E chi se lo sarebbe mai aspettato! Nel mezzo di un Nintendo Direct, THQ Nordic ha annunciato il ritorno di uno dei migliori videogiochi Disney, l’avventuroso ma anche tenebroso Epic Mickey. Tra le più caratteristiche opere dell’era di Nintendo Wii, il gioco di Warren Spector proponeva l’iconico topo di Walt Disney sotto una veste completamente nuova, immergendolo in un’avventura inedita e al tempo stesso tremendamente familiare, grazie ai continui richiami alla lunga storia del mondo Disney.
In attesa di conoscere qualcosa di più sul progetto Rebrushed, abbiamo così deciso di proporre una lunga e corposa retrospettiva dedicata allo sviluppo di Epic Mickey, come parte della nostra rubrica Lezioni di Storia. Rubrica che, solitamente, si occupa di videogiochi con numerosi capitoli sulle spalle, ma che per questa volta frena e si limita a raccontare come è nata una serie a dire il vero finita purtroppo bruscamente.
Sarebbe troppo facile dare la colpa della chiusura anticipata della serie a Epic Mickey 2, il quale sicuramente ebbe meno successo di quello che i suoi creatori speravano. Epic Mickey non è mai stato un videogioco perfetto, ma Junction Point, lo studio che si occupò di dare forma a questa visione, plasmò un’avventura talmente caratteristica e unica da diventare con il passare degli anni un vero e proprio cult, affascinando anche giocatori più giovani che non hanno mai avuto modo di scoprire la serie all’epoca del suo momento d’oro.
In attesa di Epic Mickey Rebrushed, in uscita nel 2024 su Switch e per la prima volta anche su PS5, Xbox Series X|S, PS4, Xbox One e PC, saltiamo anche noi nello specchio magico e ripercorriamo questa straordinaria avventura, sfortunatamente terminata troppo presto.
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Il sogno di Warren Spector
Quello che poi diventerà Epic Mickey era un sogno, il sogno di Warren Spector. E non è un caso che il primo capitolo parta proprio da un sogno dello stesso Topolino, il quale, proprio come Spector, si risveglia e riesce a dare forma a questa magnifica avventura attraverso la storia. Il torpore di questa produzione, tuttavia, è durato ben più di un semplice sonnellino, e per iniziare il viaggio Spector dovette fare veri e propri salti mortali. Anche perché Epic Mickey non è una semplice nuova IP, come se ne potrebbero fare a milioni. No, Epic Mickey partiva da un’idea, quella di prendere quello che forse è il personaggio più conosciuto al mondo e cambiarlo, ma non c’era solo Topolino. E proprio questo, a dire il vero, era il grande problema.
Le prime, vere radici di Epic Mickey affondano molto lontano nel tempo. Siamo nel 2003, al cinema stanno arrivando capolavori come Il Signore degli Anelli: Il ritorno del Re, il primo Pirati dei Caraibi, Big Fish di Tim Burton e l’imprescindibile Natale in India. In questo clima di grandi avventure e storie indimenticabili, inizia a interessarsi di Topolino il team di Buena Vista Games, divisione di casa Disney che si occupava di sviluppare e pubblicare videogiochi come Kingdom Hearts.
Secondo i creativi, il buon topo necessitava di una svecchiata, un bel ritorno da protagonista per una nuova avventura, dopo tanti anni dall’ultima volta che Topolino era stato messo al centro di un videogioco. L’occasione precedente era stata con il malefico platform Topolino e le sue avventure, videogioco PS1 e ancora oggi incubo di chi negli anni ‘90 era un videogiocatore. Serviva una nuova idea, serviva ridare fiducia a questa figura facendone di nuovo un personaggio adatto ai giocatori di tutte le età, ma serviva soprattutto una cosa per dare forma al progetto: Oswald.
Il coniglio fortunato, creato nel 1927 da Walt Disney e Ub Iwerks, era infatti uno dei perni della narrazione di quello che poi sarebbe diventato Epic Mickey, portando Topolino a interagire con mondi e personaggi dimenticati che, idealmente, potevano anche cercare una nuova popolarità proprio attraverso i videogiochi. Buena Vista Games propose l’idea a Bob Iger, presidente di Disney, scoprendo però una scomoda verità: la compagnia non aveva i diritti di Oswald.
