Faith è tornata dopo quasi 8 anni, e le cose sono un po’ cambiate, decisamente in meglio. È questo il messaggio che DICE vuole trasmettere tramite Mirror’s Edge Catalyst, reboot in arrivo il 9 Giugno 2016 su PC, PlayStation 4 e Xbox One, che abbiamo avuto l’occasione di provare nella closed beta disponibile dal 22 al 26 Aprile.
Nota: La versione provata è per PlayStation 4.
Di nuovo sui tetti, ma perché?
Ciò che immediatamente salta all’occhio all’avvio del gioco è la storia della protagonista: gli sviluppatori hanno voluto rivedere tutta la vicenda di Faith narrata nel titolo del 2008, così da adattare perfettamente la narrazione alla rinnovata città di Glass. La morte dei genitori da parte del regime totalitario del Conglomerato ha portato la ragazza a nutrire una forte insofferenza verso le forze al potere, le quali esercitano un potere spietato e violento mirato alla piena obbedienza.
Proprio quest’astio, originatosi in età prematura, conduce Faith a legarsi ai “runners”, come vengono chiamati i corrieri di informazioni che si muovono agilmente sui tetti degli edifici della città di specchi. Il loro scopo è quello di risvegliare la società sottomessa al regime, trasportando informazioni preziose lontani dagli occhi delle forze del governo. In questo modo DICE ci catapulta nel mondo di Mirror’s Edge Catalyst, in una città osservata da un altro punto di vista, quello dei tetti.
Dinamicità e focus in una vera città
L’evoluzione del gioco rispetto al capitolo precedente non risiede però solamente in una trama ricca di novità: nella missione-tutorial iniziale, infatti, scopriamo la vera essenza di Catalyst. La dinamicità, fondamentale in Mirror’s Edge, ha ricevuto una grande spinta in questo reboot, portando il giocatore a non doversi distrarre mai dall’obiettivo: ma non è tutto, visto che i tetti sui quali ci muoviamo non sono affatto sgombri da ostacoli, e perciò dovremo tenere alta l’attenzione anche solo per spostarci da una zona all’altra della mappa.
Mappa che può essere davvero definita come relativa ad una città: le zone esplorabili sono moltissime e differenziate da una diversa scala di colori. In questo modo non solo il giocatore può orientarsi facilmente all’interno di Glass, ma ha a disposizione aree immense da esplorare, considerando anche alcune parti interne degli edifici. Diventa quindi indispensabile l’uso di una cartina per spostarsi da una parte all’altra della città, fissando il punto di arrivo e seguendo le classiche scie rosse, indicatrici di direzione. C’è da segnalare che, oltre alle aree visibili (ossia i tetti degli edifici), saranno esplorabili anche i sotterranei, purtroppo non disponibili nella closed beta.
Tornando a parlare della nostra protagonista, non possiamo fare a meno di notare l’enorme passo in avanti compiuto dagli sviluppatori di DICE in termini di scontri corpo a corpo: non solo è aumentata la fluidità e la qualità delle animazioni delle varie mosse di attacco, ma è stato modificato il sistema stesso di combattimento. Infatti, correndo o comunque oltrepassando gli ostacoli, verrà caricata la barra del “focus”: questa ci servirà assolutamente negli scontri diretti con le forze del Conglomerato, permettendoci di accelerare i nostri movimenti, evitando quindi i proiettili e consentendoci di scomparire davanti ad un nemico, apparendogli alle spalle subito dopo. In generale notiamo una maggiore rapidità nei combattimenti, che possono essere portati a termine sia con l’uccisione dei nemici, ma anche solo con lo stordimento, grazie ad una Faith-proiettile che, anche senza armi, è capace di fiondarsi sugli obiettivi lanciandosi, per esempio, dalle numerose zip-line presenti.
