Accolto freddamente dal pubblico, che ancora non perdona a Konami quanto accaduto durante e dopo la produzione di Metal Gear Solid V: The Phanton Pain con conseguente allontanamento di Hideo Kojima, Metal Gear Survive sarà disponibile su PS4, Xbox One e PC dal 22 febbraio. E in questo week-end la stessa Konami ha deciso di tastare il terreno, e permettere ai giocatori di toccare con mano questo discusso spin-off grazie alla Open Beta per verificare la stabilità dei server ma anche ottenere feedback dagli utenti che si trovano davanti qualcosa di molto differente dal solito gioco della serie. Anche noi abbiamo trascorso diverse ore nel mondo parallelo di Metal Gear Survive, in singolo e giocando anche in co-op, senza lasciarci trasportare dai pregiudizi di una grossa fetta del pubblico e cercando di analizzare quanto più possibile del gioco. Vediamo insieme cosa ci è piaciuto e cosa invece non ci ha particolarmente colpito.
COS’È METAL GEAR SURVIVE?
Il concept lo conosciamo abbastanza bene, grazie anche ai vari video gameplay che Konami ha diffuso nelle settimane e nei mesi scorsi, ma è bene ricordarli per chi non ha ancora dimestichezza col gioco. Metal Gear Survive si presenta come uno spin-off della serie Metal Gear, col quale condivide parte delle atmosfere ma che ne differisce sotto molti altri aspetti. Il gioco può infatti essere considerato un puro survival, con tanto di elementi tower defense che fanno della cooperazione tra i giocatori l’elemento più importante in assoluto. Tant’è vero che giocare in single player, come abbiamo testato personalmente, risulta un’esperienza molto più difficile e a tratti esasperante, che vi costringe a richiedere un aiuto ai vostri amici e agli altri utenti online per poter giocare più comodamente.
Cercando di riassumere il più possibile, in quanto le sfaccettature che caratterizzano il game design di Metal Gear Survive, il gioco ruota intorno ai sopravvissuti di un misterioso portale spazio-temporale che si è aperto sopra la Mother Base di MGS V, gettandoli in un mondo abitato da esseri immondi (i Vaganti) dal quale devono presumibilmente fuggire cercando ovviamente di sopravvivere. Il nostro avatar, che possiamo personalizzare completamente in ogni dettaglio (con un editor preso pari pari da Metal Gear Solid V), sarà quindi chiamato a varie missioni di recupero di materiali che consentiranno di ingrandire e proteggere la base alleata e ovviamente permettergli di sopravvivere ai mostri che abitano questo sperduto mondo.
LUCI E OMBRE
Il primo impatto non è dei migliori. Dopo la personalizzazione dell’avatar, veniamo infatti portati nell’HUB di gioco, una sorta di grande menù “esplorabile” dove possiamo accedere a tutte le varie funzioni: addestramento, scorte, ricompense, upgrade del personaggio, caserma e così via. Ma tutto sa davvero di minimale, di spento e asettico, di un HUB che è stato realizzato con l’intenzione di proporre il minimo indispensabile senza sforzarsi di dare una fisicità a tutto quello che ci circonda. Un impianto ridottissimo che fa a cazzotti invece con l’interfaccia di gioco durante le vere e proprie missioni. Altro sassolino da toglierci dalle scarpe, in questo caso. Una volta entrati in missione, l’interfaccia risulta spesso confusa e troppo ingombrante, andando a coprire anche alcune importanti porzioni dello schermo e impedendo di visualizzare l’interezza dell’azione, cosa invece fondamentale specialmente nelle fasi più accese dello scontro con i Vaganti. Questo, a nostro avviso, è uno degli aspetti più importanti da distemare per la release del gioco. È sicuramente importante tenere sotto controllo ogni aspetto del personaggio e del suo equipaggiamento, in ogni momento, ma a patto che questo non risulti un sistema invasivo e controproducente.
