Dopo più di 10 anni, Crash Bandicoot sta per tornare. Vero, certo, nel 2016 abbiamo già avuto la possibilità di riavere tra le mani il celebre marsupiale creato da Naughty Dog, con la splendida N. Sane Trilogy, mentre nel 2018 Beenox ci ha accompagnato a contrastare l’apocalittica visione di una Terra-parcheggio da parte di N. Oxide nell’apprezzatissimo Crash Team Racing: Nitro Fueled.
Crash Bandicoot 4: It’s About Time, in arrivo il 2 ottobre, segna però il ritorno dell’ex-mascotte di PlayStation in un altro senso: si tratta del primo videogioco inedito dai tempi di Crash: Mind over Mutant, datato 2008. Più di 10 anni, dunque, separano il nuovo capitolo del franchise dal videogioco inedito più recente. Ma sapete che questa attesa poteva essere molto più breve del previsto?
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In attesa di parlarvi di Crash Bandicoot 4, abbiamo deciso di ripercorrere uno dei momenti più particolari della storia del personaggio, quando Radical Entertainment ancora esisteva e aveva tra le sue mani la possibilità di sfruttare il franchise a base di Wumpa. Questa, ragazze e ragazzi, è la storia del dimenticato Crash Bandicoot Landed.
RIPARTIRE DA ZERO, DI NUOVO
La storia di Radical Entertainment, talentuosa software house in voga soprattutto a cavallo tra gli anni ’90 e il 2000, è curiosa. Impegnata inizialmente su progetti minori, come il tie-in di Independence Day nel 1997, Radical inizia a generare interesse da parte delle grandi aziende grazie a titoli come Hulk e The Simpson: Hit & Run. Vivendi Universal, all’epoca molto attiva sul mercato dei videogiochi, decide così di acquisire la software house, e di dare in pasto a questi già esperti del settore una proprietà intellettuale molto grossa ma che da anni aveva già perso lo smalto di un tempo: Crash Bandicoot.
Facciamo un passo indietro, e ripercorriamo quelli che furono anni particolarmente travagliati per l’ex-mascotte di PlayStation. Dopo i dissapori tra Naughty Dog e Universal, che deteneva i diritti di sfruttamento del gioco, il destino dell’IP viene dato in mano ai più disparati studi, con risultati che variano dal buono al… Beh, sorvoliamo. Passato da Eurocom, Traveller’s Tales e Vicarious Visions nel post-Naughty Dog, il buon Crash, tra capitoli principali, giochi di corse e spin-off per Game Boy, non ha passato certo un momento felice. Dopo la tutto sommato riuscita esperienza di Crash Bash, arriva The Wrath of Cortex, che, pur proponendo una formula rodata, aveva sì generato profitti ma anche abbassato la popolarità del brand. Allo stesso modo, Crash Nitro Kart e Crash Twinsanity, pur non essendo videogiochi di bassa lega, hanno contribuito a far calare l’asticella di apprezzamento del pubblico nei confronti del piccolo marsupiale arancione. Molto dimenticabili, invece, i vari giochi per il mercato handheld, tra i quali ricordiamo (con dispiacere) un curioso e fallimentare crossover con Spyro che poteva essere sfruttato in ben altro modo.
A Radical viene quindi chiesto di provare, ancora una volta, a sfruttare Crash: il team impiega circa due anni, ideando un concept innovativo per la serie, quella di un videogioco che avrebbe mischiato meccaniche platform in un open world da visitare con quelle di un kart game, preoccupandosi inoltre di dare ulteriore profondità al tutto. Il risultato, dal titolo Crash Tag Team Racing, sebbene avesse qualche interessante intuizione, fu tutt’altro che memorabile. Meno di un milione di copie vendute tra PS2, Xbox, GameCube e PSP, e un senso di insoddisfazione generale per leggerezze di meccaniche e gameplay – per non parlare di alcune delle piste più anonime della storia dei videogiochi di corse.
