questo modello, avrebbe potuto ottenere un successo maggiore.
Negli ultimi dieci anni, i giochi live service hanno dominato il mercato, generando profitti astronomici rispetto ai titoli AAA tradizionali. Tuttavia, il settore è ormai saturo: pochissimi nuovi giochi riescono a ritagliarsi uno spazio significativo e molti esperimenti falliscono nel tentativo di replicare il successo di colossi già affermati.
In questo scenario, viene da chiedersi se un Dragon Age live service avrebbe davvero potuto cambiare le sorti di The Veilguard o se, al contrario, lo avrebbe reso solo un altro progetto fallimentare in un mercato ormai inflazionato.
La verità è che, indipendentemente dal modello adottato, un gioco deve essere prima di tutto valido. E se Dragon Age: The Veilguard non è riuscito a conquistare il pubblico, forse il problema è più profondo di una semplice scelta di strategia commerciale.
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