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Ci pensa Uagna – A qualcuno piace remake

In un’epoca in cui evidentemente le menti creative del mondo cinematografico e videoludico stanno ristagnando, un portentoso mostro si è fatto prepotentemente avanti negli ultimi anni: il remake. Questa tecnica, da molti vista come un semplice modo per ottenere altri soldi – non è forse questo lo scopo per cui una persona lavora? – può essere un’arma a doppio taglio, pericolosissima e al tempo stesso interessantissima per molti nostalgici, che memori dei capolavori della loro infanzia voglio riassaporare le brezza dell’antico giocato sul nuovo. E attenzione, non ci stiamo riferendo alle edizioni remastered, ma ai veri e propri remake, cioè giochi presi e ricostruiti da capo, e non semplicemente scalati ad una risoluzione più alta e con sistemi di illuminazione, frame rate e altre baggianate sistemate. Il remake è bello, se fatto correttamente. Ma fino a che punto rimane bello questo stratagemma creativo?

LA NOSTALGIA

Ciò a cui punta fortemente un remake è la nostalgia dell’utente, una cosa che le generazioni attuali, quelle più giovani, non possiedono. Non che ci sia del male: il ricambio generazionale è una componente fondamentale dei videogiochi, in un mondo che si è evoluto in maniera esorbitante da quando nel 1972 Allan Alcorn creò PONG, il primo videogioco della storia. Ma il giocatore più anzianotto, quello con più anni alle spalle rispetto ad altri, sente la mancanza di quel mondo particolarmente colorato che viveva un tempo sulle console e nelle sale giochi. Ed ecco allora che il grosso colosso videoludico, che ha bisogno di racimolare qualche milioncino extra, decide di sfruttare un marchio che già possiede, un gioco che già possiede e riproporlo in una salsa completamente nuova, con nuovo motore grafico ed ammodernando il gameplay in certi casi ormai datato. Una scelta che spesso paga, e che può portare a risvolti inaspettati. Secondo il nostro modesto parere, un remake può essere un’ottima mossa di mercato, ma che deve necessariamente porsi un freno per non degenerare ed annullare l’effetto benefico che ha avuto.

logo ratchet e clank

Prendiamo un esempio recentissimo, Ratchet & Clank. Insomniac Games, in occasione del lancio del film in CG sulle due mascotte di PlayStation, ha deciso che era giunto il momento per un remake completo del primo capitolo. E non una edizione remastered del gioco, tra l’altro già effettuata nel 2012 con la Ratchet & Clank HD Trilogy su PlayStation 3 e PS Vita. Come cogliere la palla al balzo, sfruttando l’onda mediatica che riceverà il film? Appunto un remake del primo glorioso capitolo, forse quello più acerbo dal punto di vista della maturità (l’anno di debutto fu il 2002) ma anche quello che ha dato il via alla splendida mitologia del Lombax e del robot. È un remake indubbiamente di altissimo livello. Le magiche atmosfere di Ratchet & Clank, riproposte in alta definizione su PS4, non possono che strappare una lacrimuccia ai nostalgici, così come l’impressionante livello tecnico mai raggiunto prima dalla serie. Ma Insomniac non si è fermata al solo riproporre il primo gioco: la riscrittura della sceneggiatura originale e l’inserimento di numerosi riferimenti ai giochi successivi, come il Dr. Nefarious e i Fongoid, ha dato vita ad un remake quasi inedito, una nuova vita per il gioco. Qualcosa di già visto, ma che allo stesso tempo è anche nuovo. È questa la grande vittoria di Insomniac Games, ed è così che il concetto di remake dovrebbe/potrebbe essere inteso. Ma ripetiamo, senza degenerare nella ripetitività.

