La Disney quest’anno spegne 100 candeline. Un traguardo importante, raggiunto rischiando più e più volte di finire in bancarotta. Perché quella che oggi noi consideriamo una delle case produttrici più famose, soprattutto per quanto riguarda l’animazione occidentale, è passata attraverso varie crisi nel corso della sua lunga carriera. Tutte superate grazie alla sua capacità di rischiare e di rinnovarsi nel corso degli anni. Fu la prima a portare in sala un lungometraggio d’animazione, ovvero Biancaneve e i sette nani, nel 1937, quando questo era ancora una scommessa dal punto di vista commerciale. E questa fu solo una delle tante scommesse che la casa produttrice decise di rischiare.
Ma ultimamente, questa meravigliosa voglia di saltare nel vuoto, sembra essere del tutto scomparsa. Ormai la Disney stessa sembra dominata da sequel su sequel e copie carbone in versione live action di film che abbiamo già visto. E anche quando ci ritroviamo in nuove ambientazioni con nuovi personaggi, le dinamiche ormai sembrano essere sempre le stesse. Forse è proprio questo il motivo alla base del perché i nuovi prodotti marchiati Disney non riescono più ad essere iconici come un tempo: la formula è rimasta sempre la stessa.
Questa è il clima in cui nasce Wish, il film animato che serve a omaggiare questi 100 anni di creazioni fiabesche che hanno fatto sognare migliaia e migliaia di bambini (e non). La responsabilità che è toccata ai due registi Chris Buck (già regista di film come Tarzan e Frozen) e Fawn Veerasunthorn (story artist di film come Oceania e Zootropolis) è infatti molto grande e pesante, perché porta con sé delle aspettative a dir poco impegnative. Ma nonostante questo enorme peso sulla schiena, il compito dei due registi si può dire abbastanza riuscito.
Il personaggio più interessante della pellicola è senza dubbio il Re Magnifico, che finalmente ci regala un villain come non se ne vedevano da tanto tempo. Il suo arco narrativo è la vera forza del film, quello che veramente lo rende un po’ più innovativo rispetto alle ultime uscite disneyane, e la sua canzone è una delle migliori in questa pellicola. Inoltre, è proprio con questo personaggio che il film sperimenta di più esteticamente, mescolando l’animazione 3D del film con l’animazione 2D degli incantesimi, che richiamano i vecchi film in animazione tradizionale. La fluidità con cui le nubi di un verde minaccioso si possano trasformare in mani appuntite e spaventose è una vera gioia per gli occhi.
La protagonista Asha, invece, incarna il problema principale della maggior parte delle principesse Disney, ovvero la mancanza di una caratterizzazione profonda. È facile ricordarsi il loro aspetto o la loro storia, ma nominare anche solo un tratto di personalità che le distingua tra loro diventa molto più difficile (eccezion fatta per Mulan). E qui il problema si nota molto di più, non solo perché l’arco narrativo del villain è più interessante di quello della protagonista (come nella maggior parte dei classici Disney), ma anche perché il finale ci lascia intendere che il ruolo di Asha è molto più importante rispetto a quello delle altre principesse dell’universo disneyano. Perfino gli amici che la circondavano sembravano avere delle personalità con più sfaccettature della sua.
Gli amici di Asha, infatti, riuscivano a funzionare perfettamente come spalle comiche, senza intervenire troppo e infastidire lo spettatore. Molte delle loro battute riuscivano ad andare a segno, aumentando il ritmo della storia. Mentre ciò non si può dire di Valentino, la capretta doppiata da Amadeus, un comic-relief che cade troppo facilmente nella macchietta (nonostante Amadeus abbia svolto un lavoro più che buono come doppiatore, soprattutto confrontandolo con il lavoro svolto da Gaia Gozzi, nei panni della protagonista).
Ora, il problema più grande di questo film, è che è un buon film, ma poteva essere molto di più.
C’è un profondo senso d’ironia nelle emozioni che ho provato guardando questo film. Questa ironia, è legata al mio personale fastidio per il sovraccarico di citazioni e “occhiolini” presenti nella maggior parte dei film hollywoodiani di questo periodo. Questo sovraccarico è il risultato della cultura diffusa dal Marvel Cinematic Universe tanto amata ed emulata dai produttori d’oggi. Un trend in cui ogni film deve avere mille rimandi a film/giochi/fumetti precedenti, per poter essere vista non come un’opera a sé stante, ma come una parte di un qualcosa di più grande. E mentre spesso questa “cultura dell’interconnessione” mi infastidisce, in questo film avrei preferito che il citazionismo e gli omaggi ai film precedenti avessero un ruolo più centrale. Proprio perché è il film dei 100 anni della Disney avrei preferito che i creatori si fossero divertiti di più a metterci personaggi e mondi che già conosciamo, per poi farli interagire tra loro. Proprio come nel recente corto celebrativo Once Upon A Studio, dove possiamo vedere tutti i personaggi Disney convivere insieme.
Mi sarebbe piaciuto vedere ciò che ho visto in quel corto, ma per un’ora e mezza, e soprattutto con protagonista Topolino, dato che il motto di Walt Disney è sempre stato: “Non dimentichiamoci mai, che è iniziato tutto con un topo!”. Ed è proprio quel topo che è mancato più di tutti in questo film (se non sottoforma di metafora e della sua ormai iconica sagoma). Ora, non si può dire che le citazioni e i rimandi manchino all’interno della pellicola, soprattutto nella sua colonna sonora, ma inserite in questa storia, appaiono come altamente forzate o troppo generiche. Anche il personaggio che dovrebbe simboleggiare il creatore Walt Disney appare come una macchietta dei nonnetti vecchiotti già visti e rivisti in film del genere. Se la storia fosse stata più simile a quella del corto, tutte le citazioni e gli omaggi avrebbero avuto più senso, non sarebbero apparse come fuori luogo e avrebbero avuto più libertà nell’essere più dirette e, di conseguenza, più efficaci.
In conclusione, Wish è un buon film, e per come è messa la Disney ultimamente è anche abbastanza innovativo. Il problema è che si colloca in un panorama dove questo tipo di sperimentazione non è abbastanza per farlo spiccare tra pellicole come i due Spiderverse o come l’ultimo film del Gatto con gli stivali. Questo non solo a livello dell’animazione, ma anche a livello di storia. Il fatto che questo sia stato un omaggio riuscito ai 100 anni della Disney, ma allo stesso tempo un film che sa di vecchio, è la dimostrazione di come ormai la casa di produzione non sia più in grado di rischiare come faceva un tempo. Confrontando le sue ultime produzioni animate con le altre uscite in questi anni, il quadro che ci si presenta davanti è di una Disney rimasta troppo indietro, rallentata dall’ancora dell’usato sicuro. Questo è un film altamente disneyano, e sfortunatamente adesso come adesso, questo non è più un grande complimento.
Review Overview
Riassunto
Il film è ben riuscito, e il villain ricorda molto l'iconicità dei vecchi villain disneyani che sembravano ormai scomparsi. Questo però in una storia dai beat molto prevedibili, per quanto esteticamente meravigliosa.
Pro
L'animazione che racchiude la vecchia e la nuova Disney. La scrittura del personaggio di Re Magnifico. La comicità che funziona.Contro
Una protagonista dalla personalità molto generica. Una storia che ricalca dei cliché fin troppo abusati. La potenzialità celebrativa non sfruttata fino in fondo.- Animazione3.5
- Storia e scrittura3
- Voto complessivo3.25
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