Su Captain America: Brave New World ne abbiamo lette di tutti i colori, da riscritture continue a reshoot durati anni, da proiezioni di prova definite fallimentari da alcuni a budget che si diceva avesse sforato il PIL della Costa d’Avorio. Cose che al pubblico, a dire il vero, non devono fregare più di tanto. Si valuta l’opera in sé, non quello che c’è stato dietro. E allora parliamone.
Bisogna dirlo, i Marvel Studios recentemente non hanno azzeccato tutti i loro progetti, tra film dimenticati (e dimenticabili) e serie TV mal gestite (Secret Invasion è tra i peggiori Originals di Disney+). Con queste premesse si affaccia ufficialmente all’MCU il nuovo Captain America, Sam Wilson, con un ritardo mostruoso sulla tabella di marcia. In fondo, sono passati già 6 anni da Endgame, e in molti si sono completamente dimenticati del passaggio di consegne con Steve Rogers.
Precedentemente noto come Falcon, il personaggio interpretato da Anthoyn Mackie si trova ora al centro delle vicende di Captain America: Brave New World, ultima pellicola dell’universo supereroistico Marvel in uscita nelle sale italiane questo 12 febbraio (oggi), protagonista di una storia che, stando ai trailer, promette di iniziare a raccogliere vari pezzi sparsi dagli sceneggiati precedenti, anche andando molto indietro nel tempo. Paradossalmente, visto l’interprete tutto nuovo, Cap 4 ha dato l’impressione di essere un sequel del dimenticato L’incredibile Hulk del 2008. Per certi versi, lo è. Ma le vibes da The Winter Soldier, tra i migliori prodotti mai partoriti dal MCU, sono inconfondibili.
Immediatamente, si nota come il film voglia distaccare l’immagine che il mondo, e il pubblico, aveva del Captain America di Steve Rogers. Lo avevamo già visto nella serie per Disney+ con Mackie e Sebastian Stan, che ritroveremo sempre quest’anno in Thunderbolts*, ma qui Rogers viene ora esaltato come il classico simbolo patriottico in una figura intrisa di invulnerabilità e coraggio. Quello che secondo molti, anche il pubblico, non è Sam Wilson.
Mackie deve così portare sullo schermo un personaggio in bilico tra il peso dell’eredità storica del nome Captain America, e la necessità di ridefinirsi in un mondo in rapido cambiamento dopo Endgame, Eternals e gli eventi che stanno sconvolgendo il mondo, ai quali gli Avengers non hanno più preso parte. Banalmente, gli Avengers non ci sono più. Ed è proprio questo un altro dei punti che il film mira ad approfondire, quasi come se la Marvel stesse davvero facendo un meta-mea culpa per aver dimenticato la sua squadra d’eccellenza per così tanto tempo. Squadra che ora, però, non sarà solo una copia. Wilson non vuole rappresentare un semplice passaggio di testimone – di scudo, in questo caso: Sam Wilson deve riuscire a diventare un nuovo Captain America, un faro di speranza in un mondo che sta cambiando, mosso dalle sue idee e dalle sue convinzioni.
Questo senso di nostalgia e contemporaneo rinnovamento vengono ben comunicati anche dalla regia del film, che va a riprendere a piene mani quanto visto nell’apprezzato Captain America: the Winter Soldier. Tutto è più fisico, coi piedi per terra (anche se Sam vola… capito la battutona?), non vengono scomodati multiversi o stregoni intrappolati in dimensioni oscure. Brave New World è il primo tassello di un mondo che sta cambiando, e che parte dal piccolo, da un thriller politico appassionante, per espandersi su grande scala. Grande almeno quanto il maledetto Celestiale emerso nell’Indiano 4 anni fa che oggi, finalmente, finisce al centro dello sconvolgimento del MCU.
Come tutti i veri thriller, anche Brave New World intreccia così varie trame che si allontanano e si avvicinano in continuazione. Wilson e il Celestiale, ad esempio, ma anche l’influenza di Thaddeus “Thunderbolt” Ross (Harrison Ford), oggi presidente degli Stati Uniti e intenzionato a sfruttare l’Adamantio (altra grande introduzione al MCU) per aiutare il mondo attraverso accordi politici. Se in Winter Soldier era il progetto Insight a coinvolgere i potenti del mondo, oggi è la corsa al nuovo e portentoso elemento a finire al centro del più grande intrigo del mondo moderno.