Sì, sebbene il personaggio fosse stato creato da Walt Disney in persona, il leggendario autore venne ingannato dal distributore Charles Mintz, il quale riuscì a strappare i diritti di Oswald dalle mani dei suoi creatori portandoli alla Universal Pictures, dove lui stesso lavorava. Disney e Iwerks, furibondi, tornarono a Los Angeles e iniziarono a creare un nuovo personaggio per rivaleggiare contro Oswald, che poi sarà chiamato Mickey Mouse. Il resto è storia: Oswald è protagonista di alcuni cortometraggi di scarso successo, mentre Topolino disintegrò i sogni di gloria di Mintz.
Torniamo quindi al 2003, quando Bob Iger, forse percependo il potenziale del progetto di Buena Vista Games, si mette in testa di riottenere i diritti di Oswald dalla Universal. L’occasione perfetta arriva finalmente nel 2006, quando il giornalista sportivo Al Michaels, uno dei nomi più noti del settore e all’epoca sotto contratto con la Disney, chiese di traslocare alla NBC, emittente dello stesso gruppo di Universal. Iger, appunto, approfittò della richiesta di Michaels per portare a segno il colpo: il giornalista venne liberato del suo contratto, e in cambio Disney riottenne i diritti di Oswald il coniglio fortunato. Forse l’unico caso di scambio tra un essere umano e un cartone animato.
Comunque, forte di questa conquista, Buena Vista Games inizia finalmente la ricerca di un team di sviluppo che potesse occuparsi del progetto su Topolino, e la ricerca non dura molto: nel 2007, appena un anno dopo il ritorno a casa di Oswald, Disney acquisisce Junction Point Studios, società di Warren Spector. Uno che nella sua carriera ha creato titoli come System Shock, Ultima Underworld e Deus Ex. Insomma, non l’ultimo arrivato. Un autore che nei due anni precedenti aveva proposto alcuni concept alla Disney, sentendosi rispondere picche: Buena Vista Games voleva dare forma al suo progetto, che poi, una volta entrato a far parte della famiglia di Burbank, diventerà anche il sogno di Spector.
Diventerà Epic Mickey, la più grande avventura di Topolino.
Lo sviluppo e il passaggio a Wii
Inizialmente, quindi, Spector non aveva in mente di realizzare questa stramba avventura, ma una volta compreso il potenziale l’autore si mise in testa innanzitutto di testare i limiti della Disney. Per quanto il concept proposto da Buena Vista Games fosse oscuro e particolare, la major è universalmente nota per i paletti creativi che impone a registi, produttori e creativi, specie quando si parla di sfruttare IP già affermate. Insomma, parliamo di una major che ha convinto il Congresso degli Stati Uniti più volte a prorogare i limiti temporali di legge sul copyright delle proprietà intellettuali, anche se questo ormai non è più possibile. E se l’IP era quella di Topolino, personaggio che è su zaini, magliette, scarpe, astucci, libri, cartoni animati, peluche, camicie, calze, fumetti e chissà quanto altro merchandise, non tutto può essere permesso.
La questione dei limiti diventò un elemento di forte discussione anche all’interno del team di sviluppo, ma non solo: la diffusione online dei primi concept di Epic Mickey, che mostravano temi forse un po’ troppo gotici per gli standard disneyani, creò una certa delusione nella community che attendeva spasmodicamente il gioco quando le prime sequenze di gameplay furono rese pubbliche, mostrando un videogioco non particolarmente fedele alla visione originale.
Il limite di Disney, appunto, si raggiunse in questa fase di creazione del concept. Varie immagini e proposte da parte di Junction Point vennero abbandonate in favore di uno stile sempre dark ma non eccessivamente cupo, forse privandolo di certe tematiche e dialoghi un po’ troppo oltre la linea di demarcazione che la compagnia prevedeva per una produzione sul buon Topolino.
Molte fantastiche idee iniziali, incluse Epcot e Paint Thinner Beach, che mostrava una desolante spiaggia desaturata con una gigantesca tanica di colore e un bizzarro macchinario con un braccio automatizzato che sembra uscito da una follia di Sid in Toy Story, ebbero origine in questa prima fase di concezione del progetto. L’immaginario appariva magnifico, l’idea era di fare dei prodotti dimenticati Disney un nuovo mondo che mischiava elementi e personaggi in una formula che sembrava vicina alle opere di HR Giger, l’artista dietro alcune icone dell’horror come gli Xenomorfi di Alien. Un luogo di pericoli e mostruosità, che non prese però forma del tutto. Oltre ai limiti di Disney, che chiaramente era aperta a questa interessantissima produzione senza però dimenticare quali fossero il suo scopo e lo spirito del protagonista, ci fu anche un altro intoppo che si contrappose tra la visione di Spector e l’effettiva realizzazione.