Le cose migliorano se pensiamo al gameplay vero e proprio, che ha un buonissimo potenziale e che può dare vita ad un’inaspettato successo in più campi. Abbandonate l’idea di giocare in modo stealth come avviene di consueto in Metal Gear: qui l’unica cosa da fare è eliminare quanti più nemici possibili, raccogliere quante più risorse possibili e sopravvivere quanto più a lungo possibile, e il modo migliore per farlo è esplorare tutto l’ambiente circostante insieme ai compagni di brigata. Le aree di missioni risultano essere di piccole dimensioni grazie a particolari artifici, e non lasciano un grande ricordo, riducendosi ad ammassi di macerie, rocce e nebbia senza risultare particolarmente evocative. O perlomeno queste sono le prime impressioni, in quanto nel gioco finale ci saranno ovviamente altre ambientazioni. Una volta che avremo raggiunto il punto di raccolta dei materiali, occorre azionare la trivella wormhole, che in qualche modo (non chiedeteci come) è capace di incanalare l’energia spaziotemporale per immagazzinarla e sfruttarla. Non facciamoci molte domande (del resto, siamo in un mondo abitato da zombie con qualcosa infilato sulla testa e siamo stati portati qui da un buco nello spazio e nel tempo, quindi…), e pensiamo piuttosto a sopravvivere. Come detto, è un’operazione molto più semplice da portare a termine in cooperazione con altri giocatori, che abbiano già dimestichezza e che abbiano elaborato una buona strategia di posizionamento delle difese tattiche e dei punti di attacco dei Vaganti, perché nelle missioni di recupero come quelle che abbiamo avuto modo di provare l’unica cosa da fare è difendere la nostra preziosissima trivella. E qui entrano in gioco tantissimi fattori ed elementi del gameplay. Praticamente ogni cosa che troveremo in missione rappresenterà un oggetto importantissimo per noi: il crafting è una parte fondamentale di Metal Gear Survive, perché da quello dipenderanno oggetti a noi cari come munizioni, kit medici, cibo e molto altro ancora, come i cristalli Kuban per progredire le skills dell’avatar o per aumentare ad esempio la velocità di estrazione della trivella in missione. Dal punto di vista survival puro, il gioco tira fuori certamente gli artigli, e dimostra di avere un impianto ben costruito che, dobbiamo essere sinceri, non ci aspettavamo. Sono davvero tantissimi gli elementi da tenere in considerazione in partita, anche se viene fuori un interrogativo non da poco: sarà efficace e sufficiente a sostenere la struttura? Oppure tutto cadrà sotto ad una ripetitività tremendamente sospetta, in giochi come questo?
SÌ O NO?
Di Metal Gear Survive ci hanno colpito certamente il gameplay e il game design. Il lavoro di Konami sembra essere stato certosino per confezionare un prodotto che può tranquillamente rivaleggiare con altri survival di alto livello sul mercato, ma finisce con l’essere penalizzato per alcuni più o meno grossi difetti. In primis, l’alternanza tra una minimalità totale nell’HUB di gioco e la confusione esagerata dell’interfaccia di gioco, difficile da tenere sotto controllo e da consultare mentre giochiamo. In secundis, il nome. Pur essendo uno spin-off e avendo la sua identità, Metal Gear Survive è un gioco della serie Metal Gear ma senza quel pizzico di follia che gli avrebbe conferito Kojima, o senza quel mistero che una storia avrebbe saputo dare. Per questo, però, dovremo aspettare febbraio e la versione completa del gioco. In ogni caso, le aspettative del pubblico verso un prodotto con questo peso sulle spalle sono molto alte.
In chiusura, un piccolo pensiero in seguito ai commenti ancora una volta pessimisti intorno a Metal Gear Survive. L’assenza di Kojima o il fatto che si tratti di un survival non deve essere preso come un punto a sfavore a priori per il gioco. Vorrei ricordare ad esempio che fu Kojima a creare la sub-serie Metal Gear Acid ai tempi di PSP, che definirei tutt’altro che canonica al brand e che non consiglierei mai tra i migliori giochi della console portatile di casa Sony per tanti problemi. Questo per dire cosa? Che anche Kojima può sbagliare, come tutti noi. E che anche Konami, forse, può dare vita ad un buon titolo senza l’apporto del maestro.
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