Al terzo episodio di National Treasure: Edge of History si inizia a intravedere finalmente l’anima della serie, anche se la puntata non scorre certo con passione e ardore. Senza perdersi in troppe chiacchiere, il problema più importante della serie riguarda il suo ritmo, ancora una volta più adatto a un film che si sviluppa in un paio d’ore, rispetto a uno show che tirerà avanti altri episodi.
Da un lato, Edge of History 1×03 fa emergere quello che è stato un classico dei film con Nicolas Cage a più riprese, ossia un grande furto architettato al millesimo di secondo. Ben Gates aveva rubato la Dichiarazione d’Indipendenza nella prima pellicola del franchise, era penetrato fino allo studio della Regina d’Inghilterra e aveva addirittura rapito il Presidente degli Stati Uniti nella seconda, con una sospensione dell’incredulità da lasciare a bocca aperta anche il più fantasioso degli sceneggiatori. I giovani protagonisti sono ora impegnati in un furto dalle dinamiche simili, anche se giustamente di proporzioni più piccole. L’obiettivo è chiaramente lo stesso che Cage aveva nei film: arrivare al tesoro prima del grande nemico.
Dall’altro lato, purtroppo, si segnalano gli stessi difetti già visti per i due episodi di debutto. I personaggi non riescono a emergere dal torpore della serie e non sono interessanti, al di là della sempreverde Jess che quanto meno ha dalla sua un approfondimento via via più corposo, e l’intreccio narrativo, al momento, non esiste. Jess e Billie Pearce (Catherine Zeta-Jones) procedono per ora su due binari paralleli: entrambe si nascondono ma vogliono stuzzicare la rivale, entrambe sono a caccia del tesoro ma ognuna ha bisogno di qualcosa in possesso dell’altra. Dinamiche, di nuovo, già viste in passato, quasi come se il buon Bruckheimer abbia tirato fuori dalla cartella “Sceneggiature” il template utilizzato per i due National Treasure cambiando i nomi dei personaggi, le location e poco altro.
Problemi che in fin dei conti sono una costante per le serie originali Disney+ provenienti da vari cataloghi, uno su tutti quello dei Marvel Studios: prendere la sceneggiatura di un film, allungarla quanto basta per fare una miniserie, e il gioco è fatto. Il problema è che così facendo manca intrigo, manca passione, manca quella scintilla di emotività che spinge lo spettatore ad affezionarsi a questa storia priva di colpi di scena o sorprese. L’unica sorpresa, sospettiamo, arriverà nel finale di stagione, ma difficilmente avrà a che fare con la trama di Edge of History.
Per il momento, nulla di davvero eclatante emerge dall’anonimato de Il Mistero dei Templari: La serie, lasciando l’amaro in bocca per come la stagione viene gestita. E non è soltanto un problema di tempistiche. National Treasure è una saga nata anche come esaltazione della storia, del patriottismo e delle civiltà americane e precolombiane, come accaduto con Cibola in Book of Secrets. Quello che è paradossale è che Edge of History, che dovrebbe essere intriso di cultura mesoamericana a partire dalla protagonista per arrivare fino al grande tesoro, è per il momento lontanissimo dal setting che dovrebbe essere il suo focus. Solo intravisto, a dire il vero, nel finale di questo terzo episodio, ma mai parte centrale del racconto.
Se i primi due episodi di Edge of History non hanno convinto, questa terza puntata non fa cambiare idea a nessuno. E dire che ci stiamo già avvicinando al giro di boa senza neanche accorgercene, ma solo perché non è ancora successo nulla…
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