Qualcuno fermi James Gunn. Il regista di Guardiani della Galassia e ora co-CEO dei DC Studios per Warner Bros. ha presentato a gennaio il “nuovo” universo cinematografico DC, lasciando più dubbi che certezze. Se da una parte avremo un rinnovamento del cast, con nuovi Superman e Batman, dall’altra alcuni volti noti continueranno la loro corsa, come Viola Davis nei panni di Amanda Waller, John Cena e il suo Peacemaker, e forse anche il Flash di Ezra Miller, ma in quel caso sarà necessario attendere i risultati del film in arrivo in estate.
Ma il problema vero, in questo momento, non è la confusione del cast e dei film, con un DCU che si prepara in questo momento a stare in bilico tra un reboot, un rilancio, una ripartenza e così via. Una cosa è certa, e cioè che la Justice League ideata da Zack Snyder resterà un lontano ricordo (certo, col Multiverso oggi è possibile fare di tutto, Spider-Man: No Way Home docet), ma, ancora una volta, non è questo il problema. Il dubbio più grande che abbiamo intorno al “nuovo” (di nuovo le virgolette…) DCU sono i videogiochi.
Quando Gunn e Peter Safran hanno presentato il loro Capitolo 1 del DCU, prima fase di un progetto molto (fin troppo) ambizioso, i due presidenti dei DC Studios sono stati molto chiari sul loro concetto di universo condiviso: mentre alcune opere come The Batman e Joker resteranno ben distinti, facenti parte dell’etichetta Elseworlds di Warner Bros, i prodotti pensati per il nuovo DCU manterranno una condivisione la cui profondità va oltre ogni immaginazione. Ad esempio, gli attori che impersoneranno un personaggio al cinema o nelle serie TV, saranno doppiatori dello stesso personaggio in serie animate canoniche per il DCU, e viceversa. Allo stesso modo, anche i videogiochi del DCU saranno canonici, e gli attori riprenderanno i loro ruoli anche in queste occasioni.
Un progetto di questo tipo, dicevamo, va oltre ogni immaginazione e va oltre persino quello che hanno fatto i Marvel Studios (le serie animate come What If, ad esempio, mantengono la loro “indipendenza”, anche per quanto riguarda diversi doppiatori), e tanto di cappello a Gunn e Safran per aver pensato a un tentacolare universo che, sulla carta, potrebbe rappresentare il più grande e ambizioso dei franchise multimediali. Oppure anche un gran casino, a dirla tutta. Perché a ben vedere, ma è bene specificare che queste sono per il momento solo impressioni e pensieri, l’idea di rendere canonici anche i videogiochi potrebbe essere un problema sia per i DC Studios che per chi dovrà svilupparli.
Riprendendo le parole di Jake Solomon, director di Marvel’s Midnight Suns che ha definito “un incubo” l’idea di realizzare un videogioco che deve rientrare nei rigidi canoni di un universo perfettamente interconnesso, ci sono diverse chiavi di lettura che occorre analizzare in questo senso, e per farlo, inevitabilmente, verranno presi in esame non solo titoli targati DC ma anche Marvel.
Mentre negli ultimi 15 anni la Marvel è diventata un pilastro dell’industria cinematografica (vero, la Fase 4 è stata parecchio sottotono, ma è presto per parlare di un vero problema), nel campo dei videogiochi troppo spesso la situazione è stata altalenante. Lasciando da parte casi clamorosi come Marvel’s Spider-Man di Insomniac Games, forse il più importante titolo Marvel degli ultimi anni in fatto di qualità e vendite, i giochi della Casa delle Idee hanno spesso disatteso le aspettative, nel vano tentativo di sfruttare il richiamo della sala cinematografica per convincere le persone. Marvel’s Avengers di Crystal Dynamics è un caso ancora scottante: il gioco, lanciato nel 2020, è stato un flop gigantesco per Square Enix, che mai si sarebbe aspettata di ritrovarsi in questa situazione avendo tra le mani nientemeno che l’IP di maggior successo nella storia del cinema contemporaneo dopo Avatar.
Ma come, pubblichi un gioco sugli Avengers dopo che negli ultimi due film hanno incassato più di 5 miliardi di dollari al box office, e fai un tonfo? Tralasciando la questione puramente ludica (Marvel’s Avengers è problematico sotto tanti punti di vista, a partire dal fatto che si tratta di un game as a service che non ha però mai avuto la costanza di un GAAS), una fetta più o meno discreta delle non-vendite è probabilmente arrivata per le famose critiche ai personaggi, i cui volti non erano quelli di Robert Downey Jr, Chris Evans, Scarlett Johansson e compagnia. Una critica forse poco condivisibile, poiché neppure lo Spider-Man di Insomniac ha le fattezze di Tom Holland, eppure è bene ricordare che di Spider-Man ne abbiamo avuti tanti (tra cinema e giochi), mentre i vari Iron Man, Captain America e Vedova Nera sono sempre stati unici. Forse è anche questo che ha contribuito all’insuccesso del gioco, ma non è questo il punto.
