“Un film fatto in famiglia, che parla di una famiglia”. Così il regista Jason Reitman, il figlio di Ivan, introduce il film ai presenti in sala, durante l’anteprima milanese di Ghostbusters: Legacy (o Afterlife, se consideriamo il titolo originale).
E ci ha proprio azzeccato, perché si tratta di una pellicola che coinvolge tre grandi famiglie: la prima è la famiglia Reitman, in quanto solo il figlio del grande Ivan avrebbe potuto affrontare la sfida di un nuovo Ghostbusters, grazie anche all’assidua supervisione e assistenza del padre durante le riprese. La seconda famiglia la scopriamo nel film, ed è quella dei giovani protagonisti, due fratelli e loro madre.
La terza famiglia è quella dei fan, piccoli e grandi, che hanno reso il franchise Ghostbusters quello che è oggi: un simbolo, un’ispirazione che parte dagli anni Ottanta e arriva fino a oggi (pensiamo al fenomeno Stranger Things), che passa attraverso film d’animazione, videogiochi, rifacimenti e quant’altro. Se siete ancora scottati dal reboot del 2016 di Paul Feig ci sentiamo di rassicurarvi: Ghostbusters: Legacy è un prodotto confezionato per i fan dei film originali. Un gigantesco effetto nostalgia di ben due ore, che però riesce a riportare sullo schermo la magia degli iconici Acchiappafantasmi con rispetto e tanto, tanto sentimento.
Un presente che sa di passato
Non prendiamoci in giro, l’operazione era molto delicata. Riportare in sala un franchise così amato e così iconico in chiave moderna senza snaturarlo non era per nulla semplice. Jason Reitman ci è andato con i piedi di piombo e ha fatto bene. Non ha voluto strafare, il più grande difetto di Ghostbusters: Legacy è infatti l’eccessiva ripresa, a pienissime mani, dai film del 1984 e 1989. In un certo senso si sente la pecca del potenziale inespresso, ma d’altra parte questo nuovo film trasuda amore e rispetto per i quattro Acchiappafantasmi originali, le loro iconiche invenzioni e le loro esilaranti avventure contro le forze del paranormale.
Il regista, durante la sua breve introduzione al film, ci ha anche chiesto espressamente di non esagerare con gli spoiler e noi seguiremo alla lettera il suo consiglio, andando ad illustrarvi solo l’incipit del racconto e i suoi nuovi protagonisti.
Abbandoniamo la chiassosa New York per trasferirci in Oklahoma, nella sperduta località di Summerville dove si sono appena trasferiti Phoebe (Mckenna Grace) e il fratello maggiore Trevor (Finn Wolfhard) con la madre Callie (Carrie Coon). La famiglia non naviga in buone acque a causa delle ristrettezze economiche, deve quindi trasferirsi nella vecchia casa del nonno, venuto a mancare da poco. Ben presto i due ragazzini scoprono che c’è qualcosa di strano in città: fenomeni paranormali, una cantina segreta piena di aggeggi strani e… una vecchia Cadillac impolverata in garage.
Ecco che quindi tornano alla luce l’iconica Ecto-1, lo zaino protonico, la trappola per fantasmi, con delle scene dall’elevato “effetto wow” che sapranno davvero scaldare i cuori degli appassionati.
Summerville non è una zona sismica, eppure da qualche tempo dei forti terremoti si succedono costanti, segno che qualcosa sobbolle nell’ombra.
Ma per fortuna in città stanno per nascere dei nuovi, brillantissimi Acchiappafantasmi: la vera protagonista della pellicola è indubbiamente Phoebe, una ragazzina emarginata e introversa, geniale e appassionata di scienze. Mckenna Grace è fenomenale nella sua parte, riesce a riprodurre alla perfezione i modi di essere, gli atteggiamenti e le espressioni dell’originale Acchiappafantasmi Egon Spengler.
Accanto a lei ci sono il fratello Trevor, che sembra più interessato alle ragazze e alle macchine che alla scienza. Sa essere una buona spalla narrativa anche se Finn Wolfhard non spicca come in Stranger Things. Ci sono poi Podcast (Logan Kim) appassionato di mistero e di paranormale e Lucky, la più grande del quartetto. Fra gli adulti invece, oltre alla madre Callie, conosciamo l’insegnante e appassionato di scienze Chad Grooberson (Paul Rudd).
In questo cast di nuovi personaggi prende vita l’eredità dei Ghostbusters. La trama non eccelle per originalità, è più che altro un pretesto per immergersi nuovamente nel mondo che tutti amiamo. Un pretesto che noi abbiamo accettato di buon grado.
Who you gonna call?
I veri protagonisti di Ghostbusters: Legacy sono gli adolescenti, che con la loro unicità, spensieratezza ed ironia riescono a rendere il film divertente e leggero, in perfetto stile Ghostbusters. Torna quindi la comicità grottesca degli originali, in una pellicola che svecchia il franchise matenendo comunque un feeling legato agli anni Ottanta.
La prima metà del film è puro effetto nostalgia, risulta quindi un po’ lenta. Dopo l’aperta manifestazione dei fantasmi e la prima corsa sfrenata a bordo dell’Ecto-1, il ritmo decolla e gli eventi si susseguono incessantemente (forse troppo), rendendo l’avventura una discesa a perdifiato verso un finale fin troppo simile a quelli originali, ma che è riuscito a strapparci una lacrimuccia di commozione. Vi suggeriamo caldamente di rimanere seduti in sala fino al termine di tutti i titoli di coda.
Jason Reitman resta nella sua comfort zone puntando sul mondo dell’adolescenza e lo fa attraverso un cast efficace e dialoghi gustosi. Peccato per il potenziale sprecato (ci saremmo aspettati nuovi nemici, più fantasmi, nuove strumentazioni), ma Ghostbusters: Legacy fa comunque il suo sporco lavoro e lo fa bene.
Andarlo a vedere senza conoscere le opere originali ci sembra abbastanza senza senso: è un film dalla doppia dedica. La prima è ai fan, che hanno reso Ghostbusters parte integrante della cultura pop degli ultimi quarant’anni. La seconda, doverosa, è ad Harold Ramis.
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