Hideo Kojima non è solo un autore di videogiochi: è un visionario che ha trasformato il medium in una forma d’arte, mescolando narrazione, regia e innovazione tecnologica. I suoi capolavori, da Metal Gear Solid a Death Stranding, non sono semplici giochi, ma esperienze emotive e cinematografiche che hanno ridefinito ciò che un videogioco può essere.
Dietro questa magia si cela un elemento cruciale che Kojima stesso chiama il suo “DNA cinematografico”. Cresciuto nell’era d’oro del cinema, il game designer giapponese ha assorbito l’influenza dei grandi schermi, plasmandola in ogni sua creazione. In un’intervista riportata da GamesRadar+, ha spiegato:
La mia generazione ha preso molto dal cinema, e questa influenza è rimasta impressa in ciò che creiamo oggi. Mi piace chiamarla il nostro ‘cinema DNA’. Essendo cresciuto con i film, il loro impatto continua a permeare il mio lavoro, dandogli una forma intrinsecamente cinematografica. Allo stesso modo, chi è cresciuto con i manga riflette quella cultura nelle proprie opere.
Il risultato è evidente nei suoi giochi: storie dense e complesse, personaggi memorabili e sequenze degne dei migliori film di Hollywood. Ogni suo titolo è una dichiarazione d’amore per il cinema, un ponte tra due mondi che raramente si incontrano con tale armonia.
Tuttavia, Kojima guarda al futuro dell’industria con un pizzico di apprensione. Esprime preoccupazione per la formazione delle nuove generazioni di sviluppatori, spesso cresciuti in un contesto dominato dai videogiochi stessi, a discapito di altre forme di arte:
Una cosa che mi preoccupa oggi è che molti giovani creatori sono cresciuti principalmente con i videogiochi. Non so se abbiano avuto tempo o spazio per assorbire l’influenza di altri media.
Questo monito non è un semplice richiamo nostalgico, ma una riflessione su come l’esposizione a un’ampia gamma di esperienze culturali sia essenziale per innovare e spingere il medium oltre i suoi limiti attuali.
Con la sua visione, Kojima non solo celebra il legame tra cinema e videogiochi, ma invita a una creatività che si nutre di contaminazioni artistiche. È questa prospettiva che lo rende un regista invisibile, capace di dirigere emozioni e narrazioni attraverso il controller, lasciando un’impronta indelebile nella storia dei videogiochi.
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