Non nuovo a queste accuse, il PETA fa parlare nuovamente di sé. L’associazione no-profit per la protezione e la tutela dell’ambiente e degli animali si è infatti scagliato contro Far Cry 5, l’ultimo FPS di Ubisoft uscito a marzo e ambientato a Hope County, una fittizia regione americana. Tra le nuove attività inserite nel gioco c’è anche il pomo della discordia che ha generato la bufera da parte di PETA: la pesca.
PETA accusa infatti gli sviluppatori di casa Ubisoft di aver creato un minigioco, quello della pesca, che non fa altro che glorificare e banalizzare l’uccisione dei pesci secondo la loro visione. Una componente del gioco che viene duramente messo sotto accusa, come conferma anche la biologa Tanja Breining di PETA, interpellata sulla questione che è intervenuta per dare man forte a ciò che viene affermato dall’associazione.
Da Psu, vi riportiamo alcune delle dichiarazioni della Breining:
“Pescare significa condurre i pesci in una trappola, esporli alla paura e privarli del respiro per minuti o anche ore […]. Oggi sappiamo che un pesce è qualcuno, non qualcosa, e questo [minigioco] è un modo per promuovere la pesca. I pesci sono curiosi vertebrati con personalità individuali”.
Con tutto il rispetto per PETA, si tratta di accuse che lasciano il tempo che trovano. Far Cry 5 non è sicuramente il primo videogioco della storia a usufruire della pesca come feature, e sicuramente l’intento degli sviluppatori non è quello di promuovere la violenza sugli animali.
Cosa ne pensate?
La pesca nei videogiochi è un ottimo modo per distrarmi. In Final Fantasy XV, passo parecchio tempo a pescare dopo una giornata pesante. Considerando che la pesca vera e propria mi annoia a causa della troppa pazienza richiesta, nei videogiochi è terapeutico ed appagante.