È vero, lo ripetiamo tutti ormai da tempo: non sempre un gioco con una grafica spaccamascella deve necessariamente essere più valido ed intrattenente di un titolo che punta ad altro (la storia, il gameplay, il concept, la direzione artistica). Allo stesso tempo, è inutile negare che giochi come Horizon Forbidden West (è da poco disponibile l’espansione Burning Shores) o God of War siano una vera e propria gioia per gli occhi alla quale non vogliamo rinunciare.
Ma in questo contesto, ha senso un prodotto come Final Fantasy Pixel Remaster?
Mentre si avvicina la release date di Final Fantasy XVI, ci siamo domandati se una “collection” come quella recentemente rilasciata da Square Enix possa ancora avere il suo posto nel mercato: è vero che si tratta di parole e pixel, di storie del passato, ma vi assicuriamo che c’è ancora del potenziale.
Tanto contenuto in una veste tirata a lucido
Era il lontano 1987 quando, per la prima volta, setimmo parlare della Fantasia Finale, una storia proveniente dal Giappone che trattava l’avventura di quattro Guerrieri della Luce e dei loro preziosi Cristalli. Per comprendere davvero il presente, è sempre bene guardare al passato, alle radici fondanti di questo franchise di successo.
Già questo primo concetto potrebbe essere una spinta sufficiente per gli appassionati: la Final Fantasy Pixel Remaster infatti permette di avere tutti i primi sei capitoli insieme, su un’unica console, in italiano (sì, il prezzo è comunque una bella cifra ma si parla di sei giochi completi).
Noi abbiamo provato la version PlayStation 4 in retrocompatibilità su PlayStation 5, ma ricordiamo che la remaster è disponibile anche su PC e Nintendo Switch (pensate giocarci in treno o durante un bel pomeriggio di relax, dove vogliamo).
Non solo potremo rivivere le sei storie che hanno gettato le fondamenta di Final Fantasy (il sesto capitolo, ad esempio, vanta uno dei villain più memorabili di tutto il franchise, il perfido Kefka), ma potremo godercele in questa nuova adorabile veste grafica. La differenza si sente soprattutto per i primi tre capitoli, i cui fondali sono stati ridisegnati dagli artisti originali, Kazuko Shibuya per primo. Tutto risulta oggi più curato e dinamico, ricco di dettagli e colori (fino troppo diremmo a volte, il rischio che si incrocino gli occhi c’è).
Impossibile poi non parlare delle colonne sonore, magnificamente riarrangiate per l’occasione sotto la supervisione di Nobuo Uematsu: brani iconici, davanti ai quali è impossibile non emozionarsi già nel menu principale. Che sia la versione originale, comunque presente nella remaster, o la versione riarrangiata, ci si ritrova a lasciare in sottofondo il gioco mentre si fa altro, solo per godere di queste musiche che non invecchiano mai.
Vecchi sì, ma più accessibili
L’esperienza di gioco è migliorata sotto differenti aspetti grazie all’introduzione di nuove importanti opzioni che possono essere tranquillamente sfruttate a proprio vantaggio per rendere la partita meno ostica e ripetitiva (si tratta comunque di giochi belli lunghi, ogni titolo infatti si aggira sulla ventina di ore).
Ad esempio, è possibile accelerare la progressione dei nostri personaggi guadagnando fino a quattro volte più esperienza e denaro rispetto all’originale, evitando così di dover farmare per troppe ore prima di poter proseguire. Allo stesso modo, possono essere disattivati gli incontri casuali, oppure possiamo scegliere di far scorrere le battaglie in automatico, lasciando che sia direttamente il gioco a decidere la strategia migliore.
I salvataggi possono essere effettuati in qualsiasi momento, mentre la minimappa a schermo dà una grande mano per non perdersi tra gli intricati anfratti di pixel.
Tutte queste migliorie non precludono l’accesso a nessun trofeo (a proposito: al termine dell’articolo trovate la lista trofei di ciascun titolo contenuto nella remaster).
Dal passato, guardando al futuro
Come vi accennavamo anche in precedenza, Final Fantasy Pixel Remaster non ha esattamente un prezzo irrisorio, ma è comunque possibile acquistare ogni capitolo anche singolarmente (tutto in versione digitale purtroppo, le copie fisiche per l’Europa sono terminate e non sappiamo quando e se torneranno disponibili).
A 35 anni da Final Fantasy, a poche settimane da Final Fantasy XVI, una pixel remaster ha perfettamente senso, pur rimanendo evidentemente un prodotto per una nicchia di appassionati: chi già ha avuto il privilegio di conoscere la storia del franchise sicuramente apprezzerà dare una bella rispolverata alle sue origini, chi invece si è appassionato strada facendo, con Final Fantasy VII, VIII, IX e X, ha tra le mani la perfetta occasione di recuperare ciò che si era perso.
Final Fantasy XVI, come dichiarato in diverse occasioni da Naoki Yoshida, si pone l’ambizioso obiettivo di rispettare l’anima del franchise riadattandola però alle nuove esigenze del mercato e ai gusti di differenti tipologie di videogiocatori. Avendo suscitato già ancor prima della release date non poche polemiche soprattutto da parte dei puristi, è evidente che non si tratta di un’operazione facile.
I giocatori crescono, l’esperienza videoludica si arricchisce, punta alla giocosità e alle grandi storie, ma la Fantasia Finale non può comunque dimenticare gli elementi fondanti che la caratterizzano (e non si tratta del combat system, ma dell’intento narrativo, dell’intenzione ultima di dar vita a un viaggio sempre nuovo, a dei personaggi indimenticabili che si muovono in mondi lontani, animati da guerre e da forze in perpetuo contrasto, senza più equilibrio).
Ben venga quindi questa remaster: sì, anche se in pixel.
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