Non abbastanza però da far desistere Vivendi. A Radical, a questo punto, viene data carta bianca: sfruttare Crash Bandicoot in qualsiasi modo, in una qualsiasi forma, a qualsiasi costo. Anche quello di una parola tanto temuta quanto pericolosa, specialmente per i videogiochi: reboot. Dopo altri due anni di sviluppo, rifacimenti, confusione e nuove idee in gioco, nel 2007 avviene (quello che Vivendi sperava fosse) il grande rilancio di Crash Bandicoot, con Crash of the Titans. Un titolo che reinventa completamente personaggi, ambientazione e storia della serie, oltre che meccaniche e struttura: da semplice e tradizionale platform, il gioco diventa un improbabile hack and slash nel quale Crash è in grado di combattere contro i misteriosi Titani e addirittura prenderne il comando salendo sulle loro spalle. Anche stavolta, un disastro. Non tanto nel gioco in sé, quanto invece nella sua totale distruzione dei canoni di una serie che, in mani capaci, avrebbe funzionato ancora perfettamente.
In quel di Vivendi Universal dovevano però essere particolarmente masochisti a quell’epoca, poiché, forse convinti che Crash of the Titans sarebbe stato sicuramente un successo, il sequel del titolo era già in fase avanzata di sviluppo. Nel 2008 però, pochi mesi prima del lancio di quello che sarà Crash Mind Over Mutant, Radical Entertainment viene acquistata da Activision, che aveva ben altri piani per questa software house. Tutto sommato, però, sarebbe stato davvero brutto buttare al vento un videogioco già praticamente fatto e finito, specie se la figura in copertina è un personaggio molto conosciuto. E così, alla fine del 2008, arriva sul mercato anche Mind Over Mutant, che riprende le meccaniche del suo predecessore e sconvolge ancor di più alcuni personaggi. Avete presente quando abbiamo detto che Crash of the Titans fu un disastro? Ecco, Mind Over Mutant potremmo definirlo la lapide di Crash Bandicoot, perché tra un livello qualitativo davvero basso, una cura effimera per alcune versioni del gioco – personalmente, ho ancora gli incubi dopo averlo giocato su PSP – e vendite clamorosamente al di sotto delle aspettative, il buon marsupiale aveva perso quel briciolo di interesse che Activision nutriva nella proprietà intellettuale, da pochi mesi in suo possesso.
I piani per Radical, dicevamo, erano altri. Chiudere la parentesi Crash Bandicoot e dedicarsi a qualcosa di completamente nuovo, un’IP action open world che si rivelerà essere poi il fortunato Prototype. Negli uffici di Radical Entertainment, però, serpeggiava ancora l’idea di avere a che fare con il marsupiale arancione. Crash non poteva congedarsi dai suoi fan con il disastroso Mind Over Mutant. Ci doveva pur essere qualcosa da fare.
L’idea c’era, ed era rischiosa. Sviluppare, in gran segreto, un nuovo reboot. Ripartire da zero, di nuovo.
CRASH BANDICOOT 2010
L’espressione “in gran segreto” non è un’iperbole, affatto. La software house decise di sua spontanea volontà di accarezzare l’idea di un reboot, senza chiedere alcun parere ad Activision. Con Crash: Mind Over Mutant pubblicato e Prototype ad un passo dal completamento, negli uffici di Radical Entertainment, nel 2009, viene abbozzata una prima idea per il secondo restart del franchise di Crash Bandicoot in pochi anni, un gioco il cui preciso intento era quello di far ripartire da zero l’intero brand e dare una linfa completamente nuova al personaggio e al suo universo narrativo. Conosciuto dai fan per anni con il nome di Crash Bandicoot 2010, le bozze del progetto, che poi si rivelerà fallimentare – ne parleremo tra poco – vennero diffuse dalla stessa Radical alcuni anni dopo, che svelarono anche il nome pensato per il gioco: Crash Landed.
