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Steel Seed | Recensione

Il mondo videoludico raramente premia l’indipendenza. Quante volte negli ultimi tempi avete sentito parlare di remake, remastered e seguiti di IP multimiliardaria? Il panorama dei videogiochi è diventato un luogo dove innovare è diventato tanto un’impresa quanto un rischio commerciale. Ma Steel Seed emerge come un titolo che, pur attingendo a fonti ben note, riesce a creare un’identità propria. Sviluppato dallo studio italiano Storm in a Teacup, già conosciuto per progetti come N.E.R.O. – Nothing Ever Remains Obscure e Close to the Sun, questo nuovo progetto rappresenta un’evoluzione consapevole: meno sperimentale, forse, ma più maturo e coeso. Leggete la nostra recensione per saperne di più su questo indie nostrano!

Un mondo in rovina, un corpo meccanico, un mistero da svelare

L’avventura inizia in un futuro oscuro, dove l’umanità si trova sull’orlo dell’estinzione. Zoe, la protagonista, si risveglia dopo un lungo sonno in un corpo robotico. Non sa come ci sia finita, ma presto scopre di possedere capacità sovrumane che la rendono più simile a una macchina che a un essere umano. Insieme al drone KOBY, suo unico alleato e compagno di viaggio, si mette alla ricerca del padre scomparso e delle risposte che possano darle un senso in un mondo popolato da macchine ostili.

L’ambientazione di Steel Seed è uno dei suoi punti di forza. Una città sotterranea, frutto dell’ingegneria post-apocalittica, si presenta come un intricato ecosistema meccanico fatto di fonderie ciclopiche, reattori giganteschi e strutture in continuo movimento. Ispirata a manga come Blame! di Tsutomu Nihei, questa architettura cyberpunk trasmette un senso di oppressione e meraviglia al tempo stesso, creando un contesto perfetto per l’esplorazione e la narrazione.

Tra stealth e combattimento

Dal punto di vista ludico, Steel Seed si presenta come un action-adventure con forti componenti stealth, un pizzico di platforming e un sistema di combattimento che strizza l’occhio ai Soulslike, pur senza adottarne la rigidità. Zoe può attaccare con colpi leggeri e pesanti, schivare e, con il giusto tempismo, effettuare una schivata perfetta che la salva da colpi letali. Non è presente un sistema di stamina, rendendo il tutto più accessibile e dinamico.

La nostra prova ci ha lasciato delle sensazioni abbastanza positive. L’esecuzione è senz’altro solida, ma Steel Seed fa affidamento a meccaniche fin troppo collaudate, e la sensazione di già visto e già sentito è sempre dietro l’angolo. Ma per quanto concerne il combattimento, i nemici reagiscono agli attacchi, Zoe risponde bene ai comandi e il livello di difficoltà sembra ben calibrato: i nemici colpiscono duro e non si lasciano abbattere facilmente, spingendo il giocatore a pensare prima di agire.

Le sezioni stealth sono senza dubbio curate. Zoe può spostarsi silenziosamente tra coperture, eliminare nemici con uccisioni istantanee e sfruttare le capacità di KOBY per analizzare l’ambiente. L’intelligenza artificiale dei nemici è nella media: se Zoe viene scoperta, gli avversari daranno l’allarme, costringendo il giocatore a un’immediata ritirata o a un combattimento svantaggioso. Fortunatamente, il gioco non forza mai lo stile stealth, permettendo approcci più diretti a chi lo preferisce, anche se questi comportano rischi maggiori.

Tanti modelli di riferimento

Anche il platforming trova il suo spazio in Steel Seed, senza cercare di reinventare la ruota. Salti verso appigli, scivolate su rampe, corse sui muri: tutti elementi già visti altrove, ma ben integrati nel ritmo dell’avventura. La verticalità degli ambienti e l’uso intelligente della telecamera contribuiscono a mantenere viva l’esperienza, spezzando l’alternanza tra stealth e combattimento.