Il piano originale per Buena Vista Games era quello di realizzare il gioco per PlayStation 3 e Xbox 360, le console che in quegli anni stavano arrivando sul mercato. Abbandonata la zavorra della old gen, Spector e il suo team avevano sicuramente più chance produttive e creative per il progetto, ma le cose cambiarono radicalmente nel 2008.
Il successo di Nintendo Wii non passò inosservato a Disney, che chiese al director un porting del gioco per l’innovativa console che sfruttava il movimento e la creatività dei giocatori, a differenza delle più tradizionali piattaforme di Sony e Microsoft. Il problema, spiegava Spector, è che appunto una versione Wii non avrebbe potuto essere esaltata in alcun modo, poiché Epic Mickey possedeva alcune scelte di design che, parole dello sviluppatore, semplicemente non potevano funzionare sulla piattaforma nipponica.
L’unico modo per rendere la versione Wii di Epic Mickey davvero unica sarebbe stato quello di sviluppare nuove idee appositamente per questa console, e allora Graham Hopper di Disney Interactive colse la palla al balzo per cambiare le carte in tavola: lo sviluppo delle versioni PS3 e Xbox 360 venne abbandonato, e il gioco diventò un’esclusiva di Wii. Con i suoi pro e i suoi contro, ovviamente: portare il gioco sulla console Nintendo avrebbe garantito funzionalità di gameplay uniche, ma le potenzialità hardware erano notevolmente inferiori rispetto alle piattaforme inizialmente previste per il progetto. E infatti, nella prima apparizione pubblica di Epic Mickey, il responso fu… abbastanza tiepido.
Dopo aver assaporato concept art dal gusto magnificamente gotico, i primi gameplay trapelati nel 2009 non riuscirono a rispettare il livello di attesa che si era generato. Il mondo appariva molto più spoglio e arido di dettagli rispetto a quello che Spector aveva suggerito, e l’impressione generale era che Wii non fosse in grado di ricreare adeguatamente queste forme e queste idee.
Fortunatamente, le cose andarono meglio del previsto. Nell’ottobre di quell’anno, Epic Mickey venne ufficialmente presentato sulle pagine di Game Informer, mostrando la visione del creatore di Deus Ex per il rinnovamento di Topolino. I giocatori si lasciarono conquistare in poco tempo: la terra offuscata, abitata da personaggi Disney dimenticati e attrazioni che si perdono nel tempo, era un mondo magico, capace di rapire molti utenti di fronte a quest’opera tanto differente da quelle a cui erano abituati. Era il Topolino di sempre, ma era anche qualcosa di completamente nuovo. Qualcosa che da Disney, in effetti, forse nessuno si sarebbe aspettato.
Nel frattempo, anche altre cose erano cambiate, sia a livello concettuale che di gameplay.
Un esempio è la rimozione dei livelli ispirati al Paese delle Meraviglie e a Jack e il Fagiolo Magico, fiaba che nel 1947 venne adattata nel magnifico cortometraggio Topolino e il Fagiolo Magico insieme a Paperino e Pippo nel quale esordiva il lunatico gigante Willie, personaggio che poi è apparso di tanto in tanto in altre produzioni Disney. Il motivo di tali cancellazioni è probabilmente legato al passaggio a Nintendo Wii, che ovviamente castrò parte dei piani degli sviluppatori.
Il progetto mutò comunque anche per altre ragioni. In una delle prime bozze della sceneggiatura, Epic Mickey avrebbe raccontato un’avventura di Topolino intento a trovare un modo per fermare Oswald, il quale voleva vendicarsi per essere stato eclissato dal topo. C’erano anche alcune curiose trovate di gameplay legate ai vari costumi che Topolino avrebbe indossato, ma nessuna di queste idee prese davvero forma.
Un lancio… epico?
Si arriva così al novembre 2010, il mese del grande debutto di Epic Mickey. Il gioco dovette vedersela con mostri sacri come Call of Duty: Black Ops, pubblicato nello stesso periodo, eppure il successo arriva: più di un milione di copie nel primo mese di pubblicazione, un’impresa per un titolo third party su Wii, ma è chiaro che anche l’impatto ancora oggi devastante di Topolino, in quanto marchio, fece molto. Perché bisogna essere sinceri: tolta quella caratteristica e carismatica patina oscura che Spector e il suo team erano stati in grado di dare all’avventura, gran parte del resto del gioco si rivelò essere un po’ troppo al di sotto delle aspettative. Davvero, rigiocate oggi Epic Mickey in versione Wii: non era spettacolare allora, e non lo è neanche oggi.
