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Assassin’s Creed: Unity aveva qualcosa di cui la serie ha disperato bisogno: la coop

Da qualche giorno, uno dei capitoli più controversi di Assassin’s Creed ha compiuto 10 anni. Un titolo che ha cercato di innovare nel momento giusto, quando cioè il franchise stava iniziando ad accusare stanchezza e la nuova generazione di piattaforme, all’epoca PS4 e Xbox One, era da poco giunta sul mercato. Parliamo ovviamente di Unity, gioco ambientato a Parigi durante la Rivoluzione Francese e l’ascesa poi di Napoleone.

Che Assassin’s Creed: Unity avesse più di un problema tecnico al lancio, è risaputo. Allo stesso tempo, però, ci ritroviamo a parlare di un titolo che non ha mai ottenuto i riconoscimenti che avrebbe meritato, persi a causa di qualche clip di troppo su bug che risaltavano e glitch che, per quanto esilaranti, non influivano in alcun modo sull’esperienza di gioco. Possiamo forse dire che il popping degli NPC fosse deleterio? O che i volti senza pelle distruggessero l’immersione? Forse qualcuno si è risentito, ma le colpe di Unity sono molte meno di quelle che molti giocatori ancora oggi gli addossano.

E poi, AC Unity aveva brillanti intuizioni. Un nuovo engine, un parkour più fluido, una trama che sebbene non fosse memorabile cercava di portare i giocatori a vivere la vita di Arno da più punti di vista, e un legame sempre più particolare coi Templari. Ma la vera intuizione di Unity è qualcosa che la serie di Assassin’s Creed non ha mai più ritrovato, e di cui invece avrebbe bisogno in questi tempi bui: la coop.

Le missioni cooperative in Unity vennero progettate da Ubisoft Montreal per offrire un’esperienza nuova e fresca, che si allontanasse dal multiplayer competitivo visto da Brotherhood in avanti. La cooperativa era al centro di tutto, e le missioni, pensate appositamente per abbracciare più utenti in contemporanea, erano vivaci al punto giusto: alcune si concentrano sull’infiltrazione, dove il gruppo deve agire nell’ombra senza farsi scoprire; altre invece erano più orientate all’azione, con combattimenti intensi e una maggiore enfasi sul coordinamento e sulla gestione delle risorse.

Ogni membro del gruppo di assassini era in grado di scegliere e personalizzare il proprio personaggio, che ha un set unico di abilità. Queste abilità si suddividono in diverse categorie, come il combattimento, il parkour e le abilità stealth. Ad esempio, alcuni personaggi sono più adatti a distrarre i nemici con il loro carisma, mentre altri eccellono nel combattimento corpo a corpo o nella furtività. A seconda della missione da completare, la scelta diventava importante.

Dovevamo così proteggere un particolare NPC, oppure recuperare oggetti senza fare il minimo rumore, o anche sabotare strutture strategiche dei Templari. Quello insomma che ci si aspetterebbe da una Confraternita degli Assassini, facendo così vivere ai giocatori le brezza di fare davvero parte di un gruppo di silenziosi eroi che vigilano nell’ombra, ognuno con le sue abilità e il proprio modo di fare. Sì perché un’altra grande idea per Unity fu quella di rendere le missioni coop un vero e proprio libro aperto di possibilità, con i giocatori che erano liberi di pianificare le proprie azioni e prendere iniziative – pur restando nel tema degli obiettivi delle missioni.

L’introduzione della modalità cooperativa ha aggiunto una nuova dimensione al gameplay di Assassin’s Creed, aumentando non solo la longevità di un magnifico titolo che riproduceva Parigi in tutto il suo splendore (ricordiamo che la precisione fu tale che Ubisoft, nel 2019, aiutò con i suoi render la ricostruzione di Notre Dame dopo il devastante incendio), ma anche offrendo nuove opportunità di interazione tra i giocatori. Unire le forze contro i Templari era qualcosa che i fan avevano solo immaginato fino a quel momento, vivendo un’esperienza tutta nuova.

E dire che quello di Unity, parlando di coop, resta incredibilmente un caso isolato nella serie ancora oggi. Possibile che abbia avuto così poco riscontro, a livello di interesse e coinvolgimento da parte dei fan? Osservando le statistiche dai trofei su PlayStation, ad esempio, si rileva che più della metà degli utenti di Unity hanno completato almeno una missione in coop. Dunque, l’interesse c’era. Cosa può essere andato storto nel futuro di questa modalità? La necessità di una forza lavoro che nessun team di Ubisoft è più riuscito a sostenere, di fronte alla necessità di mondi sempre più grandi per la campagna single player? Il paradosso è che l’azienda francese sta trovando il tempo di creare una sorta di ibrido tra Assassin’s Creed e Fall Guys, che dovrebbe debuttare nel 2025, invece di riallacciare i rapporti con un’esperienza più innovativa – anche se ha 10 anni sulle spalle.

Eppure, a ben pensarci, proprio la modalità coop potrebbe essere uno dei valori aggiunti davvero interessanti per una serie, Assassin’s Creed, che ormai da troppo tempo vive di ricordi e di tradizionalismo. La svolta di Origins sembra già appartenere a un passato lontano, e la fastidiosa immensità di Valhalla non ha colpito nel segno, complice anche un’ambientazione poco affascinante, visivamente parlando. Vedremo cosa il team di Shadows avrà in serbo per il ritorno del brand, con un mondo aperto che si prospetta ancora più gigantesco e dispersivo. Mirage, con il suo ritorno al passato, non ha lasciato grandi soddisfazioni, quasi a ricordare che il passato, appunto, è meglio lasciarlo stare. A meno che non sia qualcosa che è stato toccato solo per poco, come, appunto, la modalità coop. Se l’idea di Ubisoft è quella di creare un brand sempre più connesso e con esperienze differenti, perché non sognare il ritorno di questa simpaticissima variante?

Scritto da
Andrea "Geo" Peroni

Entra a contatto con uno strano oggetto chiamato "videogioco" alla tenera età di 5 anni, e da lì in poi la sua mente sarà focalizzata per sempre sul mondo videoludico. Fan sfegatato della serie Kingdom Hearts e della Marvel Comics, che mi divertono fin da bambino. Cacciatore di Trofei DOP.

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