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Dandy Ace | Recensione

Non ci sono ormai dubbi: uno dei generi che in questi ultimi tempi sta vivendo una nuova primavera è quello dei roguelite. Per coloro che non conoscessero bene il termine, questo particolare segmento videoludico è un sotto genere dei giochi di ruolo caratterizzato dall’esplorazione di livelli generati proceduralmente, dove la morte del personaggio è permanente. In caso di dipartita infatti, è necessario ripartire daccapo senza alcun progresso mantenuto, fatte alcune eccezioni.

Titoli come The Binding of Isaac, Returnal e Dead Cells, tanto per citarne alcuni, basano infatti proprio questa caratteristica alla base del loro gameplay, riuscendo a dare nuova linfa al giocatore ad ogni run, che mano a mano riesce a spingersi sempre più avanti nell’avventura. Non sorprende quindi che anche Mad Mimic insieme a Neowiz abbiano deciso (qualche tempo fa) di percorrere questa strada, rilasciando sul mercato Dandy Ace, un’accattivante produzione Hades-like. Sarà quindi riuscita l’impresa? Scopriamolo insieme all’interno della nostra recensione!

Versione provata: PlayStation 4

Magia portami via

La trama del gioco vede il Mago Lele che, dopo aver conseguito diversi successi come prestigiatore, viene improvvisamente surclassato in termini di gradimento e popolarità da Dandy Ace, l’avvenente protagonista. Preso dallo sconforto e dalla rabbia, il primo decide di vendere letteralmente l’anima ad uno specchio magico, che gli promette di esaudire un suo desiderio, ossia che il suo rivale venga tolto dalla circolazione. A causa di tale richiesta, Dandy Ace viene quindi imprigionato all’interno di un palazzo magico, che lo condanna ad una dannazione eterna. Come è facile aspettarsi, lo scopo del personaggio (e quindi del giocatore) è quello di aiutare l’illusionista ad uscire da questo tremendo luogo, destinato a cambiare ad ogni tentativo di fuga.

Indubbiamente il comparto narrativo del gioco targato Mad Mimic non regge il confronto con gli altri titoli precedentemente citati, in quanto funge da mero espediente per giustificare l’azione e le caratteristiche tipiche del genere di appartenenza. Ciononostante, la storia risulta coerente con le meccaniche di gameplay, incastrandosi perfettamente nell’intero palcoscenico dell’opera.

Il cuore delle carte

La struttura della produzione è tanto semplice quanto diretta: per arrivare al boss finale l’utente è chiamato ad accompagnare Dandy Ace attraverso le diverse stanze del magico edificio, al fine di raggiungere la camera di scontro finale. All’interno di ogni scenario sono presenti ovviamente svariati nemici pronti ad ostacolare la missione, e proprio per questo all’inizio di ogni run, il gioco propone tre differenti carte da equipaggiare (assegnate ad altrettanti tasti), in modo da poter iniziare a costruire la build.

Le carte di colore rosa rappresentano l’arma primaria, ovvero attacchi magici da impiegare nella media distanza. Le carte blu invece identificano lo scatto e l’azione elusiva, con le quali sarà possibile applicare effetti di stato o creare deflagrazioni ad ogni movimento. Infine vi sono le carte gialle, che costituiscono vere e proprie abilità difensive, come ad esempio un colpo respingente o un congelamento temporaneo dei nemici.

Come è lecito aspettarsi, mano a mano che si completeranno le stanze si potranno impiegare ulteriori mosse, che andranno ad approfondire ulteriormente la strategia, adattandosi al contempo allo stile di gioco dell’utilizzatore, il quale può sperimentare numerose, e devastanti combinazioni di effetti. Una volta che si recupereranno nuove carte infatti, sarà possibile utilizzarle per creare dei veri e propri potenziamenti passivi per le abilità attive. Qualora già questo non fosse sufficiente, i ragazzi di Mad Mimic hanno ben pensato di consentire all’utente di cambiare tra carta primaria e secondaria in qualsiasi momento.

