C’è un po’ di Interstellar in questa emozionante, penultima puntata della seconda stagione di Loki, la quale prepara il pubblico alla probabile chiusura di un loop che avrà però delle importanti ripercussioni sul futuro del tempo e del multiverso come lo conosciamo – Deadpool 3 docet, a quanto pare, e maledetto sia il giorno in cui è iniziato lo sciopero (legittimo, sia chiaro) degli attori.
Come già avevano anticipato i teaser nei giorni scorsi, la TVA ha raggiunto l’apparente punto di non ritorno: il telaio temporale si è distrutto, e con esso anche il tempo si sta disgregando. In qualche modo, l’unico che riesce a mantenere coscienza di tutto ciò è proprio Loki (Tom Hiddleston), il quale, complici anche i problemi temporali che ha riscontrato all’inizio della stagione dopo essere stato sbalzato qua e là alla Time Variance Authority, assiste impotente alla fine di ogni cosa. Siamo proprio alla fine del tempo, per citare il luogo nel quale Colui che Rimane aveva fissato la sua dimora. Ma non alla fine della storia.
Comincia così un viaggio non particolarmente lungo, condensato nella durata di questo singolo episodio, nel quale il dio norreno diventa inaspettatamente l’unica speranza di un multiverso in fase di disgregazione, con l’obiettivo di tornare, in qualche modo, là dove tutto è cominciato. Per farlo, occorre ricercare i pezzi che hanno reso importante la sua vita, le sue ancore di salvezza in questo contorto flusso temporale che da quando ha rubato il Tesseract in Endgame proprio non lo lascia in pace.
Ma perché citare Interstellar, all’inizio di questa recensione, parlando di Loki? Nella magnifica opera di Christopher Nolan, il tempo non era la sola grande costante in tutto l’universo. Anche e soprattutto l’amore rappresentava una delle leggi più inossidabili della natura. In quel caso era il rapporto tra Cooper e Murph, padre e figlia separati da gargantuesche distanze siderali; nel caso di Loki, il dio dell’inganno riconosce finalmente che alla TVA ha finalmente trovato una nuova ragione di vivere e persone per cui lottare, e in effetti è interessante notare come questo percorso sia antitetico a quello del Loki post-Avengers il quale sarebbe presto caduto in una profonda depressione come abbiamo visto in Thor: The Dark World.
Ma Interstellar, con tutta la sua potenza, non è la sola fonte d’ispirazione. È inevitabile guardare questo penultimo episodio senza pensare all’indimenticabile Desmond Hume, personaggio della straordinaria serie Lost di JJ Abrams il quale ebbe un ruolo fondamentale per convogliare tutti i protagonisti verso una risoluzione finale. Ecco, sì, forse è questo il parallelo più azzeccato: Loki è diventato il Desmond Hume del Marvel Cinematic Universe. E la sua serie, ancora una volta, si conferma come un prodotto ben studiato e approfondito, ricco di idee e parallelismi, con sicuramente alcune pezze di scrittura mitigate però da comprimari come Mobius (Owen Wilson) che riescono sempre a dare il meglio di loro. Anche Sylvie (Sophia di Martino), a dire il vero, finalmente si prende un po’ di rivalsa, dopo una stagione passata molto nell’ombra dell’ingombrante variante principale del fratello di Thor.
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