Prendendo qua e là dalla serie classica e dalla storyline dei Titani/Mutanti, Crash Landed era decisamente ambizioso, almeno nelle menti del team di Radical. Oltre alla versione principale per PC, Wii e soprattutto PS3 e Xbox 360, che ancora non avevano avuto il piacere di ospitare il marsupiale arancione, Radical aveva già contattato Renegade Kid per creare una conversione del gioco su Nintendo DS, e addirittura uno spin-off creato da High Impact Games dedicato alle corse, il famoso Crash Team Racing 2010 di cui avete forse già sentito parlare. Chissà, un giorno potremmo dedicare anche a quel gioco dimenticato una speciale retrospettiva come questa… Comunque, tornando a Crash Landed, capirete che Radical era intenzionata a fare le cose come si deve, proponendo un rilancio multipiattaforma e multiprogetto che aspirava a grandi risultati. Il tutto, però, senza interessarsi di ciò che Activision voleva realmente – o forse sì, ci sono varie versioni di questa storia e probabilmente non conosceremo mai la verità…
Caratterizzato da uno stile semplice e molto colorato, con l’utilizzo inoltre di sfondi disegnati e stilizzati che avrebbero richiamato almeno in parte i giochi originali, il design di Crash e degli altri personaggi in questo nuovo videogioco richiamava volutamente quello dei Looney Tunes, in quanto Radical era intenzionata a far notevolmente emergere le emozioni e i sentimenti del protagonista senza però dire addio ad alcuni dei suoi marchi di fabbrica.
L’idea di fondo di questo Crash Landed era una vera e propria ripartenza da zero. Crash of the Titans, pur modificando radicalmente il design dei personaggi e il concept di gioco, aveva un certo senso di continuità (non troppo) con i titoli precedenti, basti pensare alla presenza dei personaggi di Crunch e Nina che esordirono solo alcuni anni dopo l’avvio del franchise di Crash. Il nuovo progetto, invece, era pensato come un vero e proprio restart, un reboot totale che con la serie classica avrebbe condiviso solamente una manciata di personaggi e che avrebbe poi aperto le porte ad un rilancio corposo con molti altri giochi già pianificati, come vi abbiamo appena raccontato. La storia avrebbe rivisitato le origini di Crash, un bandicoot ancora una volta mutato dal malvagio dr. Neo Cortex ma intenzionato stavolta a salvare tutti i suoi simili da un futuro non proprio roseo. Insieme a Cortex, infatti, anche Dingodile sarebbe tornato e avrebbe mostrato notevole ostilità nei confronti dei bandicoot – il reale motivo non si sa – e quindi Crash, l’unico tra i marsupiali ad essere davvero evoluto, si sarebbe messo in cammino per portarli tutti in salvo. Queste piccole e indifese creature, delle quali abbiamo anche alcuni preliminari concept e render, avevano un aspetto simile a quello di Crash ma ovviamente più primitivo, e gli sviluppatori si riferivano a loro chiamandoli bandicuties (bandicoot + cutie, che significa tenero, carino).
ISPETTORE CRASH GADGET
Il mondo di gioco, così come il gameplay, presentava alcune somiglianze con quello dei vari Crash of the Titans e Mind Over Mutant. Ancora una volta, l’idea era quella di strutturare il gioco come un platform 3D con un mondo completamente esplorabile, ma organizzato a macro-aree, che poi sarebbero state le varie isole che già conosciamo dell’universo narrativo di Crash. Si ipotizza che l’accesso a queste aree sarebbe stato possibile tramite “portali di luce” che si possono vedere in alcuni concept art perduti, qualcosa di simile a quanto pare a ciò che accadeva con la serie classica di Spyro the Dragon. L’ipotesi più probabile è che Crash Landed avrebbe presentato un HUB di partenza, forse N. Sanity Island, dal quale poi si sarebbero dipanate tutte le altre ambientazioni, accessibili appunto tramite portali magici.