Davanti a tutti, come era giusto che fosse, i personaggi di Cap e Ross. Nel complesso del film e della loro storia, sono stati molto ben rappresentati e amalgamati; nel primo caso come evoluzione di un percorso iniziato in Endgame e passato poi per The Falcon and the Winter Soldier, decisamente meglio gestito in questo film con una progressione sia a livello psicologico che di power-up del personaggio; nel secondo, Brave New World va inteso come piacevole ripresa di una vecchia conoscenza, andando a consolidare peraltro la canonizzazione delle vicende viste nel citato L’incredibile Hulk. E quello di Ross non è il solo collegamento. Ma è il solo collegamento che ci ha convinto davvero.
Il Capo (Tim Blake Nelson) viene reintrodotto nella vicenda nel modo più strano possibile. Sembra che la sceneggiatura cerchi di umanizzarlo, quasi legittimarlo nelle sue azioni, presentandone un passato rivisitato rispetto alla controparte fumettistica e decisamente più triste. Una variazione sulla carta interessante, ma che fa l’errore di cercare troppo spesso un senso di empatia. Se le sue motivazioni possono essere comprese (anche troppo, per come vengono mostrate), i mezzi con cui cerca di realizzarle ci sono sembrati poco plausibili e troppo facilmente bloccati dalla sola presenza di Captain America, un po’ in contrasto con quello che ci viene raccontato. Quello che doveva essere un grande complotto orchestrato per anni, insomma, si scioglie come neve al Sole, ben lontano da quello che rappresentò Winter Soldier.
Anche altri personaggi di contorno appaiono molto spenti. Chiaro che la Marvel volesse non solo sfruttare la potenza di Ford (in tutti i sensi) ma anche concentrare le maggiori energie su Wilson, e le seconde linee pagano questa scelta – in certi casi, con rimpianti importanti. La pellicola recupera però fortunatamente terreno nelle scene action, rese in maniera molto più fisica e talvolta brutale, sia per la scelta delle ambientazioni urbane, sia per i protagonisti delle scene che non sono divinità, alieni o persone potenziate da fenomenali poteri cosmici, ma umani. Decisamente più forti del normale, certo, ma umani.
Captain America sfreccia in aria a velocità supersoniche, sfrutta nuove tecniche che combinano le ali potenziate da tecnologia Wakandiana, combina soluzioni uniche e dimostra di voler colmare ciò che non possiede: un siero sperimentale che fece di Rogers quello che poi è diventato – nella forma, non nell’essenza. Hulk Rosso invece, per quanto sia da considerare la chicca del film e non una presenza costante, è potente. Grosso, cattivo, una forza inarrestabile, che si allontana dalle recenti rappresentazioni dell’Hulk del MCU per tornare a quello rabbioso, devastante, che non si pone problemi a mettere a ferro e fuoco qualsiasi cosa abbia davanti. Un Hulk che torna ad essere pericoloso di fronte a qualsiasi cosa non si dimostri indistruttibile. Una forza della natura, ma anche di un mondo che ha imparato, suo malgrado, a restare senza supereroi per troppo tempo.
E torniamo sempre lì: Cap e Hulk. I due grandi protagonisti. Cosa resta alla fine di Brave New World? Non c’è lo stesso senso di stupore che Winter Soldier riuscì a lasciare, forse sfruttando anche l’enorme elemento sorpresa. BNW non ci ha neanche provato a tenere nascoste le sue sorprese, ma non per questo va evitato. Non è il capolavoro che salverà la Marvel (una cosa che ormai si dice ciclicamente ogni due mesi, come se la casa di Kevin Feige fosse in crisi), ma neanche il preannunciato disastro che alcuni dipingono da molto tempo. Un buon thriller action senza infamia e senza lode. Il biglietto da visita per iniziare, seriamente, a pensare al ritorno dei Vendicatori.
Review Overview
Riassunto
Sarà per ritorno a una sfera meno “galattica”, o per quel senso di familiarità dato dalla somiglianza a Captain America: The Winter Soldier. L'importante è che Captain America: Brave New World ci abbia lasciato una buona impressione dopo la visione, con una speranza che l’MCU torni in carreggiata. Il film pone delle basi promettenti a livello di trama e di personaggi, in un momento dove sembrava che la narrazione complessiva si stesse un po’ perdendo tra tutte le trame aperte tra i vari prodotti. Peccato però per alcune pecche di scrittura, che sacrificano fin troppo i personaggi secondari e sbrigano in poco tempo risvolti importanti.
- Giudizio complessivo3.75
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