Come funziona la paura?
Il nostro cervello è capace di elaborare immagini solamente a partire da un suono, sorprendente; e se fondessimo quel suono sospetto con un’atmosfera buia e tetra, senza sapere cosa ci sia dietro ogni angolo? Questo è l’intento che Amnesia si prefissa e che raggiunge, andiamo ora però a vedere nell’insieme cosa si cela dietro questa saga in attesa dell’imminente Amnesia Rebirth.
Partiamo dall’inizio: il primo capitolo di Amnesia (The Dark Descent) nasce in concomitanza con Penumbra Requiem, altro gioco leggendario, nel lontano 2009 per poi venir commercializzato l’8 settembre 2010, un periodo storico con una mentalità non ancora pronta forse per certi tipi di videogiochi.
Le lodi ricevute da Amnesia nel corso degli anni gli hanno accostato quella fama che tutt’oggi riconosce le capacità di immergere il giocatore in un’ambientazione horror come mai vista prima.
Il gioco si basa su un principio banale quanto geniale del cervello umano: la paura di ciò che non si vede, infatti durante il gameplay vedremo di rado dei veri e propri “mostri”, se non nella mente di chi gioca, e il panico che si genererà sarà dato da suoni sinistri e botti improvvisi; non per nulla, appena avviato il gioco, la raccomandazione che vedremo a schermo sarà di tenere indosso delle cuffie per isolarci e di spegnere le luci.
Verremo quindi immersi in un contesto che ci mette a disagio, in quanto uno dei nostri istinti primordiali è di stare alla larga dal buio e da tutto ciò che comporta oscurità, oltre a rumori facilmente fraintendibili. La motivazione è che il cervello tenta di dare una spiegazione ai suoni senza basarsi sui fatti, ciò comporta ai nostri nervi di elaborare velocemente un’immagine distorta della realtà, facendoci intendere un pericolo imminente e spaventoso senza averne le prove certe.
Il motivo dietro all’indossare delle cuffie è proprio quello di escludere tutti i sensi tranne l’udito, in modo da alimentare questo processo di paura, soggiogando il nostro subconscio con un gioco.
Fatta l’introduzione, passiamo a vedere cosa ci trasmette la trama vera e propria dei primi due titoli.
THE DARK DESCENT – MEMORIA OSCURATA
La storia comincia nel castello di Brennenburg, in Germania, nel 1839 e il nostro personaggio, un giovane londinese di nome Daniel, si risveglia al suo interno in un pavimento bagnato da uno strano liquido rosa; egli ha perso parte della sua memoria, ricorda infatti solamente il nome, da dove viene e la consapevolezza di aver commesso atti orribili.
Senza un preciso scopo, Daniel inizia ad esplorare ogni meandro del castello tra un capogiro e l’altro fino a trovare una lettera scritta da lui stesso in cui legge di dover fermare un certo Alexander, evitando l’Ombra che lo segue. Nel proseguimento della missione, trova diverse note e frammenti di sfere che contengono alcuni suoi ricordi e da questi oggetti apprendiamo informazioni sulla vita del ragazzo: è un archeologo che, durante una spedizione in una grotta in cui rimane intrappolato, viene a contatto con una strana sfera e una luce talmente intensa da farlo svenire, da quel momento la già citata “Ombra” lo perseguita e, cercando un modo per fermarla, incontra Alexander, il quale si offre di aiutarlo in cambio della sua collaborazione come assistente nella tortura e il successivo omicidio di sacrifici umani, per ottenere la loro “essenza“.
Una volta scoperto il tradimento e schiacciato dai sensi di colpa, Daniel decise di ribellarsi sbarazzandosi della memoria, punto in cui comincia il gioco.
Durante il girovagare per il castello, si verrà in contatto con l’alchimista Agrippa, che aveva aiutato Alexander a venire a conoscenza dei poteri della Sfera molti anni fa, ma ora imprigionato da quest’ultimo in un corpo in decomposizione tramite l’asportazione dell’essenza.
Questo personaggio aiuterà il protagonista nelle missioni più difficili, in una delle quali verrà imprigionato dalle creature dell’ombra.
Qui si apriranno le possibilità di finali multipli: se Daniel non fuggirà in tempo, l’Ombra verrà per ucciderlo, facendo terminare il gioco con una voce lontana di Alexander che ringrazia per il sacrificio; altrimenti, tornerà da Agrippa che gli dirà di tirar via la testa dal corpo in cui è imprigionato e portarla al traditore in modo da terminare il rituale a cui sta lavorando e ora si vedranno gli effetti delle scelte fatte: se Daniel non farà nulla durante il rituale, Alexander attraverserà il portale e il ragazzo verrà ancora ucciso; se seguirà le istruzioni di Agrippa invece, morirà Alexander e il protagonista tornerà alla sua vita di sempre; l’ultimo finale infine, prevede l’abbattimento di tre colonne del portale, uccidendo il traditore e ferendo gravemente Daniel, che però sopravvivrà.