Alcuni elementi, in ogni caso, sarebbero stati riciclati proprio dalle ultime iterazioni del brand. Due elementi del gameplay in particolare erano già state implementate in Crash Landed. Parliamo della barra della salute e dei Titani/Mutanti. La prima era stata una delle più grosse novità di Crash of the Titans, in quanto mai prima di quel momento il protagonista era in grado di assorbire più danni prima di andare a terra – a meno della protezione di Aku-Aku – ma c’è anche da dire che quella scelta fu saggia, visto lo sconvolgimento del gameplay da platform ad action. I Titani/Mutanti, invece, non avrebbero avuto lo stesso traumatico impatto avuto negli ultimi due giochi, ma sarebbero stati riciclati come mini-boss e guardie del corpo di Cortex da sconfiggere utilizzando particolari gadget. Eh sì, la più grande novità in termini di gameplay del buon (?) Crash Landed era proprio l’introduzione dei gadget.
La caratteristica principale e che più avrebbe evoluto il concept di Crash era infatti l’introduzione di una serie di gadget che avrebbero modificato il modo di combattere e di muoversi del protagonista. Gadget ovviamente stravaganti e in linea con l’intero tono della produzione, come il Ranazooka (utile sia nelle fasi di combattimento che nella soluzione di puzzle, ambientali e non, che sarebbero stati presenti in tutto il gioco) e un Jet-Pack alimentato a lucciole che permetteva ovviamente di raggiungere nuove aree e cambiare il modo di esplorare del nostro Crash. Questi erano solo alcuni dei gadget pensati per Crash Landed, e ognuno di questi sarebbe stato creato dallo stesso giocatore raccogliendo risorse in tutta l’avventura e sparse nei vari mondi di gioco. Un’inedita – per Crash – meccanica di crafting, insomma, che però non venne più di tanto approfondita durante lo sviluppo, da quel che sappiamo. Forse Radical, col passare del tempo, decise di rendere secondaria questa meccanica, o comunque non così importante come lo era nei primi concept.
Insomma, proprio come Crash of the Titans, anche Landed avrebbe recuperato parte delle idee originali della serie e del gameplay, presentando però modifiche sostanziali che avrebbero sicuramente fatto discutere una community molto legata al marchio del piccolo marsupiale arancione. Avrebbero, appunto. Perché il progetto Crash Landed, nonostante tutti i buoni propositi e i concept già pronti che avete anche visto nel corso di questo speciale, venne brutalmente distrutto.
“BIASCICA, CHIUDI TUTTO”
Evidentemente convinta di aver fatto un ottimo lavoro, a Radical mancava solamente lo scoglio finale: convincere i grandi capi di Activision. Nei due anni di sviluppo, Crash Landed era cresciuto e tenuto lontano da occhi indiscreti, per permettere al team di lavorare a dovere e senza pressioni, ma ovviamente l’ultima parola spettava al gigante americano che in quegli anni stava vivendo un momento magico. Il suo franchise di punta, Call of Duty, stava regalando soddisfazioni oltre ogni immaginazione, e seppur l’azienda fosse concentrata anche sull’espansione di altre sue proprietà intellettuali – abbiamo già citato Prototype, ma ricordiamo anche il brand di Skylanders che sarebbe stato avviato pochi anni dopo – il progetto di punta restava sempre l’annuale sparatutto che, puntualmente, dominava le classifiche di vendita.
Dopo che Crash Landed passa dalla fase alpha a quella beta, in un naturale processo che avvicina sempre di più una produzione alla release, qualcosa si rompe nel rapporto tra Activision e Radical Entertainment. L’azienda americana, come abbiamo ricordato, era entrata in possesso dei diritti di Crash Bandicoot insieme proprio alla software house che aveva dato i natali a CTTR, Crash of the Titans e relativo sequel, ma una domanda ci ha sempre turbato negli ultimi anni: Activision era davvero interessata a sfruttare Crash? La risposta, col senno di poi, sembra sia un secco “no”. Mentre il draghetto Spyro, altra neo-proprietà del gigante dell’intrattenimento, era stato destinato a Skylanders dopo la già pianificata trilogia reboot The Legend of Spyro, per quanto riguarda Crash Bandicoot i piani non sembravano certo definiti, e anzi a giudicare da come sono andate le cose Activision non dava al marchio una grande priorità. Osservati i prototipi e le prime sequenze della versione beta, il verdetto era totalmente negativo: questo Crash Landed non s’aveva da fare. L’idea appariva scialba così come la sua realizzazione, e inoltre c’era da considerare un altro fattore puramente economico: Activision aveva infatti deciso di destinare la quasi totalità del suo budget per i videogiochi su Call of Duty: Modern Warfare 3, uno degli sparatutto più attesi dell’ultimo ventennio, e questo significava dover rinunciare ad alcuni progetti. Uno di questi, appunto, fu Crash Landed. Non solo: anche Radical, dopo le fiacche dimostrazioni degli ultimi tempi, aveva assunto sempre più l’aspetto di un agnello da sacrificare per pensare ad altro.
