In occasione dell’uscita in home video di Wonka (ringraziamo Warner Bros. Italia per la copia Blu Ray del film), una domanda ci attanaglia: il film Timothée Chalamet è degno dell’immenso nome che porta? La risposta è un sì, con riserva.
Impossibile nasconderlo: quando Warner Bros. annunciò che una nuova trasposizione di Charlie e la Fabbrica di Cioccolato era in sviluppo, questa volta un prequel incentrato sull’ascesa del mastro cioccolataio Willy Wonka, un po’ di paura c’era. Naturale. Lo stesso accadde nel 2005 quando Tim Burton decise di riportare al cinema l’eccentrico imprenditore ne La Fabbrica di Cioccolato, con Johnny Depp che raccoglieva l’eredità di Gene Wilder proponendo una nuova versione di Willy Wonka sicuramente maggiormente sopra le righe ma divenuta iconica quanto il film stesso.
Quello diretto da Paul King, però, si rivela essere un prodotto nuovo, fresco, leggerissimo e dolcissimo quasi quanto il cioccolato che Willy propone nella sua scalata verso la fama – e la fame, a seconda di come guardiamo la vicenda. Forse anche troppo leggero, a dirla tutta. Timothée Chalamet, in questo momento in sala con il monumentale Dune: Parte 2, ha superato la concorrenza di Ezra Miller (facile, a posteriori, dopo tutto quello che la star di Animali Fantastici e The Flash ha combinato…) per impersonare una versione di Wonka ben diversa da quella che abbiamo sempre conosciuto, più giovane di 25 anni rispetto agli eventi che Roald Dahl raccontò nel suo libro cult.
Visualizza questo post su Instagram
Si perde così parte di quella magia che la Fabbrica di Cioccolato ha saputo dare alle varie trasposizioni che si sono susseguite nel tempo, ma l’intento stavolta è capire in che modo Wonka sia effettivamente arrivato a quel punto. E così, Wonka si libera dal giogo del biglietto d’oro, di Augustus Gloop, Charlie Bucket e tutti gli altri, mettendo il solo futuro magnate al centro dell’attenzione facendone risaltare una figura soffice ma tridimensionale, un essere umano che prova a ergersi per portare la fantasia e la dolcezza nelle grigie vite di tutti.
L’influenza di Paddington, serie di film diretti dallo stesso King (e scritto da Simon Farnaby, che è sceneggiatore appunto anche di Wonka), si fa sentire sin dalle prime battute. Pur essendo giovane, Willy nasconde qualcosa dentro di sé, ha una marcia in più, e a Londra intende iniziare una nuova vita finendo però nel mezzo di una cospirazione per fermare l’astro nascente della pasticceria mondiale, ad opera del temibile cartello del cioccolato! Il film tratta con spensieratezza questa storia, Chalamet si diverte nel ruolo di un giovane Wonka che si sta formando e che farà tesoro dei suoi errori – interessante il parallelismo con il film di Burton, nel quale il proprietario della fabbrica si allontana dalle scene sempre per un boicottaggio ai suoi prodotti, anche se con circostanze differenti -, decostruendo una figura ben nota al grande pubblico e mostrandolo da altre angolazioni.
Ed è proprio dalle altre angolazioni che Wonka si distingue dai suoi illustri predecessori – o successori, dato che è un prequel. Non è più un semplice film rivolto ai bambini, come del resto già Burton aveva fatto, ma una pellicola che alterna momenti brillanti e traumatici, un po’ come accade alla figura stessa di Willy Wonka. Il modo in cui King e Farnaby seguono abbastanza ossessivamente i ritmi della trama di Paddington 2 è utilissimo ai fini del racconto, ed è un peccato che proprio Chalamet, forse spaesato di fronte a così tanti cambi richiesti in corsa, finisce col restare schiacciato dalla sfrea drammatica di Wonka, senza mai far davvero emergere visivamente la sua geniale follia.
Proprio per questo diciamo che la sceneggiatura stessa ha poca consapevolezza di ciò che vuole rappresentare, trasformando completamente il personaggio principale in un insieme di personalità in modo da poter vendere a malincuore battiti emotivi altalenanti. Un po’ di incongruenze, un po’ di forzature, un po’ tutto. Ma sulla sceneggiatura, a dire il vero, probabilmente è stata data un’attenzione molto limitata, nel desiderio forse di far emergere la fantasia di Wonka da altri elementi.
Difatti, King ancora una volta dà vita a una visione romantica della Gran Bretagna, quasi onirica, vantando una produzione splendida ed elaborata e un design dei costumi sempre fantastico, a cui si aggiunge poi un Hugh Grant nei panni di un dispettoso Umpa-Lumpa davvero unico. È un peccato che una rappresentazione così fantastica dell’allegra vecchia Inghilterra si incroci spesso con la CGI della valle misteriosa, quando le delizie più gustose del film sono nascoste proprio nella sua dimensione realistica.
Il risultato finale è un successo, non solo al botteghino. Wonka è un film leggerissimo e dall’impatto dolce e rilassante, perfetto per le famiglie e capace di coinvolgere al punto giusto. Non si raggiunge lo splendore del vero Willy Wonka, chiaro, ma forse perché quello a cui siamo sempre stati abituati è una figura già ben delineata, pronta anzi a cercare chi potrà prendere il suo posto. In Wonka, è lo stesso Willy che deve ancora capire cosa sarà.
Scrivi un commento