Sebbene anche Marvel’s Midnight Suns abbia reso molto al di sotto delle aspettative di Take-Two Interactive, il director Solomon ha sempre sottolineato quanto la Casa delle Idee abbia lasciato una libertà creativa praticamente totale, grazie alla quale sono arrivati nel gioco personaggi molto differenti tra loro senza la necessità di dover incastrare tutto all’interno di un mosaico.
In effetti, se Midnight Suns fosse dovuto rientrare nel Marvel Cinematic Universe, probabilmente non sarebbe mai uscito. Quali personaggi avrebbero potuto farne parte, e in quale momento nella timeline del MCU? Strange e Moon Knight, tanto per fare due esempi, neppure si conoscono oggi nell’universo cinematografico, e farli incontrare per combattere contro minacce sconosciute avrebbe creato un certo buco narrativo di non poco conto nei successivi film e serie TV. Allo stesso modo, gli X-Men sono ancora assenti nel MCU, e via dicendo.
E attenzione, la Marvel in realtà aveva già provato ad abbozzare un mega-progetto di condivisione tra film e videogiochi, sin dal primo Iron Man di Jon Favreau nel 2008. Erano tempi differenti, era un’epoca nella quale realizzare un titolo non portava via interi lustri, e dove costruire tie-in per accompagnare l’uscita di un film non era un’impresa estremamente dispendiosa di tempo ed energia – mica come Avatar: Frontiers of Pandora, ecco. Al tempo, Marvel Games e SEGA firmarono un accordo per creare giochi che avrebbero ampliato le prime produzioni cinematografiche dei Marvel Studios (i film della Fase 1, per intenderci). Un’operazione simile a quella già fatta da Warner ed EA al tempo della saga di Harry Potter, ecco, ma l’idea stavolta era quella di utilizzare i videogiochi per dare sempre più l’idea di condivisione. I risultati, tuttavia, furono pessimi.
Forse l’unico titolo che possiamo salvare tra tutti quelli nati da questa partnership fu il tie-in di Captain America: Il primo Vendicatore, ma negli altri casi i videogiochi pubblicati da SEGA, Iron Man ma soprattutto Thor: God of Thunder, furono delle schifezze inenarrabili. Titoli che, ludicamente parlando, avevano una qualità infinitamente più bassa di innumerevoli tie-in dei Classici Disney degli anni ’90 come Hercules e Tarzan, e narrativamente funzionavano ancora meno. Sì, perché i giochi si spingevano ben oltre le trame dei film, andando a introdurre situazioni e personaggi in completa contraddizione con l’MCU – un esempio è MODOK, presente nel gioco dedicato a Tony Stark ma che i Marvel Studios hanno introdotto solamente in Ant-Man and the Wasp: Quantumania. Anche il cast vocale, per ovvi motivi, non poteva essere lo stesso dei film: come avrebbe fatto SEGA a stipendiare un Downey Jr, all’epoca non all’apice della carriera ma non certo pronto a ridursi il cachet per doppiare un videogioco scabroso?
Dove vogliamo arrivare con questo ragionamento? Molto semplicemente, ben presto i Marvel Studios si resero conto che era impossibile chiedere ai videogiochi di mantenere la stessa serrata tabella di marcia dei film (che inizialmente erano due all’anno, per poi diventare tre o quattro), e che troppo spesso questi videogiochi avevano l’effetto opposto a quello sperato, andando cioè a ledere l’immagine di un personaggio. In più, i videogiochi non-canon della Marvel sollevano un dettaglio di non poco conto, e cioè appunto che dover necessariamente restare schiacciati da una narrazione che deve arrivare a un pubblico quanto più vasto possibile, per un videogioco, è follia. Ancor di più per un videogioco tratto da un fumetto.
Gunn e Safran, a dire il vero, non si sono mai sbottonati su quanti e quali videogiochi saranno integrati all’interno del nuovo DCU. Potrebbe trattarsi di action adventure ad alto budget, così come di banali endless runner o cloni di Candy Crush per il mobile realizzati ad hoc per promuovere l’uscita di un film o una serie – qualcosa che insomma viene fatto sin dall’alba dei videogiochi. In ogni caso, il grandioso progetto di James Gunn di rendere canonici persino i videogiochi appare come un’affascinante suggestione, ma niente di più. Non mettiamo in dubbio che il CEO abbia fatto i suoi conti prima di fare un annuncio del genere, eppure per chi mastica videogiochi non è difficile capire che un piano di questo tipo sia difficoltoso, sul lungo periodo.
