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The Acolyte è una serie brutta, e Star Wars non ne può più | Recensione

È un’affermazione fortissima quella con cui ho deciso di iniziare questa recensione. Ma è qualcosa che dico col cuore in mano, da fan di Guerre Stellari ormai da un quarto di secolo – forse anche più. Non ne posso più. Non ce la faccio più a vedere Star Wars massacrato in questo modo, ma soprattutto vedere che i fan, quindi me compreso, vengono presi palesemente in giro o trattati come semplici numeri dello share o dell’algoritmo facendoli passare per ignoranti o incapaci di ragionare di fronte a evidenti difficoltà.

The Acolyte è una serie brutta. Forse non del tutto dal punto di vista tecnico, dove mette anche in mostra alcuni combattimenti ben coreografati o scenari piacevolmente inediti (cosa di cui il franchise ha bisogno). E Lucasfilm deve smetterla di rigirare il coltello nella piaga. Non stiamo dicendo che il franchise di Star Wars sia morto o abbia smarrito il suo potenziale. Star Wars ha un potenziale immenso, basti pensare al fu Legends oggi apocrifo. Tante, tantissime storie possono e devono essere raccontate, anche allontanandosi del tutto dagli Skywalker. Ma The Acolyte è il modo sbagliatissimo di farlo.

Le premesse del nuovo show televisivo di Lucasfilm erano anche buone. Finalmente qualcosa lontano dagli Skywalker. Finalmente qualcosa di slegato dall’Impero, non per una forma di negatività ma più che altro perché questo periodo storico è stato approfondito (e continuerà a esserlo) in tantissime opere. Su il sipario quindi sull’Alta Repubblica, un periodo di grande splendore per il governo della galassia ma anche per i Jedi. Ma il male, come spesso accade, è in agguato. E sebbene manchino circa 100 anni al ritorno pubblico dei Sith con Darth Maul, il Lato Oscuro muove sempre i propri passi.

Il personaggio che svetta sugli altri è Sol (Lee Jung-jae), che si lascia andare a una grande performance nei panni di un Maestro Jedi autorevole e autoritario, ma che nasconde qualcosa. Nasconde sempre qualcosa. In effetti, The Acolyte nasce come un giallo intorno ai Jedi, alcuni dei quali rimasti coinvolti in un incidente anni prima sul pianeta Brendok. Un mistero da sciogliere e svelare, che sta consentendo inoltre a un nemico rimasto a lungo nell’ombra di muovere le sue pedine sulla scacchiera e uscire allo scoperto, per rimarcare quanto molti Jedi siano sempre stati imperfetti. Perché solo un Sith vive di assoluti, diceva Obi-Wan Kenobi, eppure anche questo, paradossalmente, è un assoluto.

L’incidente di Brendok scatena su Sol e gli altri Jedi coinvolti una catena di eventi imprevedibili, che va a toccare anche le gemelle Mae e Osha (Amandla Stenberg) ora coinvolte direttamente. Tutto inizia con il misterioso (e realizzato molto male) omicidio di Indara (Carrie Anne-Moss), dando inizio a un’indagine dove sangue chiama sangue, di continuo, con ribaltamenti di fronte e colpi di scena interessanti.

Certo, sarebbero interessanti se solo Leslye Headland, showrunner della serie che si è più preoccupata di parlare di lesbiche nella promozione di The Acolyte che del vero e proprio prodotto (un sano chissenefrega, che bisogno c’è di parlare di un aspetto totalmente marginale della faccenda?), si fosse ricordata che il cuore di una storia è… la storia. E la storia di The Acolyte è raccontata in modo totalmente disastroso.

Anche la ricerca di una maggiore profondità all’interno dell’universo naufraga di fronte a rappresentazioni paragonabili a quelle delle recite delle medie. Le streghe di Brendok, ad esempio, assomigliano più a un branco di animatrici delle feste di paese durante una celebrazione storica con costumi di bassa lega, che a un vero e proprio culto della Forza che possiede un legame incredibile con essa. Non sappiamo nulla di queste streghe, ma non è questo il problema. L’aura di mistero andrebbe anche bene, ma è tutto così siocco e superfluo, peraltro anche lontano dalla filosofia e lo stile che Star Wars ha sempre proposto.

