Qualche passaggio interessante non manca, oltre a un Jude Law che, seppur teatrale, è abile nel mettere in scena una nuova iterazione di Uncino, ma Peter Pan & Wendy finisce col fare l’errore di credere poco in se stesso e cercare di replicare un intramontabile classico Disney. Ancora una volta.
La storia di Peter Pan non ha spesso avuto fortuna sul grande schermo, almeno in live action. Le trasposizioni cinematografiche sono tante, da Pan di Joe Wright del 2015 ad Alice e Peter del 2020. Gran parte degli adattamenti della storia di JM Barrie sono stati bocciati dalla storia, e rari sono i casi in cui davvero l’opera ha saputo dare il meglio di sé sul grande schermo. Ma tra questi, sfortunatamente, non rientra l’ultimo live action Disney firmato da David Lowery, che già aveva diretto l’apprezzato Il drago invisibile per Topolino.
Troppa finzione, troppa poca convinzione, troppe situazioni anticlimatiche. Peter Pan & Wendy inizia con la storia che tutti conosciamo: Wendy (la brava Ever Anderson) e i suoi fratellini vengono portati all’Isola che Non C’è da Peter Pan (Alexander Molony), sulle note dell’indimenticabile Puoi volar! del classico animato. Ma già da questa prima, nostalgica sequenza, emergono i problemi di un live action che vuole essere grande ma viene inevitabilmente frenato dai limiti del budget, probabilmente in gran parte destinato a un Jude Law in forma. Almeno quando viene chiamato a esplorare un lato di Uncino che non conosciamo.
Perché se da un lato abbiamo un timidissimo tentativo della sceneggiatura di raccontare una storia più elaborata, scoprendo lati dell’iconico capitano che non conoscevamo, dall’altro molto presto il film si trasforma in Wendy, una pellicola che lascia a Peter le sole, e brutte, scene d’azione. La giovane Darling è la vera protagonista, è colei alla quale sono affidati i più importanti risvolti di trama (ma praticamente non ce ne sono, ecco) e le battute più politicamente corrette tra tutte – abbiamo visto un certo omaggio alla Wonder Woman di Zack Snyder’s Justice League, in un particolare frangente, ma non è una cosa positiva.
La chiave di lettura della pellicola è sempre la solita: la crescita, il senso di avventura, la famiglia, e così via. Lo stesso Lowery, sceneggiatore della pellicola insieme a Toby Halbrooks, si sforza in tutti i modi di rendere il tutto più interessante, approfondendo il rapporto tra Uncino e Peter, e proprio questa poteva essere il perno vincente del live action, che si schianta invece contro un muro fatto di superficialità, indecisione e voglia di terminare al più presto un film di circa un’ora e mezza che in realtà poteva tranquillamente diventare un cortometraggio per l’insignificante mole di eventi mostrati. Molte sottotrame dell’originale classico vengono completamente abbandonate, e il problema è proprio che non viene dato spazio ad altro, se non alla potenzialmente curiosa backstory di Uncino che in realtà non riesce ad avere alcun peso specifico nella trama.
Non è difficile capire per quale motivo Disney abbia destinato il live action alla sola piattaforma streaming: un film del genere, in sala, sarebbe sprofondato tra le acque della Roccia del Teschio, senza possibilità di tornare a galla. Poverissimo nella messa in scena, la stragrande maggioranza degli eventi si svolgono inoltre tra green screen indecenti e due, massimo tre location, mai davvero curate. Neverland è ridotta a una scogliera, senza una magia.
Nessuno ha creduto in Peter Pan & Wendy, neanche la Disney. L’unico, forse, a voler dare un briciolo di speranza al progetto è stato proprio Law, che tuttavia, ma non per colpa sua, esce con le ossa a pezzi nel confronto con altri grandi Uncino del cinema come Dustin Hoffman e Jason Isaacs.
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