Il recentissimo e travolgente lancio di Horizon: Zero Dawn ha riaperto alcune discussioni tra le più accese negli ultimi anni in ambito videoludico: l’importanza delle esclusive, il ruolo delle donne nei videogiochi e altre ovvie tematiche legate alla solidità tecnica del gioco, il quale rappresenta sotto questo punto di vista uno dei migliori prodotti mai visti su console. Ma c’è un altro discorso nato sul web, che riguarda il game design. Ossia, in poche parole, tutto quello che concerne le regole, la struttura e le basi sulle quali si poggiano il gameplay e l’economia globale del gioco, nato con un concept ben preciso e che viene sviluppato e perfezionato nel corso della produzione. La definizione di un genere, insomma. Call of Duty deve sottostare alle rigide leggi degli FPS, Assassin’s Creed a quelle dell’action-adventure open world, Halo Wars 2 a quelle degli RTS tanto per fare un nome d’attualità. Come potete però aver già intuito, anche in casi come quelli appena descritti definire un genere esatto e preciso che racchiuda in un unico termine l’essenza stessa del gioco è molto difficile. Assassin’s Creed, appunto, ha componenti action, ma anche di avventura, ed è inoltre dotato di un vario sistema di personalizzazione e crescita del personaggio. Halo Wars 2 è sì un RTS, ma che tra i suoi meandri nasconde anche elementi di MOBA e card game battle. L’idea di fondo, un concetto ormai risaputo e oggettivo, è che l’evoluzione dei videogiochi ha portato a ibridi di generi, che possano soddisfare più pubblico contemporaneamente e soprattutto ampliare le possibilità del software. Quello che è successo proprio nell’ultima esclusiva PlayStation 4 targata Guerrilla Games.
Uno dei dibattiti più accesi che riguarda Horizon: Zero Dawn è proprio questo: come si può etichettare un gioco di questo tipo? È un action? È un GDR? La risposta, inevitabilmente, risiede proprio nel mezzo, nel limbo delle nomee ibride: action-RPG, al pari di altri titoli abbastanza recenti e dal successo esorbitante come Final Fantasy XV, gioco che ha riscritto le regole della serie e che nonostante alcuni evidenti problemi ha dimostrato che Square-Enix ha trovato la formula giusta per il futuro (Final Fantasy VII Remake ne sarà la dimostrazione). Proprio come per il titolo diretto da Hajime Tabata, anche Horizon presenta caratteristiche simili, seppur la componente GDR non sia stata certamente ampliata al massimo e resa la protagonista assoluta. Cerchiamo di fare chiarezza prima di continuare: in un videogioco d’azione, il tema principale è il combattimento, sia esso con frecce, pistole, lanciarazzi, mani nude. Ciò che racchiude l’essenza dell’action puro è la velocità e la fulmineità del movimento, con il giocatore chiamato a destreggiarsi e a capire in pochi istanti come porsi di fronte al nemico durante un combattimento. Un GDR, o RPG, o videogioco di ruolo, è invece un concetto più ampio e difficile da spiegare in poche righe. In sostanza, nel GDR il giocatore crea un personaggio (o lo interpreta) che vedrà e dovrà far crescere tramite missioni, compiti extra, ricerche, viaggi, e personalizzandone peculiarità e abilità. Skill tree, un ruolo ben definito per l’eroe e i suoi possibili compagni, equipaggiamenti, una costante evoluzione del personaggio che prosegue anche ben oltre la conclusione della narrazione principale. Dopo aver definito in breve e aver delineato le differenze tra i due generi, mi rivolgo direttamente a voi lettori: vi viene forse in mente un qualche gioco, sia recente che non, che presenti caratteristiche ibride? A me, personalmente, sì. E non sono neanche pochi.
Se il GDR è stato poco sviluppato, ha ancora senso parlare di Action-RPG?