Il gioco di Junction Point aveva probabilmente fatto centro in una folta schiera di giocatori interessati a scoprire cosa ci facesse Topolino in queste terre dimenticate da dio, i quali fecero un gran favore allo studio sorvolando su alcuni evidenti limiti della produzione facendone ancora oggi un piccolo cult della storia videoludica. Epic Mickey doveva essere un gioco che coniugava tre elementi principali nel gameplay: azione, avventura, platform, il tutto contornato dalle nuove meccaniche legate al magico pennello impugnato dal protagonista e mosso dai controller di Wii.
C’erano poi altre grandi ambizioni: Spector voleva che i giocatori si sentissero parte integrante della narrazione scegliendo quale percorso della storia intraprendere, e oltre a ciò intendeva omaggiare il passato di Topolino fondendo insieme sezioni 2D in un mondo completamente 3D. Un’operazione tutt’altro che semplice. Operazione che, appunto, risultò essere impossibile da completare perfettamente per Junction Point. Vuoi per i limiti di Wii, vuoi per le aspettative un po’ troppo alte, vuoi per promesse esagerate… tante cose nel gioco, semplicemente, non funzionavano. O comunque non funzionavano come avremmo sperato. O come avrebbe sperato Warren Spector.
C’erano parecchie cose superficiali in Epic Mickey, a partire dal design stesso delle missioni e del gameplay. La meccanica principale del gioco era il Pennello Magico, col quale Topolino può difendersi dai nemici: la Pittura blu consentiva di rendere amichevoli le creature ostili, o ridisegnare i cartoni sciolti; la Pittura verde, invece, era un solvente in piena regola, con il potere di cancellare ostacoli e nemici. C’erano poi i Bozzetti Fatati, ossia speciali attacchi che permettevano di far levitare gli oggetti, distruggere i nemici, rallentare il tempo o altro ancora, e… Stop. Fine. In quanto a gameplay, questo è tutto quello che Epic Mickey sapeva offrire. Un po’ poco, se si pensa alle ambizioni di questo importante titolo.
La componente platform veniva spesso abbandonata in favore di quella avventurosa, immergendo Topolino in fantastiche location nelle quali compiere missioni, che potevano essere la storia principale o richieste secondarie da parte dei vari personaggi incontrati. Molte di queste, totalmente facoltative, erano basilari missioni di recupero, che si ripetono un po’ troppe volte nel corso del gioco. Persino la componente morale, che poteva essere un perno importante sul quale fondare il gioco se si pensa che Epic Mickey possiede due finali alternativi, appariva molto poco sviluppata, o comunque limitata. Sembra quasi che a un certo punto Junction Point abbia deciso che sì, basta con la moralità, pensiamo ad altro.
L’idea di fondo, lo ribadiamo, era molto interessante sulla carta, dando ad esempio al giocatore la possibilità di risolvere una missione in un paio di alternative possibili. Ci sono missioni che mettono in mostra tantissima creatività, come quando a Topolino viene chiesto di rimettere in funzione il Nautilus di 20.000 leghe sotto i mari, ma queste non sono la regola in Epic Mickey. Sono l’eccezione. E dire che una grande idea poteva essere quella di sfruttare quella vena birichina che Topolino possedeva nei primi anni, quando non si faceva scrupoli a prendersi gioco di Pietro Gambadilegno o irrompeva nel bagno di Clarabella quando la sua amica era beatamente nuda sotto la doccia, come in Topolino pompiere.
E poi, Epic Mickey aveva anche un altro grande problema: costringere il giocatore a ripetere sempre e più volte le stesse, belle ma ad ogni occasione sempre più odiose, sezioni platform. Belle, per carità, perché le aree di transizione tra i mondi di Rifiutolandia erano state gestite come simpatici platform a scorrimento bidimensionali, prendendo alcuni immortali classici dell’animazione come Steamboat Willie e Mickey’s Mechanical Man e trasformandoli in palcoscenici per raccontare il viaggio di Topolino. Peccato che questo sia bellissimo la prima volta, bello la seconda e poi abbia un retrogusto di presa in giro dalla terza in poi!