Certo, come dicevamo non sappiamo quanti e quali produzioni videoludiche siano in programma per il DCU – potrebbero essere dieci così come una sola – ma questi titoli, per forza di cose, dovranno sottostare a una rigidissima tabella di sviluppo che non potrà allontanarsi eccessivamente dalla roadmap di film e serie tv (l’esempio recente di Suicide Squad: Kill the Justice League è calzante), e anche sul fronte narrativo non potranno strafare. Nei videogiochi, in pratica, non potranno essere inseriti conflitti globali o grandi eventi con conseguenze devastanti, cosa che negli altri prodotti dovrebbe essere tralasciato per evitare troppa confusione nello spettatore – lo abbiamo già visto negli ultimi tempi con i prodotti dei Marvel Studios come WandaVision, la cui visione (scusate il gioco di parole) era abbastanza importante per la fruizione di Doctor Strange nel Multiverso della Follia.
E qui, sfortunatamente, casca l’asino. Perché tante storie come la saga di Injustice di NetherRealm, Batman Arkham di Rocksteady, il poco apprezzato Gotham Knights e anche quel Suicide Squad della già citata software house di Londra (e forse anche il famoso gioco di Wonder Woman scomparso dai radar) diventeranno irrealizzabili.
Sappiamo ad esempio che il nuovo DCU avrà i suoi Superman e Batman, ma fino a che punto un videogioco dedicato al Crociato di Gotham, che prima o poi inevitabilmente arriverà (è un marchio troppo importante per lasciarlo in disparte), potrà spingersi nel racconto? Possiamo prendere come esempio appunto la serie Arkham, dove l’intera Gotham veniva messa in pericolo in più occasioni dai tanti villain come Joker, Freeze, l’Enigmista e Poison Ivy. Ma il linguaggio del cinema, rispetto a quello del videogioco, è molto differente. Lasciare in sospeso troppe questioni, da una parte e dall’altra, rischia di essere un’affilatissima arma a doppio taglio: davvero Arkham potrebbe, in un ipotetico videogioco, rischiare di venire distrutta per un capriccio di Bane, senza che nei film ne venga fatta parola? Peraltro, il gioco, dovendosi incastrare in un universo ben preciso, dovrebbe includere solo personaggi già apparsi sul grande e piccolo schermo, senza la possibilità di introdurre villain di alto calibro, e chiaramente non sarebbe capace di regalare colpi di scena.
Immaginate se ad esempio Marvel’s Spider-Man di Insomniac Games, per volere di Marvel e Sony, fosse stato ambientato all’interno del Marvel Cinematic Universe. Il gioco è uscito nel 2018, nel pieno della febbre tra Infinity War e Endgame, due film che hanno catalizzato l’attenzione dei fan Marvel e non solo. Anche ipotizzando una collocazione pre-avvento di Thanos, il gioco avrebbe avuto limitazioni assurde da dover controllare: niente dottor Octavius, niente FEAST, no a Mr. Negative e Miles Morales, addio anche a Taskmaster addirittura, introdotto nel MCU solo con Black Widow, e ciao ciao ad alcuni importanti colpi di scena.
La libertà creativa concessa a Insomniac Games non sarebbe stata la stessa, se la Marvel avesse deciso di approcciare il gioco allo stesso modo del nuovo DCU. Abbiamo provato a farlo, e il quadro è abbastanza desolante anche perché il giovane Peter Parker di Holland, fino a quel momento, aveva avuto a che fare solo con Avvoltoio (Michael Keaton) e l’impalpabile Shocker (Bokeem Woodbine), oltre che classici malviventi di strada e a un Mac Gargan (Michael Mando) appena accennato. Davvero un videogioco di Spider-Man avrebbe potuto fare a meno di villain iconici almeno quanto il protagonista solo perché nei film non sono ancora stati introdotti?
Per ora questi sono solo tanti viaggi di fantasia ovviamente, basati però su quelle poche informazioni che i DC Studios hanno saputo dare. Quando arriverà il primo videogioco canon, ad esempio, è ancora tutto da scoprire, così come chi si occuperà di questo titolo. Una produzione che però parte già con un pesante fardello e tanti limiti, come abbiamo raccontato.
Un caso simile, a dire il vero, a quello di altri due franchise, vale a dire Star Wars e Harry Potter. In entrambi i casi, Disney e Warner Bros. hanno deciso di mantenere una linea di “universo condiviso” con gli stessi rischi di cui sopra, ma si tratta di casi ben differenti da quello di casa DC. Mentre Star Wars e il Wizarding World possono agilmente muoversi nel tempo e nello spazio (Hogwarts Legacy lo ha dimostrato), l’universo DC sarà per forza di cose più “attuale” e ancorato al presente. Ecco, forse una delle opzioni più probabili potrebbero essere videogiochi prequel dei primi film, che andrebbero a esplorare i primi mesi di attività dei veri Superman e Batman. Esaurita questa chance, tuttavia, quale potrebbe essere l’utilità di un videogioco che non può esprimersi al massimo del suo potenziale?
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