Era il 1979 quando un giovane George Miller esordì alla regia del suo primo lungometraggio Mad Max (da noi Interceptor). Un film girato per le strade roventi di Melburne, con un budget irrisorio, poco più alto di 200.000$ e per protagonista uno sconosciuto di nome Mel Gibson, all’epoca un ragazzo di soli 23 anni. Nonostante i numerosi produttori che non credettero nel progetto, il film fu fin da subito un successo esorbitante, entrando nel Guiness dei Primati come il film dal minor costo con migliori incassi (superato nel 1999 da The Blair Witch Project) e restando il film australiano con maggior successo di sempre, tanto da venir celebrato con ritrovi ed eventi ancora oggi. Nel corso degli anni, questa saga cinematografica influenzò non poco la cultura di massa, ispirando film come Terminator, videogiochi come Fallout e addirittura manga come Ken il Guerriero.
Quarantacinque anni dopo, esce nelle sale Furiosa: a Mad Max Saga, il quinto capitolo del franchise. Dietro la macchina da presa questa volta c’è un George Miller sulla soglia degli ottant’anni e con dieci film alle spalle (più un episodio del film Ai confini della realtà). Il budget a disposizione è molto più che centuplicato (168.000.000$), le desertiche strade australiane si sono arricchite di set a dir poco spettacolari e la protagonista ora è una giovane Anya Taylor-Joy, che ha già collaborato con registi del calibro di Robert Eggers (The Witch e The Northman), M. Night Shyamalan (Split e Glass) e Edgar Wright (L’ultima notte a Soho).
Quasi dieci anni dopo dall’ultimo capitolo, George Miller riesce a sorprenderci con un prequel completamente diverso dal film precedente, ma allo stesso tempo dall’aria molto familiare. Se Fury Road era un unico inseguimento automobilistico di più di due ore, Furiosa è un’epopea che racconta una storia lunga più di vent’anni, il primo della saga a racchiudere un lasso di tempo così lungo. Ed è proprio grazie a questa caratteristica che Miller riesce ad approfondire ancora di più il suo futuro distopico creato nel 1979. La Wasteland, delle terre desertiche ed inospitali in cui le persone che ci abitano ne rimangono inevitabilmente schiavi. La mancanza di risorse, in questo futuro conseguente degli eccessi del nostro presente, rende gli esseri umani dei predatori senza cuore che si aggrappano alle pochissime cose a cui ancora riescono ad aggrapparsi: l’acqua (nella Cittadella), il petrolio (a Gas Town) e le armi (a Bullet Farm).
La gente che abita queste lande desolate è gente disperata, irrimediabilmente segnata dalla dura ostilità del luogo e soprattutto sola. Lo abbiamo visto in Max, il protagonista dei precedenti quattro film, un uomo che ha perso tutto e trovandosi senza uno scopo, si è rifugiato nel rancore e nell’istintiva sete di vendetta. Come adesso lo vediamo in Furiosa e Dementus, il nuovo personaggio interpretato da Chris Hemsworth. E se il più grande rimando ai film precedenti presente in questo capitolo, può apparire tecnicamente forzato, questo riesce a segnare l’esatto momento in cui la nostra protagonista diventa come Mad Max, una macchina da guerra senza scopo guidata dalla vendetta.
Anya Taylor-Joy riesce a regalarci il ritratto di una persona profondamente ferita, una donna che pur vivendo nell’Inferno, ha toccato l’Eden con un dito, e proprio per questo sa che è possibile sperarlo e raggiungerlo. Un personaggio che lavora per sguardi, dati sotto il nero del carburante che gli copre la fronte, ma che ne risalta ogni singola occhiata. Un ritratto completamente diverso da quello datoci da Charlize Theron nel 2015, dato che là dove c’era durevolezza di una guerriera senza pace, adesso troviamo una ragazza che mantiene una delicatezza data dal luogo da cui proviene, ma che svanisce col tempo.
A fianco della sua interpretazione troviamo quella di un Chris Hemsworth mai visto prima. Con il suo gilet dai motivi circensi e il suo microfono da conduttore televisivo, Dementus è un folle signore della guerra che gioca a fare lo showman (specchio di una politica sempre più interessata allo spettacolo e all’arte dell’apparire). Un personaggio che richiama fortemente l’allegoria dell’Impero romano, non solo per la sua biga guidata da tre moto al posto dei tre cavalli, ma per la sua spettacolarità alla “panem et circenses” (ma con sempre meno “panem”). E proprio grazie alle sue bugie ingannevoli e i suoi deliranti spettacoli riesce a pianificare sempre il modo migliore per cavarsela e prendere sempre più potere. Un potere più grande di lui e che col passare del tempo marcisce diventando caos indomabile e trasformandolo in un pazzo performer stanco del suo stesso spettacolo.
Furiosa e Dementus diventano due pedine che si muovono in un’allegoria epica dal tono completamente folle e pieno di scene d’azione incredibilmente fuori di testa (è pur sempre Miller), dove anche se la CGI può apparire come troppo presente (soprattutto se comparato con la CGI quasi invisibile del film precedente), questa da quasi un tocco cartoonesco al tutto, che non sfigura davanti alla follia visiva delle guerre nella Wasteland. Un mito moderno pieno di riferimenti omerici e biblici, a cui non basta una singola visione per essere compreso appieno. Una storia che si concentra sulla complessa dicotomia tra rancore e speranza, come quella tra bugie e verità. In un’epoca in cui la finzione si mischia sempre di più con la realtà, le storie che decidiamo di raccontare diventano sempre più importanti, nascondendo nel loro nocciolo le verità dell’animo umano.
Per questo George Miller vuole raccontare una bugia ambientata in un mondo stravolto, completamente invivibile, popolato da persone regredite allo stato di predatori, dove le uniche strade sono macchiate di sangue e violenza, ma dove la speranza trova comunque il suo posto per creare qualcosa di migliore. Una bugia che fa da monito per una realtà in cui scegliamo di seguire il rancore e la disperazione, al posto di far crescere speranza.
Review Overview
Riassunto
Il film è un continuo spettacolo delirante, come il film precedente, ma allo stesso tempo riesce a riempire questa distopia allegorica di storia e di profondità. Offre due personaggi caratterizzati egregiamente, delle coreografie e degli stunt fuori di testa e un ottimo comparto tecnico (soprattutto per quanto riguarda costumi, scenografie e trucco). Per quanto le scene d’azione siano presenti e funzionino parecchio, non ci si deve aspettare lo stesso film del 2015 (come è giusto che sia).
Pro
- I personaggi, la storia e il mondo che li circonda sono incredibilmente interessanti, e la regia spettacolare di George Miller rende impossibile distogliere gli occhi dallo schermo. - Il film regala un’allegoria profonda, dal sapore mitologico, (molto divertente da cercare di decifrare) una caratteristica che forse mancava in questa saga. - Le scene d’azione sono uno spettacolo per gli occhi, specialmente se viste al cinema (ma questo lo sapevamo già).Contro
- Il ritmo è completamente diverso da quello che ci si aspetta da un film del genere, Miller riesce comunque a giostrare la sua visione anche in questo ritmo “altalenante”.- Voto complessivo4.5
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