UNA NUOVA VITA

Il remake, abbiamo detto, può rappresentare una nuova vita per un gioco. Il pensiero va ad esempio a giochi come Metal Gear Solid: The Twin Snakes per GameCube, ossia l’intero primo Metal Gear Solid che venne riproposto da Konami interamente in 3D. Ma potremmo estendere il nostro pensiero anche ad altri franchise, come Castle of Illusion – Starring Mickey Mouse, Ducktales Remastered (più un remake, che un vero remastered), il recente Day of the Tentacle riproposto su PlayStation 4, o il cammino intrapreso dal team di sviluppo Oddworld Inhabitants che hanno realizzato Oddworld: New’n’Tasty e che ora si apprestano a pubblicare anche il remake del secondo gioco della serie, Abe’s Exoddus, dopo che il progetto “Pentalogia di Oddworld” è naufragato col passare degli anni. Ma occorre mettere un freno, alla comunque dilagante eccitazione che un remake può instillare negli appassionati. Prendiamo, ancora una volta, l’esempio di Ratchet & Clank. Apprezzatissimo da pubblico e critica, il gioco è già diventato un must per PS4 e alcuni fan a gran voce chiedono i remake di Ratchet & Clank 2 e 3. La mia opinione? Assolutamente no, sarebbe un errore madornale.

uagna final fantasy cloudLa nuova vita che stanno vivendo il Lombax e il robot non deve essere fraintesa con l’idea di reboot. Insomniac, infatti, ha sempre dichiarato che questo remake non avrebbe in alcun modo intaccato la mitologia ratchetiana, senza annullare quindi quanto visto negli innumerevoli sequel. Tanto di cappello alla software house: non è facile, dopo oltre 14 anni, decidere di proseguire una storia, ma il team in questione ha sempre dimostrato di saperci fare. E allora perché non vogliamo altri remake della serie? Perché, per quanto ci sia piaciuto il primo, non ne sentiamo il bisogno. Ratchet e Clank sono due personaggi che hanno ancora tanto da dire, che possono ancora vivere nuove storie e nuove avventure, e che non possono adagiarsi sui loro stessi allori rischiando di venir relegati al mero scopo di fare profitto con giochi già prodotti in passato, o ancor peggio rischiando di rovinare grandi capolavori con giochi che non rispecchiano l’antica qualità. È questo il grande problema dei remake, ed è ciò che ci spaventa dell’industria attuale: la paura di osare di più, la paura di proporre cose nuove, la paura di rischiare e talvolta sbagliare. Ratchet & Clank è la prova che “remake è bello”. Ma entro un certo limite, che non vogliamo venga superato.

Non proseguire una serie, puntando solamente sui remake, è quanto di peggio potrebbe accadere all’industria videoludica, che rischierebbe di ristagnare sulle stesse identiche cose che l’hanno portata in alto nel corso degli anni, ma non solo. Immaginate l’impatto economico, mediatico e in prospettiva di Final Fantasy VII Remake se questo non dovesse rivelarsi ciò che i fan vogliono. Un disastro di proporzioni bibliche, con Square-Enix che ne uscirebbe ridimensionata oltre ogni immaginazione. Remake è bello, se realizzato bene, ma dopo averlo realizzato è ora di guardare avanti. Per quanto siano entusiasmanti i remake di Oddworld: Abe’s Oddysee e Ratchet & Clank, non vediamo per quale motivo Oddworld Inhabitants e Insomiac non debbano riprendere lì da dove avevano interrotto le rispettive serie, proponendo qualcosa di sempre nuovo al pubblico. O prendiamo ancora i tanto desiderati remake di Crash Bandicoot. Davvero vorreste rigiocare a titolo in tutto e per tutto identici a quelli del passato? La cosa potrebbe andare bene con un gioco, ma con i seguenti remake? Dove finirebbe la creatività, dove sarebbe la passione che ha caratterizzato generazioni di videogiochi? Cari produttori, cari sviluppatori: remake è bello, la prima volta. Poi fermatevi e guardate avanti. Il mondo cambia ogni giorno.

Scritto da
Andrea "Geo" Peroni

Entra a contatto con uno strano oggetto chiamato "videogioco" alla tenera età di 5 anni, e da lì in poi la sua mente sarà focalizzata per sempre sul mondo videoludico. Fan sfegatato della serie Kingdom Hearts e della Marvel Comics, che mi divertono fin da bambino. Cacciatore di Trofei DOP.

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