Prendiamo Damien Salt, un pirata della ciurma di Capitan Uncino che chiede a Topolino di recuperare alcuni fiori per la sua amata, Henrietta. Per completare questa richiesta era necessario andare da Avventurolandia a Male Street a Ostown per prendere i fiori, e poi di nuovo tornare ad Avventurolandia passando per Male Street per consegnarli. Il problema? I caspita di livelli d’intermezzo Thru the Mirror e Jungle Rhythm, che andavano affrontati due volte ciascuno e non erano più una novità, perché per arrivare a quel punto i giocatori avevano già visto questi scenari.
Non solo è un metodo per nulla funzionale, ma è anche alla lunga noioso e di base sbagliato, anche perché molto spesso Topolino restava in una zona per una manciata di minuti o addirittura secondi prima di raggiungere un’altra area, infilandosi in un loop nel quale paradossalmente era più alto il tempo di gioco nelle fasi di transizione che in quelle realmente esplorative.
Detto così, dopo tutto quello che vi abbiamo raccontato, sembra quasi che Epic Mickey fosse un disastro parlando del gameplay… ed effettivamente era così. Non un disastro totale, ecco, ma un disastrino, un gioco dal gameplay al più discreto, un piccolo agglomerato di cose già viste e messe assieme senza pensarci troppo, e con tanta superficialità. Troppa superficialità, persino nella telecamera, davvero terribile come gestione, e in alcune aree di Rifiutolandia con superfici dai bordi frastagliati che rischiavano di far scivolare casualmente il personaggio o persino muri invisibili posizionati a casaccio per limitare la libertà. Colpa di Wii? E chi lo sa. Certo cambiare in corsa il progetto non deve essere stato facile, ma non diamo tutta la colpa a questo: nello stesso anno Nintendo lanciò un certo Super Mario Galaxy 2, che faceva davvero vedere cosa volesse dire fare un platform coi contro… avete capito.
Se insomma sul fronte ludico Epic Mickey non brillò particolarmente, era invece quello artistico che dava le maggiori soddisfazioni. Come abbiamo già avuto modo di ripetere in più occasioni, la forma di Topolino presentata da questo nuovo videogioco era talmente particolare e differente dal classico stile del personaggio che seppe rapire i giocatori, desiderosi di saperne di più su questi mondi dimenticati.
Rifiutolandia, terra di nessuno che Topolino raggiunge oltrepassando lo specchio come fece Alice a suo tempo, era un mondo giustamente arido, privo di felicità, problema peraltro creato da un errore dello stesso Topolino quando da giovane, nel laboratorio di Yen Sid, aveva inavvertitamente creato il mostro oscuro noto come Macchia Nera. Così come nella realtà Topolino aveva privato di popolarità alcuni personaggi, gli effetti della sua esistenza continuavano a farsi sentire. Nel titolo tornavano alcuni personaggi dimenticati non solo da Topolino, ma dal pubblico stesso, e anche questo fu un fattore di originalità non da poco, se così vogliamo chiamarlo.
A Rifiutolandia erano finiti lo Scienziato Pazzo, protagonista di uno storico cortometraggio animato del 1933, così come il gremlin Gus, personaggio che sarebbe dovuto essere protagonista di un film Disney che non venne però mai realizzato. Nel suo affascinante e periglioso viaggio, il buon topo visitava un susseguirsi di mondi davvero straordinari, da Tomorrow City al Castello della Bella Ottenebrata, passando per l’incredibile Montagna delle Topocianfrusaglie, un luogo cioè nel quale finiva tutto il merchandise invenduto di Topolino. L’idea di vedere tutti questi personaggi e questi mondi interagire tra loro in un modo tutto nuovo era fantastica, ed è un peccato che il gioco perdesse così tanto proprio nella componente più importante, quella appunto del gioco.
Ciò che Epic Mickey perdeva sul fronte ludico, con una scarsa prova di forza da parte degli sviluppatori, veniva recuperata con l’ispirazione artistica dietro a questa magica storia, un sali e scendi continuo nella desolante Rifiutolandia ormai ricolma di opere Disney abbandonate, una produzione caratterizzata da una direzione artistica che all’epoca forse nessuno si sarebbe aspettato, anche se c’è da ammettere che già la serie Kingdom Hearts, in fatto di crossover disneyani, aveva saputo dare grande slancio a queste produzioni sopra le righe.
Comunque, nonostante tanti problemi, Buena Vista Games si ritenne soddisfatta: un sequel andava fatto, con l’obiettivo non solo di replicare il grande successo ma di fare ancora meglio, andando soprattutto a sistemare i problemi riscontrati fin qui. Così, purtroppo, non sarà. Ma di questo ne parleremo prossimamente…
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