Un gioco infinito e competitivo
Una delle vere novità introdotte in Catalyst risiede nel sistema di potenziamenti: mentre il primo capitolo era più statico, qui Faith subisce una continua evoluzione, migliorando le sue capacità e acquisendo nuove abilità, che si riveleranno poi indispensabili per superare gli scontri oppure alcuni ostacoli impegnativi. Nel corso della storia otterremo alcuni punti da spendere in tre ambiti: movimento, combattimento ed equipaggiamento. Certo, alcuni tra questi miglioramenti sono in realtà capacità basilari che Faith dovrebbe possedere già all’inizio (come “sollevare le gambe” oppure “girarsi velocemente”) ma altre, come il rampino o uno strumento di hackeraggio, diventano indispensabili via via che la storia prosegue, e nel complesso il nuovo sistema di progressione incita i giocatori a mettersi sempre in gioco.
Questo non era però possibile in Mirror’s Edge Catalyst, e perciò gli sviluppatori hanno introdotto una miriade di missioni secondarie oltre alla storia principale. Queste vengono segnalate sulla mappa e possono essere svolte in qualsiasi momento, permettendoci così di non girare a vuoto tra gli edifici o, addirittura, di chiudere il gioco una volta finita la campagna proposta. Ma la longevità di Catalyst non resta condensata in queste missioni aggiuntive: analizzando gli angoli della città, infatti, scopriremo una parte del gioco che ci era stata tenuta nascosta. I collezionabili, gli oggetti e le registrazioni disperse sui tetti sono pressoché infiniti, vista la vastità della mappa, e per questo è quasi impossibile il subentrare della noia in questo reboot.
Ma non finisce qui: il Social Play tanto promosso da DICE si è rivelato, almeno nella closed beta, un vero punto di forza in Mirror’s Edge Catalyst. Questo consiste in tutto quell’insieme di interazioni tra noi e gli amici che possiedono il gioco: oltre alle gare ad ostacoli proposte dagli sviluppatori, infatti, possiamo creare noi stessi dei circuiti di parkour, registrare il nostro miglior tempo, e sfidare gli amici. Tutto ciò va ad aumentare la longevità di Mirror’s Edge Catalyst, avvicinandolo a titoli tripla A che già sfruttano delle funzioni simili, e giustificando perciò il rinvio, seppure di sole due settimane, del reboot.
Luci e ombre
Ultimo punto di cui parlare, ma non per importanza, è la grafica di Mirror’s Edge Catalyst. Fin dai primi attimi di gioco riemerge il sistema di illuminazione creato già nel capitolo precedente, con gli stupendi giochi di luce e riflessi nella città di specchi: la qualità delle texture è però cambiata in meglio e i dettagli sono molto più curati. Si sente perciò l’influenza del motore grafico Frostbite 3, che è andato a sostituire il “vecchio” Unreal Engine 3.
Nonostante questo, però, nel comparto grafica e prestazioni troviamo alcune carenze da parte di DICE: i cali di frame sono purtroppo frequenti, specie nei momenti in cui l’azione si fa più frenetica, ma anche nelle cutscene tra una missione e l’altra. Inoltre non mancano i bug grafici, con la povera Faith incastrata nelle impalcature dei ponteggi, oppure alcuni personaggi con il viso sfocato e non caricato correttamente: si tratta però di problemi grafici, che non comportano alcuna difficoltà nel proseguimento del gioco, e che presumibilmente verranno corretti prima del lancio.
Conclusione
Da ciò che abbiamo potuto assaggiare con la closed beta, possiamo affermare che Mirror’s Edge Catalyst è un lavoro ben fatto da parte di DICE e godrà di una longevità più che buona grazie agli elementi già detti: le mancanze a livello grafico e la sovrabbondanza di scelta tra i potenziamenti potrebbero però portare i giocatori attenti ai dettagli a svalutare in parte il gioco. Nonostante tutto, Mirror’s Edge Catalyst non solo riporta in vita quello stile frenetico, tipico del parkour, lasciato anni fa con il primo capitolo, ma lo conduce alle estreme conseguenze, condendolo con la costante attenzione del giocatore durante le sessioni di gioco.
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