Vivace, colorato, veloce, confuso in alcune strane scelte di regia, ma Aquaman fa quello che la stragrande maggioranza dei film dell’universo cinematografico Worlds of DC non fa: funziona.
Dopo il flop di Justice League, film che è costato non solo il ruolo di coordinatore a Zack Snyder ma che sembra ver anche affossato parte di quello che era l’allora pianificato futuro dell’universo DC (il destino del Superman di Henry Cavill è incerto, Ben Affleck pare ad un passo dall’addio a Batman, e non ci sono più notizie sui film dedicati a Flash e Cyborg già in cantiere), ecco che un supereroe dell’etichetta in mano a Warner Bros. c’entra finalmente il bersaglio. Aquaman, diretto da James Wan e interpretato ovviamente dal possente Jason Momoa, è un film che intrattiene dall’inizio alla fine, una sceneggiatura non particolarmente impegnata che si prende però la libertà di offrire spunti molto interessanti anche dal punto di vista registico.
A metà tra un film di origini e un sequel, Aquaman riporta in scena Arthur Curry, il figlio della regina di Atlantide Atlanna (Nicole Kidmann) e dell’umano Thomas Curry (Temuera Morrison) che si è manifestato al mondo aiutanto Batman & co. a sconfiggere la minaccia di Steppenwolf. Dopo aver salvato l’intero pianeta, per Curry iniziano a farsi sentire le sirene della sua terra d’origine, Atlantide, che però lo ripudia. Il sentimento, comunque, è reciproco: Arthur è molto più legato alla terraferma che all’oceano, e guarda con molto distacco le vicende che riguardano Atlantide e gli altri regni subacquei, i quali sono però in subbuglio. Re Orm (Patrick Wilson) è intenzionato a diventare Ocean Master e a guidare gli eserciti di Atlantide verso una guerra contro gli umani, colpevoli di aver inondato l’oceano negli ultimi decenni con rifiuti tossici, che stanno condannando il popolo del mare. Una guerra che anche altri vogliono scatenare, mentre altri vogliono evitare: tra questi Vulko (Willem Defoe), vecchio mentore di Arthur, e Mera (Amber Heard), principessa in grado di controllare l’acqua e manipolarla. Solo una cosa potrebbe salvare il mondo intero: il vero re di Atlantide.
Con una trama che, agli appassionati di cinecomic, non potrà fare a meno che ricordare altri esponenti del genere come Thor e Black Panther, Aquaman poggia tutta la sua potenza su quella fisica e scenica di Jason Momoa, protagonista totale della vicenda e perennemente al centro dell’azione. Non c’è bisogno di una spalla comica, non c’è bisogno di ulteriori ingombranti presenze. Basta questo Arthur Curry per sorreggere il film, un personaggio che ruba letteralmente la scena. È forte, è intelligente, è lui stesso la spalla comica del film. A differenza di Superman, tormentato alieno che sceglie di fare del bene e che appare perennemente pensieroso, e dell’oscuro Batman in cerca di giustizia, Arthur è un supereroe davvero terreno, che non vuole per forza fare la parte del supereroe ma che si convince infine a fare la cosa giusta, senza però abbandonare il suo solare spirito ereditato dal padre. Un Atlantideo atipico, che ama la birra, i tatuaggi e fregarsene della sua terra di origine. Un eroe DC (parliamo di Worlds of DC, ovviamente) con una grande personalità, finalmente. Ma anche il cuore del più forte si scioglie quando è la bellissima e bravissima Mera di Amber Heard a parlare, e così fa Curry. Ah, l’amore…
James Wan, già regista e coordinatore dell’universo cinematografico di The Conjuring (sono presenti anche alcuni gustosi easter egg riferiti alla saga horror), si dimostra versatile e capace di gestire un gigantesco blockbuster come Aquaman, con tanto di effetti speciali di altissimo livello (e difatti sorprende che l’Academy abbia deciso di estromettere il film dalla corsa al premio per gli effetti visivi). Di tanto in tanto la regia vacilla, questo è vero. Esistono alcuni momenti nel film in cui sembra che Wan si sia lasciato troppo prendere la mano, sconfinando in cliché o scene difficili da comprendere per il tono che era stato dato al film fino a pochi secondi prima, ma nell’insieme è impossibile stancarsi di guardarlo. Un piccolo appunto sui costumi: in alcuni casi sono straordinariamente belli, come per quanto riguarda alcune razze di Atlantide o il costume regale dello stesso Curry. In altri, come nel caso delle armature dell’esercito regale, siamo quasi a livelli da Power Ranger, così come per il villain Black Manta (Yahya Abdul-Mateen II) che risulta essere più un pretesto per abbozzare l’idea alla base del sequel piuttosto che qualcosa di realmente necessario al film.
Aquaman non è un successo solo al botteghino, dove sta facendo registrare ottimi incassi e sta dando ragione alla nuova linea editoriale DC, che inevitabilmente strizza l’occhio alle produzioni della concorrenza. Aquaman è un film divertente e godibile, forse un tantino lontano dalla pura concezione fumettistica delle origini del personaggio creato nel 1941, ma sul grande schermo funziona. Un sequel è ormai praticamente certo visti gli incassi, e da qui la domanda: non era forse meglio presentare ogni personaggio in questa maniera, come ha fatto Wan con Aquaman, piuttosto che lanciarli nella mischia della Justice League senza alcun background?
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