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La seconda stagione di Loki saluta i fan con un episodio monumentale. Se già il precedente episodio aveva permesso a Tom Hiddleston di immergersi sempre di più nella nuova figura di Loki, un personaggio che dopo gli eventi di Endgame e della TVA ha trovato nuove ragioni per vivere e lottare, questa chiusura di stagione sgancia un turbinio di emozioni, un telaio di salti temporali e loop continui che culmina con quello che molti pensavano ma non tutti avevamo il coraggio di immaginare.
L’episodio è l’occasione giusta e logica per rivivere, per esplorare sequenze già viste da altri punti di vista, e ritrovare personaggi che credevamo di aver perso per sempre. Anche i dubbi di scrittura, legati a un inizio di stagione che sembrava leggermente in disaccordo con quanto accaduto nella prima stagione, vengono sciolti: Loki è sempre stato la figura centrale di tutta questa storia, e lo sarà ancora. Cosa ci riserverà il futuro è tutto da scoprire. Il destino è un libro che non abbiamo ancora finito di leggere. Ma il dio norreno, intrappolato forse da millenni in quella che è la sua battaglia senza vincitori né vinti, ha infine trovato il suo.
Gloriosi propositi, titolo assolutamente non casuale per questo ultimo episodio, è fatto di primi piani e dialoghi, di passati da riscoprire e apprezzare, di emozioni da raccontare. Il culmine del viaggio della Time Variance Authority, se ci pensiamo. Quello grazie al quale si è deciso il destino del multiverso e del libero arbitrio, tema che torna prepotentemente d’attualità nel finale di stagione.
A conti fatti, chi risulta sacrificato sono personaggi come Brad (Rafael Casal) e Ravonna (Gugu Mbatha-Raw), troppo facilmente dimenticati da una narrazione che, in fin dei conti, ha avuto non solo scarso effetto su di loro ma anche poca convinzione nell’elevarli a qualcosa di più importante. Di contro, tutto il resto del cast ricopre il perfetto ruolo da comprimario per Loki.
Mobius (Owen Wilson) è quello che maggiormente resta nel cuore, raccontando la sua battaglia interiore e l’incapacità di tornare indietro; Sylvie (Sophia di Martino) è la variante, la chiave di volta, il simbolo di un cambiamento che deve accadere e che vuole accadere; Ouroboros (Ke Huy Quan) è qui una simpatica presenza, ma nulla più visto lo spazio già concesso in precedenza, ma persino Timely (Jonathan Majors) è di nuovo in gioco – nessuno spoiler, se avete visto il precedente episodio.
Come il flusso temporale si è disintegrato in infiniti spaghetti volanti, anche Loki fluttua nel vuoto, va avanti e indietro per sconvolgere l’inevitabile, sperimenta, apprende, cambia, migliora se stesso. Allo stesso modo della serie, in effetti.
Loki si conferma il prodotto meglio costruito e integrato all’interno della Multiverse Saga, non solo per la qualità e per l’importante significato in ottica futura, ma anche e soprattutto per i suoi personaggi, la cui vita è ora più intrecciata che mai. In tutti i sensi, per tutti i tempi. Sempre.
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