Il level design subisce una vera e propria evoluzione nel corso dell’avventura, con ambienti via via più complessi e un utilizzo più esteso di KOBY per risolvere enigmi ambientali o analizzare percorsi alternativi. Un equilibrio tra azione, esplorazione e interazione che contribuisce a dare profondità a un gameplay che, pur partendo da basi già note, trova il suo ritmo. Sotto molti punti di vista la produzione degli Storm in a Teacup ricorda Enslaved: Odyssey to the West, sia per quanto concerne l’estetica che per il gameplay, con vaste sezioni che rimandano all’omaggio dei Ninja Theory al romanzo classico cinese Viaggio in Occidente.

Emozione e introspezione

Come dicevamo poc’anzi, il cuore di Steel Seed è la sua narrazione. La storia, incentrata sulla ricerca dell’identità e sul rapporto tra uomo e macchina, viene raccontata in modo cinematografico, con sequenze d’azione spettacolari e dialoghi ben scritti. Il doppiaggio è ovviamente disponibile anche in italiano. Il mondo di gioco non viene solo mostrato, ma suggerito: ogni angolo della mappa racconta qualcosa, ogni rottame o struttura abbandonata ci rimanda ad un passato da decifrare.

Ovviamente, la relazione tra Zoe e KOBY è un altro punto focale del gioco. Non si tratta solo di un alleato meccanico: KOBY ha una personalità propria, e la sua interazione con Zoe contribuisce a rendere più umana la protagonista. In questo mondo dalle tinte cyberpunk dove la linea tra umano e macchina è sempre più sottile, Steel Seed è evidente come l’intenzione di Steel Seed sia una riflessione su uomo e macchina, su intelligenza artificiale e libero arbitrio. Ma purtroppo siamo ben lontani dalle complessità filosofiche proposte da giochi come Talos Principle o Deus Ex.

L’Unreal Engine 5 al servizio dell’immersione

Grazie all’Unreal Engine 5, Steel Seed mostra un comparto tecnico notevole, soprattutto considerando le dimensioni relativamente ridotte del team di sviluppo. Le texture, l’illuminazione dinamica e gli effetti particellari contribuiscono a creare un mondo credibile e d’impatto visivo. Le animazioni sono fluide, i modelli dettagliati, e l’atmosfera è resa ancora più intensa da una colonna sonora minimalista ma evocativa.

Un passo in avanti per uno studio italiano

Steel Seed non cerca di rivoluzionare il genere, ma sceglie consapevolmente di mescolare elementi già collaudati con una direzione artistica forte, un mondo affascinante e un gameplay solido. Il risultato è un gioco che, pur ricordando titoli come Uncharted, Star Wars Jedi: Fallen Order o i Soulslike, riesce a trovare la propria voce. Avremmo senz’altro preferito una minore aderenza ai grandi classici del genere, visto che questa tendenza del team conduce spesso ad una reminiscenza anche estetica a dei modelli che ora risultano troppo antiquati.

Ciononostante, Steel Seed segna un importante capitolo per gli Storm in a Teacup, e se i loro prossimi giochi riusciranno a migliorare questa qualità, ci troveremo di fronte a uno degli studi di sviluppo più interessanti del panorama videoludico indipendente italiano.

7
Riassunto
Riassunto

Steel Seed rappresenta un bel compromesso tra ispirazione e identità, tra accessibilità e profondità. Le sue atmosfere cyberpunk hanno come riferimento i capisaldi del genere, e il gameplay richiama (talvolta sin troppo) alcune delle produzioni più di richiamo degli ultimi anni. Steel Seed rimane comunque un bel passo in avanti per i nostri Storm in a Teacup.

Pro
Gameplay solido Ottima colonna sonora
Contro
La sensazione di déjà vu è costante
  • Giudizio complessivo7
Scritto da
Silvia SiL Mannu

Nel lontano 1990 entro in una sala giochi e scopro i cabinati arcade. Da quel momento, la passione per i videogames non mi ha mai abbandonata. Oggi sono una PC Gamer legata soprattutto a titoli action, giochi di ruolo, stealth e picchiaduro.

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