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[Recensione] Crudelia

Non ci sarebbe da stupirsi se Craig Gillespie, regista di Crudelia e al suo primo vero confronto con un altisonante prodotto hollywoodiano, affermasse durante una delle interviste per la promozione del film di essersi almeno in parte ispirato al particolare ritmo di pellicole quali Guardiani della Galassia e Baby Driver, che si lasciano cullare dolcemente accompagnando lo spettatore con le note musicali dei grandi del passato. Peccato solo che nella riuscita reinterpretazione dedicata a una delle più iconiche villain femminili della storia Disney, alla quale spetta l’onore di rilanciare Topolino al cinema dopo i funesti eventi dell’ultimo anno, questo martellante montaggio musicale rappresenti il momento più centrale e anche inutilmente pesante di una pellicola che avrebbe giovato di un minutaggio più contenuto e qualche superfluo dialogo in meno, nonostante faccia risaltare alla perfezione gli elementi che più interessano.

Crudelia segue il filone dei live action Disney che non vogliono riproporre 1:1 gli amati lungometraggi animati, bensì si rifà a operazioni quali Maleficent e relativo sequel. Al centro della storia, di questa nuova storia mai raccontata, o comunque modificata rispetto ai canoni che conosciamo, non ci sono gli “eroi positivi”, che ne La Carica dei 101 erano ovviamente i Dalmata, oltre ai coniugi Anita e Rudy Dearly. No, in Crudelia, come suggerisce perspicacemente il titolo, la figura di riferimento è la stilista più spietata di Londra, la donna che fa parlare di sé per qualsiasi cosa riesca a realizzare.

Paradossalmente, Crudelia ha più in comune con un’importante parte del live action del 1996 che con il lungometraggio animato, seppur gli intenti siano ben più differenti. L’obiettivo di Gillespie e della folta squadra di sceneggiatori al servizio del film è quello di familiarizzare con una figura complessa come quella della protagonista, continuamente in bilico tra una ragionata psiche e una follia dilagante. Se Glenn Close fu superlativa, ormai 25 anni fa, a dar vita a un vero e proprio mostro del cinema Disney sul grande schermo, rubando la scena a tutti gli altri, Emma Stone è altrettanto ottima nel proporre una visione differente del personaggio, del quale vengono ristabilite le origini e le emozioni.

Stavolta lo scenario non è il presente, bensì la Londra degli anni ’60 e ’70. Gli anni della grande moda, della ribellione, del crescente sentimento di un bisogno di far scaturire quel pizzico di pazzia interiore, per farla conoscere al mondo. È qui che Estella nasce e cresce, impersonificando perfettamente quello che è il contesto storico: la bambina, nata con una particolare peculiarità che riguarda i suoi capelli, esattamente divisi tra bianco e nero, è intraprendente, furba e non i fa mettere i piedi in testa da nessuno, ma nasconde dentro di sé anche un lato più oscuro. Questa seconda versione di sé, che lei scherzosamente con la madre chiama Cruella vista la sua impulsività e crudeltà, sempre però ragionate e con precisi fini dietro, è quella che più la spaventa e la attrae allo stesso tempo, ed è il perno centrale attorno al quale ruota la sua carriera agli esordi nel mondo della moda.

Estella/Cruella si ritrova alle dipendenze della narcisista Baronessa (Emma Thompson), altra figura chiave del film e, insieme a Emma Stone, la grande star della pellicola. Le scene che mostrano i due personaggi mentre dialogano e interagiscono tra loro, in effetti, sono senza dubbio quelle più riuscite e appassionanti, grazie a un’interpretazione magistrale da parte di entrambe. Se però per Cruella il film rappresenta un percorso di crescita, fino a far emergere il suo lato più voglioso di successo e intraprendente, anche a costo di perdere la sua identità, per la Baronessa questo è uno spinoso punto di arrivo. Già corrotta dal suo temperamento – in lei, è impossibile non fare un paragone con la Miranda Priestly di Meryl Streep de Il Diavolo veste Prada -, la donna viene progressivamente schiacciata da un mondo in continuo e rapido mutamento, e la sua strada si incrocia, guardacaso, con colei che un giorno sarà ricordata come una delle più grandi figure chiave della moda.

Gillespie gioca in continuazione con gli incontri/scontri tra i due colossi, esalta la musica in una miriade di scene (troppo, come dicevamo in apertura), mette in scena una Londra straordinaria nei colori e nella forma, a costo di dimenticare tutto il resto. Possiamo dire, senza esagerare, che i nomi di Jasper (Joel Fry) e Horace (Paul Walter Houser), quest’ultimo scelto per intrattenere le fila della linea comica del film senza troppo successo, siano gli unici che emergono dal totale anonimato di tutti gli altri personaggi che non siano le due colossali protagoniste, ma questo anche perché si tratta di due personaggi ben noti del “franchise” dei Dalmata – nell’originale live action vennero interpretati da Hugh Laurie e Mark Williams, di ben altra caratura e ben più riusciti. Per tutti gli altri, si tratta di semplici comparse sbiadite e approssimativamente inutili, che restano sempre sullo sfondo o che, nelle poche occasioni in cui vengono chiamate in causa, non fanno emergere alcunché.

Affidandosi fortunatamente a scene dal forte impatto, per la tensione e la costruzione di esse, Gillespie riesce comunque, nonostante alcuni difetti messi in evidenza, a mettere in piedi una favola moderna capace di dare nuova linfa a un nome che già prima tutti conoscevano, e che qui ottiene una sorta di seconda vita. Nel futuro di Cruella, se il film andrà come deve andare, ci sarà spazio per altre storie, e per assistere, forse, all’ascesa della “vera” e indimenticabile Crudelia De Mon – a tal proposito, non lasciate la sala prima della fine dei titoli di coda. Per il momento però godiamoci l’ennesima eccellente prova di Emma Stone, in un film che, se avesse saputo controllarsi con più rigore, avrebbe potuto davvero rappresentare una bellissima sorpresa.

Scritto da
Andrea "Geo" Peroni

Entra a contatto con uno strano oggetto chiamato "videogioco" alla tenera età di 5 anni, e da lì in poi la sua mente sarà focalizzata per sempre sul mondo videoludico. Fan sfegatato della serie Kingdom Hearts e della Marvel Comics, che mi divertono fin da bambino. Cacciatore di Trofei DOP.

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