In effetti, il cuore del dibattito delle ultime ore non riguarda tanto l’esistenza o meno dell’Action RPG, un genere che negli anni sta prendendo sempre più piede e che si espande a vista d’occhio ad ogni sua nuova incarnazione. Ciò che distingue ogni titolo, in realtà, è il peso che viene dato alle due componenti, e qui nascono i problemi: se il GDR è stato poco sviluppato, ha ancora senso parlare di Action-RPG? In Final Fantasy XV, per quanto la serie sia uno dei padri fondatori del genere insieme a mostri sacri come Dragon Quest o Ultima, l’essenza del gioco di ruolo non è certamente paragonabile a quella dei suoi predecessori, lasciando più spazio a quella inedita azione in tempo reale che ne ha fatto, a mio modestissimo avviso, uno dei fattori del successo commerciale del gioco. The Witcher 3 di CD Project Red è forse un caso diametralmente opposto a quello di Square-Enix, dove il GDR riveste un ruolo nettamente predominante sulla componente action, seppur ben sviluppata in ogni caso. In sostanza, a rischio di sembrare impopolare e di tirarmi addosso una pioggia di insulti, mi sento abbastanza tranquillo nell’affermare che gli elementi, più o meno sviluppati, del gioco di ruolo si possono ritrovare in decine e decine di produzioni che in superficie sembrano altro ma che nascondono aspetti ben più profondi. Far Cry, ad esempio, ma anche Tomb Raider di Crystal Dynamics, Mass Effect, Dark Souls, Shadow of Mordor, The Elder Scrolls, persino i vari The Division e Destiny possono essere inclusi in queste categorie, così come l’imminente The Legend of Zelda: Breath of the Wild.
Perché tutta questa infinita filippica, vi chiederete. Per un motivo molto semplice, e ossia ribadire che assegnare ad un gioco odierno, e specialmente alle produzioni AAA, un unico appellativo in termini di genere è un’impresa apparentemente impossibile. Le possibilità date dalla sempre più avanzata tecnologia permettono di soddisfare un pubblico esigente, e che richiede ormai una grande varietà di elementi all’interno di un qualsiasi gioco. In effetti, a conti fatti, il GDR è forse il genere che più è stato implementato in comunione con altre tipologie di gioco, e quello che più si presta alla cosa per la sua vasta concezione. Horizon: Zero Dawn, seppur con alcune rimostranze come hanno specificato anche i più autorevoli siti di informazione in ambito videoludico, non fa eccezione: i Guerrilla Games si sono concentrati notevolmente sul rendere il gioco un gigantesco concentrato di azione in un open world, senza dimenticare di aggiungere ad Aloy abilità e caratteristiche che sono (o per meglio dire erano, anni fa) peculiari dei giochi di ruolo anche se poco approfondite in questo caso. Una pratica, come abbiamo detto, comune al giorno d’oggi, e della quale difficilmente ci si lamenta, dato che il GDR non fa altro che ampliare l’esperienza del giocatore. E risulta sempre più evidente il fatto che più passano gli anni, più quella sottile linea rossa che separa gli action dagli RPG si fa sempre più snello. Non che ci sia un male, certo, ma la vittima, per il momento, è una e solamente una: proprio gli RPG. Sempre più rari sul panorama videoludico, i videogiochi di ruolo puri sono ormai da considerarsi un genere di nicchia, spesso relegati a progetti di software house indipendenti che cercano di riportare in auge vecchi e lontani ricordi nel mondo di oggi, o a titoli che il pubblico di massa finisce con il disprezzare inspiegabilmente. Difficile anche, per la mia modestissima opinione, pensare che il GDR totale possa tornare ad essere un genere completamente a sé stante dopo il successo della sua implementazione con produzioni di ogni tipo. Questo ovviamente a meno che un qualcosa come Dragon Quest XI, ossia un tripla A che rimane (fortunatamente) ancorato sulla sua storia senza sacrificare il gioco di ruolo, non finisca con l’ottenere un successo planetario.
E io ci spero, in questo.
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