In ogni caso, volente o nolente, nel bene o nel male, riuscirà a liberarsi dell’Ombra per sempre.
A MACHINE FOR PIGS – IL TEMPO NON CAMBIA LE NOSTRE PAURE
60 anni dopo le vicende di Daniel, ci troviamo ora nello stesso universo narrativo, ma interpretando ricco imprenditore Oswald Mandus affetto da amnesia e situato questa volta in casa sua a Londra.
Al di sotto della propria fabbrica, scopre un macchinario misterioso e nascosto di cui dovrà capire il motivo della presenza, tenendo conto anche di altre presenze che si aggirano nella sua dimora: a dargli la caccia, a differenza dell’Ombra del primo capitolo, troveremo dei nuovi tipi di nemici chiamati Manpigs, creature oscure e ibridi di umani mischiati a suini, molto più violenti ed animaleschi comparati alle creature di The Dark Descent, e non vedranno l’ora di mettere le mani su Oswald per smembrarlo a dovere.
L’esplorazione sarà più semplice, in quanto il protagonista non subirà attacchi di panico che lo faranno barcollare, ma puntata a ben altro scopo: durante il tragitto infatti, Oswald sentirà le voci dei suoi bambini e per trovarli dovrà seguire gli indizi che portano alla macchina nascosta.
Seguendo le note lasciate in giro e collegando i fili però, veniamo a conoscenza di una grande verità: mentre era in Messico coi due figli, il protagonista è venuto in contatto con una delle sfere luminose (già presentate in The Dark Descent) che gli ha dato delle visioni del futuro, le guerre mondiali, l’atomica e i propri figli uccisi durante la prima Guerra Mondiale in Francia.
Impazzito dalle visioni ed esasperato, uccise i due figli seppellendoli in giardino e creò lui stesso la macchina, all’interno della quale ci ha messo parte della sua anima e anche della sua follia, questa metà è l’Ingegnere che si sente al telefono durante il tragitto percorso nella villa.
Lo scopo della macchina era quello di plasmare un nuovo mondo a discapito del vecchio tramite un’esplosione nucleare causata dal “composto X“, sostanza radioattiva che avrebbe distrutto il “corrotto Impero” ripopolandolo coi Manpigs, in quanto, secondo la sua mentalità, la Terra è “fatta per i porci e popolata da porci” e dovrebbe apparire all’esterno tanto come è in realtà all’interno.
I Manpigs sono stati creati tramite l’alchimia col composto X che permette la fusione tra le cellule umane e di maiale, nella stanza con la sedia e la lanterna viene trovata una nota dove tra gli ingredienti per il composto che crea i Porcuomini c’è anche la Vitae di Brennenburg, castello in cui si svolsero le vicende di Daniel 60 anni prima.
Tutto diventa chiaro. Per attivare la macchina, Oswald ha dovuto cavarsi il cuore ed è quindi legato ad essa; una volta raggiunta, riaffiorati i ricordi, decide di riprendersi il cuore e spegnere la macchina, morendo nel rimorso.
Tutto il clima di minor terrore si giustifica andando a vedere il periodo storico e abbinandolo alla disumanizzazione dell’uomo negli anni della rivoluzione industriale inglese, motivo per cui Oswald affronta l’ignoto senza farsi domande e fuggendo semplicemente dai mostri inseguitori.
Una storia ben raccontata e che trasmette emozioni forti nella sua semplicità e (a tratti) confusione, lasciando al giocatore l’interpretazione della trama, grazie ai documenti, della vita e morte di Oswald Mandus.
A breve assisteremo all’arrivo del terzo capitolo della saga, che promette un’ambientazione tetra e che ci faccia tremare di terrore; come leggiamo dalla pagina di Steam del titolo: “Il tempo è tuo nemico. Vesti i panni di Tasi e guidala attraverso le sue paure e i suoi tormenti più profondi. Mentre cerchi di attraversare il panorama desertico e abbandonato che ti si para davanti, dovrai anche fare i conti con le tue speranze, le tue paure e i tuoi rimorsi. E, ciononostante, continuare nel tuo percorso, un passo dopo l’altro, consapevole che non ci sia scampo dal fallimento”.
Insomma, ci aspettiamo un gioco molto impuntato sulla psicologia e sul disagio causato al nostro cervello, quel senso di disorientamento che si aveva con The Dark Descent, decretando un minimo il ritorno alle origini.
Ricordiamo che Amnesia Rebirth, terzo titolo della saga, uscirà il 20 ottobre 2020 su PS4 e PC, vi lasciamo da vedere il trailer del gameplay ufficiale del gioco a questo link.
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