E questo vale per tutto. Paradossalmente, The Acolyte soffre del problema opposto a quello di Obi-Wan Kenobi, che nei suoi 6 episodi risultava essere un film allungato fino alla nausea per riempire il minutaggio. No, The Acolyte è il contrario: in 8 episodi non riesce mai a mostrare come dovrebbe tutto quello che propone, risultando inefficace in ogni sua forma. I flashback non sono capaci di dare le giuste motivazioni alle azioni dei personaggi, e le due gemelle, il vero fulcro della narrazione del presente, continuano a cambiare fronte, idee e modo di agire, quasi come se mancassero dei tasselli della storia che vengono abbozzati in semplici sguardi o pensieri che lo spettatore deve immaginarsi. I change of heart di Mae e Osho sono il problema più grande, perché la serie non è minimamente in grado di dare una spiegazione a tutto questo.

Ed è un peccato perché Amandla Stenberg comunque fa un buon lavoro nel mostrare i due lati della stessa medaglia che sono Mae e Osho, senza mai però convincere a causa di quello che è costretta a fare e dire. I Jedi, da tutto questo, ne escono malamente. Come forse il 99% del cast. Ma del resto, se sprechi i primi 4 episodi con il nulla cosmico e poi pretendi di aggiustare tutto in corsa senza neppure sapere come fare, questo può essere l’unico risultato possibile. Si salvano i combattimenti spettacolari, oltre che qualche ambientazione scelta per questa nuova storia. Ma è davvero troppo poco per la prima stagione di uno show che, sinceramente, non lascia alcuna voglia di sapere come proseguirà. Le porte lasciate aperte per il futuro hanno senso solo se si è in grado di costruirle con attenzione. E quelle di The Acolyte sono già ricordi sbiaditi e insignificanti.

E ora, in chiusura, prima di lasciarvi al voto finale di questa prima stagione, un piccolo ma significativo pensiero. In 5 anni, Lucasfilm ha realizzato tre stagioni di The Mandalorian, una di Andor e una di Ahsoka – parliamo di serie e non miniserie limitate, come nel caso di Kenobi. Per quanto la qualità degli show appena citati sia sempre alta, c’è un problema di fondo davvero preoccupante: il tempo. I tempi di produzione sono dilatatissimi, e il pubblico inizia a spazientirsi. Persino la validissima serie su Ahsoka Tano, lanciata più di un anno fa, ancora non si sa se e quando avvierà la produzione dei nuovi episodi, che potrebbero quindi farsi attendere fino alla fine del 2025 o ancor più probabile il 2026.

Ma il vero problema non è il tempo. Il vero problema è costruire questi spettacoli come gigantesche produzioni costosissime ed esose di tempo, che finiscono in più occasioni col deludere. The Acolyte, che doveva dare il via alla grande era live action dell’Alta Repubblica, è un biglietto da visita agghiacciante. Nessun nuovo o vecchio fan si può dire interessato a proseguire questo momento storico del franchise, se non per mera curiosità di quello che forse accadrà un giorno. Che spreco.

2.75
Review Overview
Riassunto

The Acolyte è una serie che funziona sul piano dell'immaginario al quale appartiene, con un universo di Star Wars sempre intenso e affascinante e ora anche pronto ad abbracciare un nuovo periodo della sua 'vita', e che risulta totalmente inadeguata sotto il profilo della scrittura. Insieme a The Book of Boba Fett, si contende senza dubbio il titolo di peggior serie live action di Star Wars, frutto di personaggi e narrazioni assolutamente dimenticabili o del tutto sbagliati.

  • Giudizio complessivo2.75
Scritto da
Andrea "Geo" Peroni

Entra a contatto con uno strano oggetto chiamato "videogioco" alla tenera età di 5 anni, e da lì in poi la sua mente sarà focalizzata per sempre sul mondo videoludico. Fan sfegatato della serie Kingdom Hearts e della Marvel Comics, che mi divertono fin da bambino. Cacciatore di Trofei DOP.

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