Sono state due settimane particolarmente movimentate per la mia vita di nerd appassionato di intrattenimento. Nel giro di pochi giorni, ho potuto gustarmi Thor: Ragnarok, Stranger Things 2 e Call of Duty: WWII, in attesa di trovare il tempo per godermi Super Mario Odyssey in qualche modo e senza dimenticare Wolfenstein II di Bethesda. Ma c’è stato un altro gioco che ha debuttato in questi giorni, forse quello che più mi ha lasciato il segno tra quelli che ho provato in anteprima e recensito: Assassin’s Creed Origins. Come avrete capito dalla mia recensione uscita pochi giorni fa, e che vi lascio anche qui sotto per chi se l’è persa, il nuovo gioco di Ubisoft Montreal ha lasciato in me un’impronta indelebile, decretando una rinascita per un franchise che mi ha sempre attirato ma per il quale il mio interesse scemava ogni anno di più, complici prove deboli come Unity e Syndicate.
Si è trattato, come ho avuto modo di spiegare più volte nel corso della recensione, di un vero e proprio nuovo inizio per la serie. Abbandonando i canoni classici che riguardavano la linearità della storia, la progressione del personaggio e l’impronta tipicamente action abbinata alle fasi stealth a discrezione del giocatore, i già acclamati sviluppatori di Origins (sul loro curriculum figura anche un certo Assassin’s Creed IV: Black Flag) hanno dato vita alla rinascita del brand. Un franchise pronto a risorgere dalle sue ceneri, che ha saputo ritrovare la via dell’ispirazione e della grande narrativa, e questo grazie anche all’intuizione di impostare il gioco come un GDR action che lascia piena libertà all’utente gettato in un open world senza alcun limite, vivo e da esplorare in ogni suo anfratto, e che non annoia mai. È vero, certo, i nuovi combattimenti, seppur radicalmente modificati rispetto al passato, risulteranno ripetitivi non appena vengono apprese le meccaniche di base e i tempismi giusti per contraccolpi e parate, ma del resto qui stiamo parlando di un Assassin’s Creed, dove le meccaniche di gioco non possono far spazio ad elementi fantasy e a boss fight epiche con meccaniche tutte differenti. Ma è proprio da qui che gli sviluppatori, se vogliono proseguire nella loro scalinata al successo, possono e devono ripartire.
Al momento è difficile ipotizzare che Ubisoft Montreal rimanga al lavoro su Assassin’s Creed, considerando che lo sviluppo di Origins è durato più di 3 anni e che la serie è sempre stata gestita a rotazione tra i vari studi del colosso francese. È difficile anche capire come Ubisoft gestirà la cosa dopo l’anno sabbatico del 2016: ripartire con la cadenza annuale, o stabilire 18 o anche 24 mesi di pausa tra un gioco e un altro? Se i risultati saranno come l’ultimo arrivato, la risposta è ovvia: siamo disposti ad aspettare altri due anni per mettere le mani su un nuovo Assassin’s Creed, a patto che il salto qualitativo e il rinnovamento di Origins non vengano meno per non ricadere nello stesso errore che si verificò in passato, con una stagnazione quasi totale del brand in fatto di novità a partire da Assassin’s Creed II in poi. E poi, Ubisoft dalla sua ha talmente tante IP da gestire che probabilmente la necessità di un capitolo inedito ogni anno non è più così importante: tra Rainbow Six, The Division, Ghost Recon, Beyond Good & Evil 2, Skull & Bones, Far Cry e Watch Dogs, le possibilità sono davvero tante per coprire un lasso temporale di più di un anno.
A patto che gli sviluppatori riescano a gestire bene il lavoro e a essere supportati da Ubisoft in fatto di tempistiche, proprio come per la divisione Montreal, ci chiediamo ora: dove si potrebbe andare a migliorare Origins? E, ancora, quale ambientazione potrebbe surclassare il gigantesco open world dell’Antico Egitto fatto di misteri in ogni dove? Una delle qualità più grandi dell’ultimo capitolo della serie è stato proprio quello di poter sfruttare un mondo antico, fatto di segreti che ancora oggi restano indecifrabili, così come di monumenti e maestose città che sono impresse nella mente di ognuno. Pur senza sapere nulla di Storia o di Geografia, chiunque riconosce a vista d’occhio la Grande Piramide di Giza, o la Sfinge, o ha sentito parlare della maestosa città di Alessandria d’Egitto, fatta costruire da Alessandro Magno in persona per decantare la grandezza della Terra dei Faraoni e plasmandola come luogo di cultura più importante del Mediterraneo anche grazie alla celebre e perduta biblioteca. Difficile, se non addirittura impossibile, trovare un’ambientazione più iconica per rimanere impressa nella memoria. Forse solo l’Antica Grecia, o la Roma Imperiale potranno raggiungere tali livelli, se ovviamente la scelta sarà quella di impostare il prossimo capitolo alla stessa maniera di Origins. La speranza è che ciò accada, visto il successo.
L’attenzione, oltre che su un’ambientazione di tutto rispetto, dovrà essere posta anche su un altro tassello fondamentale della serie: la storia. Assassin’s Creed Origins ci ha insegnato che, nonostante tutte le divagazioni dovute a quest secondarie ed esplorazioni varie, è possibile realizzare una storyline principale contestualizzata e adesa alle classiche tematiche della serie, come succede peraltro ad altri must have del genere RPG action come The Witcher 3 e TES V Skyrim. Sotto questo punto di vista, però, Assassin’s Creed può e anzi deve ancora migliorare. La forte personalità e l’evoluzione incredibile di un personaggio come Geralt di Rivia, o di Ezio Auditore per fare un esempio nostrano, è ben lontana dalla storia di Origins, che ha dovuto fare i conti con un protagonista sì carismatico ma non indimenticabile, e del quale purtroppo molto probabilmente non avremo mai più notizie. Il problema di una serie antologica come Assassin’s Creed, in fondo, è proprio questo: riuscire, in un solo gioco, a far appassionare i giocatori al protagonista, impresa non semplice se si vuole realizzare un progetto seriale come questo. Sempre rimanendo in questo tema, un altro intervento da compiere riguarda le riproposte sequenze nel presente ma che risultano davvero fin troppo fini a sè stesse. Layla viene utilizzata come un semplice oggetto di divagazione delle vicende di Bayek, troppo poco per quella che potrebbe essere il nuovo Desmond Miles della serie, e troppo poco anche per tutti coloro che vogliono finalmente scoprire, con chiarezza, cosa sta succedendo ai giorni nostri alla Abstergo e alla Confraternita dopo i confusi fatti di Assassin’s Creed III.
Origins è stato un titolo capace di far tornare in noi la passione perduta per questa serie, di riaccendere il piacere per la scoperta. Nonostante i tanti pregi, auspichiamo che Ubisoft non ripeta l’errore di Assassin’s Creed II. Adagiandosi sui propri allori, dopo aver ristrutturato il game design del primo gioco della serie, gli sviluppatori trovarono una giusta via da seguire che, e lo diciamo con cognizione di causa, è stata seguita fin troppo. Il franchise riparte quindi dall’Antico Egitto con il piede giusto, ma la patata bollente è ancora nelle mani del colosso francese, conscio del fatto che la ritrovata popolarità di Assassin’s Creed pesa come un macigno. Origins ha sfiorato la perfezione sotto molti punti di vista, un tonfo con il prossimo sequel potrebbe essere fatale. Ma se verrà seguita la retta via segnata da Bayek di Siwa, i risultati potrebbero presto sorprenderci.
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