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The Crown – La recensione della seconda stagione della serie Netflix

Lo scorso anno siamo rimasti folgorati dalla straordinaria prima stagione di The Crown. La serie drammatica targata Netflix e scritta da Peter Morgan, a detta di molti, è stata la grande rivelazione del 2016, la prima stagione di uno studiato progetto di sei anni nei quali verrà esplorato l’intero regno di Elisabeth Alexandra Mary Windsor, o semplicemente Elisabetta II del Regno Unito come è più conosciuta. Da poche settimane, Netflix ha lanciato la seconda stagione di The Crown, che vede ancora una volta i protagonisti Claire Foy e Matt Smith nei ruoli della regina e del Duca di Edimburgo Filippo, consorte di Elisabetta. Un nuovo, grande successo per Netflix, e la riconferma di una delle serie più belle degli ultimi anni.

Nella seconda stagione di The Crown i temi si fanno ancor più maturi, ancora più cupi se possibili. La regina Elisabetta II, che in precedenza ha dovuto fare i conti con un popolo ancora dilaniato dalla Seconda Guerra Mondiale e un trono che pesava come un macigno nelle mani di una giovanissima donna, è qui rappresentata come una sovrana più sicura di sé, più forte, più conscia delle proprie possibilità e della sua ideologia, che finirà anche per farla scontrare con grandi figure politiche degli anni ’60 del XX secolo. Non è un caso che, nel decennio affrontato nella seconda stagione, il Regno Unito vada incontro a tematiche importanti come la Guerra Fredda tra USA e URSS, alla crisi del canale di Suez, o al tragico attentato che costerà la vita a John Fitzgerald Kennedy, presidente degli Stati Uniti d’America e legato alla moglie Jaqueline, altra figura altrettanto importante per Elisabetta.

La Storia, quella con la s maiuscola, si fonde in The Crown con la vita privata di Elisabetta, di Filippo, del piccolo principe Carlo, in una serie di 10 episodi che ricalcano lo splendore visivo e realizzativo dell’esordio nel 2016, conditi da una regia suntuosa e una fotografia che resterà negli annali. Grazie alle tinte grige, ai colori quasi sbiaditi, ai dettagli incredibilmente evidenziati da Stuart Howell, The Crown riesce a manifestare tutti i sentimenti interiori di una regina che si ritrova spesso contro il mondo, contro sé stessa, addirittura contro il proprio marito, piccola storyline dei primi episodi della serie che rappresenta un arco narrativo di grande crescita per la coppia e del consolidamento di un amore tormentato e difficile, a causa dei ranghi sociali, che va comunque avanti da più di 50 anni.

Ed è un male, a pensarci al termine dei 10 episodi che compongono la nuova stagione, che con tutta probabilità questa sarà l’ultima volta che vedremo la Foy nei panni di Elisabetta, un ruolo che le sembrava cucito addosso alla perfezione. Lo stesso vale per Matt Smith, e anche per Vanessa Kirby, la principessa Margaret, più nell’ombra oggi rispetto alla prima stagione ma pur sempre legata alla sorella e sempre al centro di grandi scandali, pane quotidiano dei tabloid scandalistici inglesi e internazionali. Per la terza stagione, infatti, Morgan aveva già pianificato un ricambio del cast a causa dell’estrema velocità con cui deve trascorrere il tempo nella serie, non più adatto in futuro (saranno narrati gli anni ’70 circa) ad attori giovani come quelli oggi impegnati. E appunto, è un grande male. La facciata di sicurezza che la Foy riesce a trasmettere nasconde sentimenti contrastati, una maschera per tutti i dubbi e le preoccupazioni che non abbandonano mai la sovrana d’Inghilterra, così come per il crudo Smith, spesso protagonista di alcune scene davvero da ricordare. Come nel nono episodio, esemplificativo del suo ruolo di sovrano e padre, che racconta del travagliato rapporto avuto con il principe ereditario Carlo in gioventù.

Il 1964, anno di chiusura degli avvenimenti della seconda stagione, ci lascia con l’amaro in bocca a seguito di un episodio mostruosamente ben diretto. E l’amaro in bocca si chiama “attesa”. Perché dovremo ora aspettare fino alla fine del 2018 per poter assaporare la terza stagione di questa serie rivelazione che non sembra conoscere momenti di stanca.

Scritto da
Andrea "Geo" Peroni

Entra a contatto con uno strano oggetto chiamato "videogioco" alla tenera età di 5 anni, e da lì in poi la sua mente sarà focalizzata per sempre sul mondo videoludico. Fan sfegatato della serie Kingdom Hearts e della Marvel Comics, che mi divertono fin da bambino. Cacciatore di Trofei DOP.

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