Immancabili poi i vari NPC che, tramite l’utilizzo dei pregiati frammenti, consentiranno a Dandy Ace di acquistare miglioramenti utili per aumentare la sopravvivenza all’interno del palazzo stregato. Dall’aumento della vita fino allo sblocco di nuove carte, la macchina roguelite ingrana dopo pochissimi minuti, a patto di aver naturalmente appreso con attenzione tutte le meccaniche proposte dal titolo. Qualora si incappasse nella prematura dipartita difatti, tutto l’equipaggiamento e le valute verranno azzerate, al contrario della progressione dei potenziamenti. In questo frangente la produzione richiede all’utente un approccio più cauto: nel caso in cui si andasse a muso duro contro le orde nemiche, la schermata di game over si palesa infatti molto rapidamente, visto che il prestigiatore non può sopportare normalmente più di 7-8 colpi.

Un paragrafo a parte va invece dedicato alle chiavi, ossia importanti manufatti che, una volta acquisiti (dopo l’eliminazione di un boss) consentono al magico protagonista di accedere ad inedite aree, che spesso si rivelano anche vere e proprie scorciatoie. Dobbiamo ammetterlo, in un contesto di genere come quello a cui il titolo di Mad Mimic fa riferimento, la possibilità di evitare buona parte degli scontri non è azzeccatissima, in quanto va a snaturare sensibilmente la natura della produzione. Lo studio brasiliano ha sicuramente inserito la meccanica allo scopo di evitare l’eccessiva ripetitività delle azioni, ma fa perdere sicuramente mordente all’opera. Buona idea invece quella di inserire dei portali dentro la mappa, in modo da consentire un rapido recupero di risorse senza ammorbare troppo con il backtracking.

La strada verso Lele non è difatti lineare, ma il percorso viene scelto dal giocatore mano a mano. Questo indubbiamente porta ad una maggior diversificazione dell’interazione e, una volta appreso perfettamente il titolo, anche ad una scelta consapevole, vista la presenza di determinate categorie di nemici in altrettante particolari aree.

L’illusionismo è una forma d’arte

Dal punto di vista artistico, Dandy Ace è un chiaroscuro. Se da un lato i personaggi e i colori utilizzati sprigionano magia da ogni pixel, le ambientazioni risultano pressoché similari e piatte, così come la varietà dei nemici, ridotta ad una manciata di esemplari. Variano un minimo le bossfight, che riescono ovviamente a ritagliarsi uno spazio maggiore (sempre se non si opta per saltarle, si intende).

Tecnicamente parlando la produzione Mad Mimic si difende tutto sommato bene, grazie ad una visuale isometrica che aiuta molto il motore di gioco a gestire fluidamente l’azione in campo, anche nei casi più concitati. Accompagna infine una colonna sonora buona, che strizza molto l’orecchio a quanto già proposto da Supergiant Games in Hades.

Ultima nota a margine è data dalla mancanza completa della localizzazione italiana che, pur non dovendo narrare chissà quale storia, potrebbe non far comprendere immediatamente a chi non mastica l’inglese gli effetti della maggior parte delle carte raccolte. Nulla di insormontabile ovviamente, ma è giusto far notare anche questo aspetto per i non anglofoni.

Ringraziamo Neowiz per il codice review fornitoci.

7.8
Riassunto
Riassunto

Dandy Ace incarna perfettamente i meccanismi tipici dei roguelite, puntando tutto su un gameplay diretto, divertente ed accattivante. Le combinazioni effettuabili attraverso le numerose carte presenti spingono a variare sempre di più l'approccio all'avventura. Peccato solo per un comparto artistico non sempre eccellente e per una meccanica che incentiva eccessivamente a saltare porzioni di gioco, snaturando il genere di appartenenza.

Pro
Divertente ed immediato Le numerose carte permettono di creare combinazioni interessanti
Contro
Ambientazioni e nemici poco vari Il dover saltare porzioni di mappa è un'arma a doppio taglio
  • Concept & Trama7
  • Gameplay8.5
  • Comparto Artistico7.5
  • Comparto Tecnico8
Scritto da
Lorenzo Bologna

Appassionato di tutto ciò che concerne il mondo videoludico, sono un inguaribile amante dei titoli horror e un accumulatore compulsivo di trofei (meglio se di platino). Avvicinato al medium grazie a mamma Nintendo e papà Crash Bandicoot.

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