Non si può certo dire che John Garvin non si stia dando da fare per trovare spiegazioni circa l’insuccesso di Days Gone, ma l’ultima affermazione del game director, poi rimossa da Twitter, è decisamente curiosa.
Sebbene Sony sia al lavoro su un adattamento cinematografico di Days Gone, il gioco realizzato da Bend Studio non è nei piani futuri dei PlayStation Studios. In estate lo studio aveva infatti ribadito che Days Gone 2 non si farà in quanto Sony non ha dato il via libera, e che il loro prossimo titolo per PS5 si baserà sulle idee del sequel scartato.
Il motivo di questa chiusura anticipata del franchise da parte di Sony è presto detto: l’IP non ha venduto quanto sperato, e il responso della critica non fu particolarmente esaltante. Mentre Days Gone continua a mantenere una buona community molto soddisfatta del titolo, a conti fatti i numeri registrati sono stati troppo bassi per spingere Sony a dare l’ok a Days Gone 2.
Ma quali sono le cause? I problemi tecnici del gioco, come vi avevamo segnalato nella nostra recensione? La qualità? No, nulla di tutto questo secondo il director John Garvin, che su Twitter ha spiegato il motivo (un altro) per il quale Days Gone non è diventato un successo.
In risposta a un fan del gioco che si chiedeva per quale motivo Days Gone non avesse avuto lo stesso impatto di altre produzioni PlayStation e non, Garvin ha risposto con pensieri abbastanza controversi:
Tre ragioni:
1) Aveva problemi tecnici come bug, streaming e frame rate.
2) I recensori non si sono presi la briga di giocarlo davvero.
3) Aveva colpito i recensori che non potevano sopportare un burbero motociclista bianco che guardava il culo della sua ragazza.
Se da un lato Garvin ammette i problemi tecnici di cui Days Gone soffriva al lancio, nel suo tweet (poi rimosso) il director se la prende con la stampa specializzata, che a suo dire non ha neppure terminato il gioco, accusandola inoltre di essere stata coinvolta dal politicamente corretto non avendo sopportato l’idea di avere come protagonista un motociclista caucasico.
Garvin utilizza infatti il termine “woke”, oggi utilizzato come dispregiativo per tutti coloro che si dedicano a favorire idee politiche progressiste che riguardano ingiustizie sociali, razzismo, sessismo e discriminazioni.
Le accuse di Garvin sono abbastanza dure (parliamo del resto di colui che aveva accusato i giocatori per non aver acquistato Days Gone a prezzo pieno), e non tutti i suoi seguaci hanno assecondato il suo pensiero. Un utente ha commentato affermando: “Andiamo John: ‘woke’? Sei meglio di così”, a cui Garvin ha risposto: “No, davvero non lo sono… se un recensore si oppone a un personaggio a causa della politica dell’identità, lo chiamo woke… o sbaglio?”
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Tra i commenti del tweet, che ricordiamo non è più disponibile come potete vedere qui sotto, alcuni utenti hanno ricordato a Garvin che la sua posizione è poco comprensibile, pensando ad esempio al successo di critica e pubblico che ha registrato Red Dead Redemption 2 di Rockstar Games appena pochi mesi prima.
Non è la prima volta che Garvin cerca di spiegare i motivi delll’insuccesso del suo gioco. Nel 2021, se ricordate, il director aveva puntato il dito contro Metacritic e la percezione del pubblico, elementi che avevano rovinato la reputazione di Days Gone.
https://twitter.com/the_mcgill/status/1600052840697049089?s=20&t=C3z0OyQCvyavVgE3SxjNag
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