Che cos’è un cinepanettone? E per quale bizzarro ma comprensibile motivo è diventato il simbolo stesso dell’arte cinematografica italiana per molto tempo quasi un ventennio, prima che il suo potere si dissolvesse rapidamente a causa di una mancanza di idee e di una mentalità fin troppo radicata nel passato e incapace di evolversi?
È interessante ricordare che cinepanettone, inteso come rappresentazione di un filone di film che replicano la loro formula e il periodo di uscita, oltre che molto spesso gli interpreti, sia nato solo nel 1997, molto tempo dopo l’uscita di quello che viene considerato l’inizio di tutto: Vacanze di Natale, del 1983.
L’inizio della fine, come i critici sentenziarono coniando appunto, in maniera dispregiativa, il termine di cinema confezionato ad hoc per accompagnare il panettone, di film spazzatura creato solo ed esclusivamente per macinare soldi. E che soldi. Perché tra la comicità slapstick e la volgarità sempre presente, entrambi elementi crepuscolari nelle prime iterazioni del genere ma esplose poi rapidamente a cavallo tra gli anni ’90 e 2000, Filmauro e Neri Parenti trovarono una formula clamorosamente perfetta per un pubblico vastissimo.
Il genere, negli anni ’80 e con Vacanze di Natale, era solo al suo inizio. All’epoca, forse, neppure si pensava a dare forma a questo fenomeno. Il film diretto da Carlo Vanzina, ambientato a Cortina d’Ampezzo, era solo l’ennesimo prodotto del filone delle commedie italiane interpretate da grandi nomi dello spettacolo e cast corali, con storie quasi antologiche che solo tangenzialmente si toccavano. Sapore di Mare, sempre di Vanzina, è stato probabilmente il più grande precursore dei cinepanettoni, ma possiamo asserire che anche film come I pompieri, Yuppies: I giovani di successo o Grandi magazzini, così come disastri epocali alla Chicken Park, siano precursori, o figli in certi casi, di questa nuova mentalità del cinema italiano commerciale.
Parolacce, tormentoni, equivoci, sesso: queste erano le basi della commedia nostrana dell’epoca, che condizionarono poi l’intero filone delle Vacanze a…, Natale a… e così via. Belli i film di Nanni Moretti. Belli eh. Ma l’unico e sicuro metodo per fare soldi facili era affidarsi ad alcuni comici di primo pelo, oltre che bellezze esplosive perché sì, il cinepanettone, che ancora non si chiamava così, doveva essere la rappresentazione di quello che l’italiano medio voleva essere. Di quello che l’italiano medio voleva avere. Che se nel caso de I pompieri era la moglie di Ruoppolo, nei cinepanettoni diventano anche attrici del panorama hollywoodiano – o quasi.
Secondo Carlo ed Enrico Vanzina, considerati da molti i padri del filone di cui sopra, la grande idea per dare inizio a tutto fu proprio Sapore di mare. C’erano ingredienti giusti, c’era una chimica intrigante alla base della storia che coinvolgeva Jerry Calà e Christian De Sica come volti principali, insieme ad altri grandi nomi dello spettacolo come Marina Suma e Virna Lisi.
Si decide così, l’anno dopo, di riproporre un canovaccio e personaggi simili, ma immersi in un’ambientazione differente: la montagna, la neve, le festività natalizie. In soli due mesi viene così girato a Cortina, la stessa location dove Sordi e De Sica senior nel ’59 avevano interpretato Vacanze d’inverno, quello che poi sarà intitolato semplicemente Vacanze di Natale. Un primo, timido ma neanche troppo, tentativo di inseguire una sorta di serialità, che in futuro diventerà uno standard.
Riguardando oggi il film del 1983, risulta evidente come fossero sì presenti alcuni elementi cardine dell’epopea cinepanettoniana, ma al tempo stesso altri fossero ancora molto acerbi. Massimo Boldi, simbolo storico dei cinepanettoni insieme a Christian De Sica, non era ad esempio presente nel film a differenza dell’amico e collega, il quale però impersonava un personaggio atipico per gli standard ai quali siamo abituati.
De Sica non era il solito coatto romano che interpreterà in futuro, bensì il milanese e a tratti precisino Roberto Covelli, figlio di una ricca famiglia di costruttori edili che raggiunge il padre Giovanni (Riccardo Garrone), la madre senza nome (Rossella Como) e i fratelli insieme alla sua nuova fidanzata Samantha (Karina Huff), conosciuta a New York.
Ma da buon film che si deve sviluppare a episodi, con storie parallele che non si toccano se non in rarissime occasioni, c’erano anche altri protagonisti. Cortina diventa lo sfondo di una storia di equivoci e inganni d’amore, tradimenti e passioni, che coinvolgono in particolare Mario (Claudio Amendola) e lo squattrinato playboy sciupafemmine Billo (Jerry Calà), protagonista di una battuta rimasta nell’immaginario collettivo del cinema italiano: “Non sono bello, ma piaccio”. E piaceva, il buon Jerry, a tal punto da riportare tra le sue braccia l’ex fiamma Ivana (Stefania Sandrelli), ormai annoiata dal marito Donatone (Guido Nicheli) e dalla sua mitologica auto capace di fare Milano-Cortina in appena 2 ore, 54 minuti e 27 secondi. Alboreto is nothing, chiaramente.
Eppure, Vacanze di Natale era ancora un’idea troppo strana in confronto ai successivi cinepanettoni. Il film di Vanzina era una foto, uno spaccato degli anni ’80 che offriva un quadro a tratti interessante della società e dell’imperante bisogno di sfoggiare la propria vita, col consumismo galoppante che muoveva inesorabile i propri passi. O almeno questo è quello che gli italiani pensavano, ritrovandosi troppo spesso, ancora oggi, di fronte a tante contraddizioni che presentano l’Italia e i suoi ceti.
La critica fu benevolente nei confronti della commedia, senza percepire il movimento che avrebbe creato di lì a poco. In realtà, la vera e propria esplosione dei cinepanettoni arriverà solo con gli anni ’90, ma i Vanzina, scaltri come delle faine, avevano già annusato il potenziale. Fu così che appena un anno dopo, di nuovo, si tentò la stessa operazione, stavolta puntando a Las Vegas. Il trio di Cortina tornò in tutto il suo splendore: Amendola, De Sica e Calà tornano per Vacanze in America, dove una comitiva scolastica si spinge dall’altra parte dell’oceano per una gita dai risvolti unici.
Un film che non ottenne lo stesso successo (quell’anno il botteghino fu dominato da Non ci resta che piangere, con Benigni e Troisi), ma che definì alcuni elementi chiave del genere. Uno di questi era ovviamente De Sica, che anche nei panni di un parroco riuscirà a dare inizio a quella spirale di sex symbol che lo contraddistinguerà per molti anni a venire. Anche con l’abito talare, insomma, De Sica cuccava. Cuccava e respingeva. Cosa che presto non avrebbe però più fatto.
La formula del film natalizio, così, venne messa a riposare per circa un lustro, nel quale le grandi menti di Filmauro si concentrarono per capire come massimizzare il tutto. Il pubblico amava questi comici, amava le commedie teatrali degli equivoci, amava ridere sotto le feste. C’era solo una cosa da fare: aspettare gli anni ’90, per dare il via a un fenomeno senza precedenti per il Bel Paese.
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