Walt Disney non credeva nei sequel. Anzi, forse sequel era una parola a lui del tutto odiata, vista la sua storia. L’ideatore di Topolino, fino al giorno della sua morte nel 1966, non ha infatti mai permesso la nascita di una nuova storia dei suoi grandi classici. La prima eccezione fu Bianca e Bernie nella terra dei canguri, che nel 1990 riportò sul grande schermo le avventure dei due roditori a distanza di ben 13 anni dal primo successo internazionale. Da lì in poi, lo spirito di Walt venne progressivamente allontanato sempre di più.
Sarà forse per questo che il buon vecchio Walt non ha mai voluto scomodare nuovamente la tata più famosa d’Inghilterra nonostante la sua autrice, P.L. Travers, l’avesse fatto più volte? Non molti sanno infatti che l’autrice del romanzo Mary Poppins, la cui travagliata storia dei diritti cinematografici è stata a sua volta romanzata nello splendido Saving Mr. Banks con Tom Hanks e Emma Thompson, cavalcò l’onda del successo dopo il 1934 proponendo nuove avventure di Mary e dei bambini da lei accuditi. Un clamore però di molto inferiore al primo amato libro, tanto che le nuove vicende di Mary Poppins, che nel film di Walt Disney non venivano minimamente considerate, finirono nel dimenticatoio e senza conoscere la fama del primo romanzo.
A più di 50 anni di distanza dall’indimenticabile musical con Julie Andrews e Dick Van Dyke, ecco che Mary Poppins ci riprova anche al cinema, con Il ritorno di Mary Poppins. Ispirato proprio al secondo romanzo della Travers, il film diretto dal veterano dei musical Rob Marshall (Chicago, Into the Woods) riporta in scena uno dei personaggi più amati della storia del cinema, reso famoso per la sua i suoi atteggiamenti, la sua magia, e naturalmente la sua voce. Questa volta la tata inglese si vede costretta a tornare nella casa della famiglia Banks, dove i piccoli Michael e Jane, ora adulti, sguazzano nei problemi. La moglie di Micheal è morta da poco, e l’uomo, ora impiegato nella stessa banca dove suo padre George era un socio rispettabile, deve accudire i tre figli Anabel, Georgie e John praticamente da solo, aiutato di tanto in tanto dalla premurosa sorella. La famiglia è però allo sbando, i danni economici della grande depressione del 1930 si fanno sentire sulla pelle delle persone, e dunque Mary Poppins, come un angelo dal cielo, decide di tornare per ridare speranze e sogni ai Banks, siano essi di taglia grande o piccola.
Più o meno quello che accadeva nel primo film, se ben ci pensate. Mary Poppins giungeva al numero 17 di Viale dei Cigliegi apparentemente per fare da bambinaia e far maturare i piccoli Michael e Jane, tra un padre troppo occupato dal suo lavoro e una moglie perennemente impegnata a promuovere l’emancipazione femminile e i diritti per le donne. In realtà, come del resto il Walt Disney di Saving Mr. Banks aveva già capito, la vera missione di Mary era salvare George Banks, un uomo che sembrava aver smarrito sogni, passioni e valori, per far spazio solo al lavoro e al vil denaro. Nel nuovo film, che uscirà vi ricordiamo il 20 dicembre in Italia, il ruolo della tata rimane lo stesso, cambiano solamente gli interpreti: Michael prende il posto di George, Jane quello della madre, i nuovi piccoli Banks fanno i vecchi piccoli Banks. Più che un vero sequel di Mary Poppins, che avrebbe potuto mettere in mostra qualcosa di nuovo per l’inaspettato ritorno della magica bambinaia, Il ritorno di Mary Poppins ha il sapore di un remake. Troppo sapore di remake, a dirla tutta, poiché le situazioni non faranno che continuare a ripetersi lungo tutto il corso del film, con un senso di deja-vù continuo nei tempi, nelle ambientazioni e nelle situazioni.
Difficile dire se l’intento iniziale di Marshall e di Disney fosse questo. Difficile forse anche solo immaginare un vero e proprio sequel per quello che è un film cult, un simbolo della storia del cinema. Ma Il ritorno di Mary Poppins ha tutto tranne l’impressione di poter diventare un nuovo cult. Di questo solo il tempo ci potrà dare ragione o torto, ma la sua estrema vicinanza al primo film non è un buon biglietto da visita. Certo, Emily Blunt è una Mary Poppins praticamente perfetta sotto ogni aspetto (cit.), che è riuscita a riproporre il personaggio di Julie Andrews sul grande schermo replicandone movimenti e atteggiamenti. Certo, Lin-Manuel Miranda, che interpreta il lampionaio Jack, è una bellissima sorpresa, una spalla di grande valore per Mary lungo tutto l’arco del film e al quale viene dedicata anche una sottile e leggera sottotrama. Ma entrambi hanno il sentore di qualcuno di già visto, di emuli del duo Andrews-Van Dyke (peraltro protagonista di un cammeo esilarante).
L’ultimo film di casa Disney risponde ad uno dei più grandi quesiti degli appassionati di cinema: ha senso riproporre un cult del passato in salsa odierna, o un personaggio ormai nell’immaginario che però sembra aver già detto tutto quello che aveva da dire? A quanto pare, no. Intendiamoci, Il ritorno di Mary Poppins è un buon musical, confezionato con atmosfere variegate, canzoni ispirate, costumi eccellenti, e il ritorno dell’apprezzatissima animazione in 2D, proprio come in occasione del primo film. Rob Marshall dimostra ancora una volta di essere egregiamente a proprio agio in questo campo, a differenza di blockbuster di dubbia qualità come Pirati dei Caraibi: Oltre i confini del mare. Eppure, specialmente se siete cresciuti con le indimenticabili note di Supercalifragilistichespiralidoso, l’effetto sorpresa di rivedere Mary Poppins scendere dal cielo svanirà in poco tempo, schiacciato da una trama ben poco sviluppata e da un “già visto” grande quanto una casa. Una visione consigliata, anche e soprattutto in sala per non perdersi le atmosfere delle splendide note di Marc Shaiman e Scott Wittman, ma un prodotto ben lontano da quello che fu il primo, storico film del 1964.
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