È grande. È blu. È tornato. Il Genio più famoso di tutti, questa volta impersonato da Will Smith che prende il posto del compianto Robin Williams, si ripete e ruba completamente la scena in Aladdin, il nuovo live-action Disney tratto dall’omonimo classico d’animazione diretto da Guy Ritchie.
Pensato per omaggiare uno dei più riusciti film Disney di sempre e facente parte dell’epoca d’oro degli anni ’90, il nuovo adattamento della fiaba tratta da Le Mille e una Notte mischia avventura, amore, azione e canzoni, in una formula che funziona. Perché sì, nascerà sicuramente l’ennesima lamentela su questi remake live-action, ormai una regola per la Casa di Topolino che dopo La bella e la bestia e Dumbo proporrà presto anche Mulan, Lilo & Stitch, Lilli e il vagabondo e altri classici in questo nuovo formato. Una lamentela che però lascia il tempo che trova, specie se parliamo di un buon prodotto come Aladdin che perde nel confronto col suo progenitore ma sarà comunque capace di conquistare i cuori di bambini e appassionati.
Aladdin (Mena Massoud) è proprio come ce lo ricordavamo, un giovane e brillante ragazzo di strada che ad Agrabah ruba per sopravvivere insieme alla fidata scimmia Abu ma mantenendo sempre un impeccabile codice d’onore. Proprio per le strade della città farà la conoscenza e si innamorerà della principessa Jasmine (Naomi Scott), in un risvolto narrativo che è stato modificato rispetto al cartone animato originale per far posto a qualche nuovo personaggio e intuizione sul proseguo della narrazione. Questo anche per dare più spazio al protagonista assoluto, il carismatico Genio (Will Smith) protagonista di canzoni, magici e divertenti momenti. Il tempo, per un appassionato del film, si fermerà di fronte alle sequenze dove l’essere uscito dalla lampada magica darà sfoggio dei suoi poteri, e lasciando con l’amaro in bocca semplicemente perché volevamo vederne ancora. Del Genio, anche di questo Genio, non ce n’è mai abbastanza.
Le note dolenti riguardano una spettacolarizzazione meno accentuata, dovuta anche all’allestimento di spazi interni molto più contenuti rispetto ai maestosi palazzi e sale che Clements e Musker (i due registi del lungometraggio animato) inserirono nel loro originale Aladdin, e il grande cattivo. Il Gran Visir Jafar è mosso da motivazioni impeccabili, e a lui è stato dedicato anche un maggiore approfondimento riguardo storia e psiche. Marwan Kenzari, però, nell’impersonare il malvagio consigliere del sultano (a proposito, grande emozione nel sentire la voce di Gigi Proietti che qui doppia proprio il regnante di Agrabah) non riesce mai davvero a spaventare lo spettatore. Il Jafar originale, alla sola vista, faceva tremare le gambe con i suoi lineamenti spigolosi e la tetra voce. Nell’Aladdin di Guy Ritchie, questo proprio non c’è. Manca quel tocco di malvagità che avrebbe potuto rendere il film un grande film.
Le canzoni, però, ci sono tutte, e sono ancora stupende come un tempo. La magia c’è, ed è ancora stupenda come un tempo. La storia d’amore tra l’uomo che volle farsi sultano e la principessa che voleva scoprire il mondo c’è, ed è ancora stupenda come un tempo. Aladdin è un’operazione nostalgia riuscita, e io – grande fan del cartone animato – ne sono rimasto piacevolmente sorpreso al termine della visione. Preparate ad andare al cinema e ad esprimere i vostri tre desideri, prima che sia troppo tardi.
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