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Come Amazon distrugge i prodotti invenduti delle aziende terze

Il 20 gennaio scorso è andato in onda un servizio di Teresa Paoli durante la trasmissione del programma Rai “Presadiretta”. Il servizio, pubblicato anche sul canale youtube della Rai (e in calce all’articolo) ha come protagonista Amazon, il colosso americano che non ha certo bisogno di presentazione. La domanda con cui viene aperto il servizio è piuttosto semplice: “Cosa succede quando i prodotti venduti su Amazon da aziende terze non vengono venduti?” La risposta potrebbe essere piuttosto facile da ipotizzare. Si potrebbe pensare che vengano lasciati nei vari magazzini in attesa di essere venduti (o svenduti). La realtà, tuttavia, è molto più crudele di quello che sembra. All’interno dei magazzini Amazon esiste infatti un programma “Destroy” che prevede la distruzione dei prodotti invenduti (seppur funzionanti). Ma come mai è stato implementato un servizio del genere? Cerchiamo di capirlo analizzando il servizio in questione. Come sicuramente saprete, ogni azienda terza ha la possibilità di vendere i propri prodotti tramite il portale Amazon.

Ovviamente il rapporto tra Amazon e le aziende terze si apre con la sottoscrizione di un contratto tra le due parti. Una delle tante clausole prevede che l’azienda terza paghi una tariffa per tenere i prodotti nei magazzini Amazon. In particolare, la tariffa è pari a 36 euro al metro cubo. Tuttavia, dopo un anno, se sono rimaste delle scorte, la tariffa sale a 170 euro al metro cubo. Come è facile intuire costi del genere posso influire negativamente sul conto economico di un’azienda che potrebbe non riuscire più a sostenere spese del genere. E’ a questo punto che da contratto Amazon prevede due opzioni: rimozione o smaltimento. Nel primo caso i prodotti invenduti vengono restituiti all’azienda terza. Nel secondo, si procede con la distruzione dei prodotti e, quindi, con l’attuazione del programma Destroy. Ma avendo due scelte a disposizione, perchè le aziende dovrebbero optare per la distruzione dei loro prodotti? Anche in questo caso si tratta di un problema di costi. La rimozione ha un costo di 0,25 a unità mentre lo smaltimento di 0,10 euro. Una stima svolta sul suolo francese lascerebbe presumere che in un anno i prodotti funzionanti e distrutti si attesterebbero a circa 3 milioni di unità.Tra l’altro il programma Destroy coinvolge tutt i tipi di prodotto: dai giocatolli all’elettronica, compresi iPhone, smartphone, televisori, microonde e molto altro ancora. Oltre ad essere uno spreco, questo sistema causa un notevole impatto ambientale.

A onor del vero, Amazon stessa sta cercando di porre rimedio a questo problema. Una delle prime soluzioni è stata quella di aumentare il costo per unità dello smaltimento, uguagliandolo a quello della rimozione. In secondo luogo, il colosso statunitense sta prevedendo la possibilità di donare l’invenduto. Possibilità che in Francia e Germania sta prendendo sempre più piede ma che, in Italia, stenta a decollare. Anche in questo caso, tanto per cambiare, si tratta di un problema di costi. In Italia la legge prevede infatti che sui beni distrutti non si paghi l’IVA mentre su quelli donati sì. L’unica eccezione è rappresentata da beni alimentari e farmaceutici. Ovviamente una norma scritta ad hoc potrebbe evitare questi sprechi immani. Il servizio si conclude infatti con un’intervista a Sergio Cristofanelli, appartenente alla Direzione generale Rifiuti e Inquinamento del Ministero dell’Ambiente.

Ovviamente con questo speciale non vogliamo additare la colpa dello spreco del mondo ad Amazon. Quello su cui vogliamo riflettere, invece, è il sistema capitalistico che, al suo estremo, crea realtà distorte, come quella raccontata dalla Paoli. Concludiamo l’articolo augurandoci di poter trovare una soluzione a questo (grave) problema di impatto ambientale.

Scritto da
Marco "Bounty" Di Prospero

Durante il giorno dipendente presso una società finanziaria. La sera nerd e videogiocatore. Per me l'intrattenimento videoludico è una forma d'arte grazie alla quale poter fantasticare e staccare la spina dallo stress giornaliero. Cresciuto a suon di Mortal Kombat, Metal Gear Solid e Resident Evil.

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