Altre voci, emerse peraltro molto recentemente, hanno fatto tornare di moda il nome di Crash Landed, e potrebbero aver fatto luce sulla misteriosa e traumatica cancellazione del gioco. La colpa (o il merito, viste le premesse?) per il mancato avvio definitivo del progetto di (secondo) reboot di Crash Bandicoot potrebbe non essere pienamente da attribuire ad Activision, bensì alla stessa Radical che, a un certo punto dello sviluppo, ha iniziato a non credere più nel gioco.
Un ex-dipendente di Radical ha infatti confessato a inizio 2020 che gran parte della colpa per aver impedito a Crash Landed di vedere la luce va infatti addossata alla stessa software house, che ha pagato il suo atteggiamento ben poco propositivo con la chiusura totale. Dietro alla libertà creativa concessa da Activision a Radical ci fu il “successo” di Crash Mind Over Mutant – successo inteso come rapidità nello sviluppo e nell’aver recuperato i costi di sviluppo, cosa che sembrava impossibile – ma l’addio degli ideatori del secondo reboot, avvenuto dopo circa un anno dall’inizio dello sviluppo, disintegrò i sogni di gloria di Radical: il resto del team era spaesato, non sapeva che pesci pigliare e aveva addirittura perso l’entusiasmo per Crash Bandicoot, che arrivava evidentemente per la maggior parte da coloro che avevano scelto di abbandonare la barca – scelta che evidentemente fu giusta, col senno di poi. Sempre questo ex-dipendente svela un ulteriore retroscena del quale nessuno era a conoscenza, fino a pochi mesi fa: gli sviluppatori rimasti in Radical all’epoca decisero di ripartire ancora una volta da capo con la direzione del gioco che veniva ora chiamato Crash of the Bandicoots, ma ormai era troppo tardi. Il progetto non convinceva nessuno, né Radical né tantomeno Activision, che ormai, vedendo la deriva del franchise, decise di chiudere i rapporti senza troppi complimenti.
Obbligata a mettersi al lavoro su quello che poi si rivelerà essere un flop, Prototype 2, la vita di Radical e naturalmente quella di Crash Landed si spensero alla fine del giugno del 2012, quando Activision, che ormai non aveva più interesse nel tenere aperto uno studio ormai in decadenza, ridimensionò prima lo staff per poi chiudere definitivamente la software house, destinando alcuni dipendenti ad altri lidi e attivando la cassa integrazione per i restanti. Va anche detto che l’azienda venne travolta dalla cosiddetta e proverbiale sfiga: da mesi lo studio era già al lavoro su Spider-Man 4, ma con la cancellazione da parte di Sony del film di Sam Raimi, anche il gioco venne cestinato. Insomma, una storia lunga 20 anni si chiuse così, ma in fondo i rimpianti non furono neanche troppi. Il progetto Crash Landed, quello che nelle menti dei boss di Radical nel 2008 doveva rilanciare non solo il marsupiale ma l’intera Radical, si rivelò invece essere il simbolo della sua disfatta. Da amanti di Crash, però, ci viene da aggiungere: “meglio così”. Non sappiamo se il buon bandicoot sarebbe stato in grado di uscire indenne da un secondo reboot, se pure questo si fosse rivelato infine fallimentare…
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